Molti anni sono passati dalle pionieristiche mute in gomma vulcanizzata che hanno caratterizzato le esplorazioni subacquee prima dell’avvento del neoprene.
Oggi la tecnologia dei materiali ha permesso l’impego di moderni tessuti che, accoppiati tra loro, sfruttano al meglio le singole caratteristiche ed adempiono egregiamente allo scopo di proteggere termicamente il subacqueo, ricreativo tecnico o professionale, durante l’immersione.
Dal momento che l’argomento mute è molto ampio ed abbraccia varie discipline mi limiterò ad affrontare le differenze più salienti tra le mute stagne in neoprene ed in trilaminato ad uso subacqueo ricreativo e tecnico.
Prima però una brevissima precisazione sui 2 materiali partendo dal neoprene.
Il NEOPRENE
Il neoprene è una gomma sintetica inventata negli anni ’30 da scienziati della DuPont©. La sua principale caratteristica è quella d’inglobare, durante la lavorazione, bolle d’aria che le conferiscono una maggiore capacità coibentate proporzionale allo spessore.
Il neoprene è morbido, elastico, facilmente lavorabile ed impermeabile. L’accoppiamento con pannelli esterni in tessuto sintetico aumentano la resistenza agli strappi e all’usura oltre a renderlo più gradevole al contatto diretto con la pelle.
Nella confezione di mute stagne alcune aziende si propongono con modelli che utilizzano pannelli di neoprene precompresso, processo che rompe le bolle d’aria all’interno diminuendone lo spessore, preferendo sacrificare il potere isolante alle altre caratteristiche.
La lavorazione di una muta stagna in neoprene prevede l’incollaggio delle varie parti tenute insieme, oltre che dal mastice, anche da cuciture non passanti per impedire infiltrazioni d’acqua. La bordatura con nastro termosaldante sui punti di giunzione assicura un’ulteriore protezione.
Nel prossimo articolo parlerò delle caratteristiche più importanti del tessuto trilaminato.