Popolazioni mondiali di squali e razze in calo, un po’ dovunque. Un lavoro pubblicato di recente dalla rivista Nature riferisce che dal 1970 ad oggi l’abbondanza degli squali oceanici e delle razze è diminuita del 71%, a causa principalmente di un incremento di 18 volte della pressione di pesca. Non è una novità, ma i numeri dell’articolo sono impressionanti e fotografano in modo impietoso un fenomeno che in corso, e ha una velocità anche maggiore di quella prevista.
Gli squali e le razze sono pescati come by-catch, cioè come preda accidentale, catturata da strumenti come reti o lenze messi per pesci più pregiati, come pesci spada o tonni. Ma esiste anche una pesca che ne fa la preda principale, soprattutto per le pinne degli squali e per le arcate branchiali delle mante, ingredienti di zuppe molto ricercate nei paesi orientali e a cui si attribuiscono poteri terapeutici.
Le azioni finora intraprese sono chiaramente insufficienti, ma qui la ricerca si scontra con la complessità del fenomeno pesca. Non si sa nulla per esempio della sopravvivenza post cattura di esemplari che siano rilasciati. L’introduzione di strumenti di pesca shark friendly potrebbe aiutare, ma si scontra con la presenza di molte tecniche di pesca diverse e anche col fatto che in Mediterraneo, ad esempio, le stesse risorse ittiche sono condivise da diverse nazioni.
La posizione degli squali come predatori di vertice rende il loro declino catastrofico per tutto l’ecosistema marino, che è regolato dalla presenza di questi predatori.
Nel video, il commento dei biologi dell’Università di Padova su squali e razze in calo.