Autore: Marco Daturi
Da parecchio tempo seguiamo gli insegnamenti e le avventure subacquee di Andrea Neri sulle riviste e su Internet, soprattutto sul sito di Scubateknica e di UTR. L’anno scorso abbiamo avuto la fortuna di conoscerlo meglio. La sua grande passione per il mare e la sua incredibile preparazione erano già evidenti ma abbiamo scoperto in lui anche una persona molto gentile e disponibile.
Ne abbiamo approfittato subito per fargli qualche domanda.
Come ti sei avvicinato alla subacquea?
Mi sono avvicinato alla subacquea a causa di una maschera subacquea che “acquistati” attraverso la raccolta dei punti di un noto detersivo. Ricordo ancora le battaglie con mia madre che non voleva comprare quella marca di detersivo perché a suo modo costava troppo. Era una maschera con l’aeratore incorporato e con la valvola galleggiante. Quello fu l’inizio del mio ingresso nel mondo subacqueo e come vedi non ne sono ancora uscito.
Come si sta muovendo il mondo della subacquea tecnica?
Si muove bene e male allo stesso tempo.
Si muove bene perché gli sviluppi avvenuti nelle immersioni tecniche negli ultimi dieci anni, se confrontati con quelle delle immersioni ricreative, sono stati impressionanti.
Questo però potrebbe voler dire che le immersioni tecniche avevano subito un impasse. Penso che la verità, come sempre, non sia quella che appare al momento presente, penso che il know how della technical diving sia stato “blindato” troppo a lungo e che la successiva fuga di notizie abbia attivato la nascita e la diffusione delle didattiche tek.
Penso che grazie alla nascita delle didattiche tecniche vi sia stato un forte impulso non solo come aumento dei praticanti ma anche e soprattutto come aumento delle conoscenze e banca dati.
Diversamente dalle immersioni ricreative che sono quasi speculari in ogni parte del mondo, le immersioni tecniche o il loro modo di essere eseguite, si differenziano fortemente tra loro e questo sta a significare, secondo me, che siamo ancora lontani dall’aver capito quale possa essere il percorso migliore; per cui occorre essere cauti ed aver un approccio dove il concetto di conservativismo sia ben evidente.
Si muove male, soprattutto in Italia, perché a mio avviso le didattiche tecniche operanti nel territorio nazionale non collaborano tra loro, tutt’altro.
Credo che ciò dipenda non dalla didattica ma da chi la dirige. Io penso che anche se in un regime di concorrenza, sia necessario attivare sinergie (come il settore ricreativo insegna) al fine di assumere maggiore rilevanza, peso giuridico e stimolare protocolli procedurali di immersione e di sicurezza (leggasi standard minimi).
Ancora non si è capito che il primo a subire i danni di questa situazione è proprio il subacqueo.
UTR come si inserisce tra le didattiche tek?
Ho motivo di pensare che l’inserimento di UTR tra le didattiche tek meriti la massima considerazione.
Le motivazioni di questa convinzione apparentemente poco umile sono dovute a:
1°) La reale, e non fittizia, selezione nella certificazione dei propri istruttori e trainer.
Diversamente da altre realtà (ricreative e tecniche) UTR non ha ceduto alla tentazione di emettere brevetti da istruttore o trainer con discutibile elasticità in modo da velocizzare il proprio inserimento sul mercato.
Questo problema, da UTR ampiamente previsto, assume grande importanza al momento in cui una didattica viene presentata in quanto occorrono apostoli (istruttori) per diffondere il verbo. Questa scelta si sta dimostrando vincente anche se ripeto, come previsto, richiede tempo in quanto i media necessitano di tempo per convincersi della qualità e/o della precarietà di una nuova didattica.
2°) UTR è una didattica italiana, fondata da italiani, con sede legale e fiscale in Italia.
Pensiamo che questa italianità dovrebbe essere motivo di orgoglio anche se rappresenta un punto commerciale vulnerabile se si considera la sindrome esterofila ben marcata nel nostro paese.
UTR non ha attivato escamotage (sedi estere) per assumere di riflesso un’immagine di internazionalità o beneficiare di vantaggi fiscali in quanto è stato puntato tutto sulla reale qualità dei corsi e la formazione degli istruttori: una scelta che richiede tempo ma che porta a un solo risultato, ma in UTR non si ha fretta.
Oltre a questo, avere il nucleo dirigenziale in Italia significa poter attivare il proprio Consiglio Direttivo in pochi giorni e quindi poter prendere decisioni importanti sui programmi UTR in un tempo infinitamente inferiore rispetto a chi dipende da Head Quarters esteri dove l’iter burocratico è logicamente più lungo e complesso.
3°) UTR si è inserita tra le didattiche tecniche avendo la convinzione di poter contribuire allo sviluppo positivo delle immersioni a miscela non tanto per il proprio approccio o scelta dei metodi decompressivi (che in ogni caso riteniamo tra i migliori) quanto per la reale volontà di cooperazione e di formazione responsabile degli istruttori.
Questa nostra convinzione è immutata, anche verso chi ha comportamenti eticamente disdicevoli, è immutata perché gli uomini possono cambiare …o essere sostituiti.
Quali corsi offre UTR?
I corsi UTR hanno inizio con il corso Nitrox Diver, unico programma entro i limiti di non decompressione.
Quindi si entra nella fase puramente tecnica con miscele di fondo e deco attraverso il Technical Decompression Deep Diving, unico corso che prevede l’utilizzo di aria.
Questo corso ha lo scopo di addestrare il subacqueo a eseguire decompressioni in proiezione trimix. Infatti l’aria è usata solo come strumento didattico e non come strumento operativo per le proprie immersioni.
Per coloro che vogliono fare immersioni congrue oltre i 40/50 metri, non tanto per la profondità anche se importante, ma quanto per il tempo di permanenza sul fondo, non ci sono alternative: occorre il Trimix.
Dopo il Technical Decompression Deep Diving, dove il subacqueo impara a decomprimersi con nitrox50 e/o ossigeno si accede al Normoxic Trimix60 per immersioni fino a un massimo di 60 metri con una narcosi equivalente di diciotto metri ad aria.
Quando giunge a questo corso il diver sa già decomprimersi in modo eccellente perché le velocità di risalita sono identiche, identiche sono le miscele deco e la sua attrezzatura ha già avuto forti sviluppi.
Dopo il Trimix Normossico si accede all’Advanced Trimix80, un corso dove lo studente …ha da impegnarsi molto.
Oltre a questi corsi con Scuba, vi sono i corsi Rebreather (ma solo con nitrox) e quelli del settore Cave.
Per quanto concerne i corsi di specializzazione abbiamo il Correclty Diving, un programma fondamentale per togliere vizi assunti in passato e ottimizzare il proprio modo di immergersi, il corso per mute stagne, esplorazione di relitti e uso dei software decompressivi.
Il Trimix, forse non tutti hanno le idee chiare. Ci sono ancora delle incertezze? Si discute ancora sull’utilizzo dell’aria, se appunto le deco farle in EAN50 o ossigeno …
Ho 51 anni di età e mi immergo con le bombole da quando ne avevo 17.
E’ ovvio che ho fatto immersioni profonde, molto profonde ad aria. Il mio primo monobombola lo acquistai per fare deco e feci un corso aro (ho ancora l’autorespiratore un Cressi 57/B) proprio per migliorare la deco.
In passato ritenevo l’aria sicura semplicemente perché non ho mai avuto problemi. L’attività da istruttore mi ha obbligato via via a informarmi di più, la necessità di rispondere esaurientemente alle domande di allievi particolarmente esigenti mi ha imposto di guardare oltre le conoscenze richieste dalla didattica usata, a curiosare, e sono iniziati a nascere dubbi, e le certezze di un tempo hanno cominciato a scricchiolare.
Poi un giorno qualcuno ha detto o scritto che un best-diver usa la best-mix altrimenti …non è best.
Ho riflettuto su questo, su cosa volesse dire, e mi sono convinto che non ero un best-diver ma che volevo avvicinarmi quanto più possibile ad essere un best-diver.
Corsi, studi e attivazione di amicizie del settore mi hanno fatto apparire in modo incontestabile che l’aria non sarà mai una best-mix, che per ogni profondità o tempo di fondo il sub dovrebbe respirare il gas migliore dove per migliore si intende il gas che fa commettere meno errori o che è maggiormente “gradito” dall’organismo. E’ stato necessario però mettere in discussione tutto quello che per anni ritenevo fatto bene, azzerare le proprie convinzioni e mettersi a studiare, dimenticare di essere un istruttore, fare ricerca, cercare di capire perché X fa in un modo e perché Y invece fa in un altro. Piano piano si comincia poi a capire ma, attenzione, ho detto “si comincia a capire” non “si è capito”.
Le discussioni sull’aria profonda ci saranno ancora per un bel po’ di tempo, questo a causa di cattivi programmi didattici e di subacquei che non vogliono progredire per pigrizia mentale o semplicemente perché ignorano le cose.
Il Trimix non è una mix pericolosa, anche l’aria o il nitrox possono essere pericolosi se impiegati male.
Per quanto concerne le miscele decompressive il discorso è più vasto. Per UTR l’EAN50 e l’ossigeno rappresentano il migliore connubio per la decompressione. Paradossalmente occorrerebbe una miscela decompressiva per ogni metro di risalita (per avere la migliore miscela) e quindi occorrono compromessi. Per UTR l’EAN50 è un ottimo compromesso.
Molte immersioni con trimix normossico si decomprimono ottimamente con il solo EAN50 e niente ossigeno.
I rebreather saranno la tecnologia del futuro?
Indubbiamente si. In UTR siamo cauti su questo e infatti al momento abbiamo corsi solo con macchine semichiuse standardizzate e miscele nitrox. Non siamo ancora convinti sui circuiti chiusi.
Quali prodotti avrebbero bisogno di essere aggiornati?
Le Didattiche e gli Istruttori. Scherzo, ma fino a un certo punto. Dal punto di vista dell’attrezzatura siamo a livelli alti. Il problema vero è saper distinguere tra un oggetto e un altro. Per saperlo fare occorre saper andare sott’acqua e per saper andare sott’acqua occorre un buon metodo, senso dell’autocritica, denaro e fare immersioni.
Hai qualche consiglio per i nostri amici sub?
Certo: fate corsi UTR.
E dai fatemi scherzare un poco altrimenti questa intervista corre il rischio di sembrare troppo seria.
Di consigli non ne ho, però durante le mie lezioni mi piace riportare spesso una frase di un istruttore, di uno di quelli veri.
Ebbene, a un convegno gli fu rivolta questa domanda: “Secondo lei, un sub quando può ritenersi in gamba?” la sua risposta fu “Quando sa di non esserlo”. Ecco, il mio consiglio è quello di ricordarsi questa risposta.
Ringraziamo Andrea Neri per la disponibilità.
Se volete conoscerlo meglio visitate i siti:
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