Conoscere il mare per difenderlo: “Giannutri Soft Bottoms: from exploration to conservation” è un prezioso lavoro di documentazione e divulgazione che porta alla scoperta di un vero e proprio un “buen retiro” della natura a Giannutri, un angolo di Mediterraneo incontaminato che sopravvive grazie alla Area Marina Protetta, a una conformazione del fondale che impedisce la pesca a strascico, e infine alla profondità piuttosto elevata (tra 50 e 70 metri); tutti fattori che limitano quasi completamente la presenza e l’attività umana. Tanto che lì nasce il krill (piccoli crostacei che fanno parte dello zooplancton, cibo primario di balene, mante, squali balena, pesce azzurro e uccelli acquatici) e si trovano specie animali poco studiate e scarsamente documentate. Un lavoro realizzato da Davide De Benedictis e Simone Nicolini – che si sono immersi e hanno documentato l’esistenza di questa “culla della vita” – e dal professor Carlo Cerrano, zoologo, docente alla Università Politecnica delle Marche, che ha fornito il supporto scientifico.
Dal video emergono le criticità ambientali provocate della pesca a strascico e della sovrapesca in generale e la necessità di trovare una strada che, senza criminalizzare un’attività antica come l’uomo, possa portare armonia tra natura e attività economica, sfociando in una pesca realmente sostenibile.
Conoscere il mare per difenderlo
“Con Davide – spiega Simone Nicolini, subacqueo dell’Argentario Divers di Porto Ercole – abbiamo cominciato a fare immersioni spostando l’attenzione dai target abituali – secche, relitti, anfore e ancore romane – alla biologia e ci siamo resi conto che esiste una fascia di mezzo tra l’immersione ricreativa e la zona esplorata dai ROV (i robot subacquei) che – per molteplici ragioni (formazione, mancanza di fondi e così via) non viene praticamente frequentata, né dai subacquei né dai biologi. In particolare a Giannutri abbiamo visto che la parte di fondale sabbioso che sta alla base della prima parete, tra i 50 e i 70 metri, era ricca di un patrimonio biologico estremamente interessante. E abbiamo cominciato a documentarlo portando poi al professor Carlo Cerrano il materiale necessario per studiarlo”, aggiunge Nicolini.
La fascia di fondale in questione è preservata in quanto esclusa dalla pesca a strascico per due ragioni: l’esistenza della riserva marina ma – ancora più – la conformazione del fondale che torna a sprofondare su un’altra parete fino ad almeno 100 metri di profondità e che – per la presenza di rocce e sporgenze – non consente quel tipo di pesca, notoriamente la più distruttiva, perché “ara” letteralmente i fondali distruggendo quasi ogni forma di vita.
Carlo Cerrano, professore di zoologia, sottolinea che si tratta di una zona effettivamente di grande interesse, “paragonabile ai Pristine Habitat del National Geographic, quegli ambienti incontaminati, primordiali, che sono estremamente difficili da incontrare in una zona come il Mediterraneo. Una volta individuati però – dice Cerrano – dovrebbero diventare una priorità dal punto di vista della conservazione, per il grande valore dal punto di vista biologico e ambientale e per le opportunità che offrono di studiare un ecosistema non compromesso dalla presenza umana, ricavando informazioni che, altrimenti, non potresti avere”.
È il triste ritornello della fatale devastazione che l’uomo porta con sé attraverso uno sfruttamento eccessivo e insensato delle risorse naturali.
“Il detritico – continua Cerrano – è un ambiente estremamente interessante e qui si trovano specie animali come il corallo nero, il falso corallo nero Savalia savaglia, la Lytocarpia, che peraltro non sappiamo neppure bene quanto viva. Ma è l’ambiente in generale a essere molto interessante sia per la complessità sia perché poco infangato; che vuol dire che lo strascico, anche limitrofo, non c’è, perché lo strascico ricopre di sedimenti gli ambienti circostanti occludendo ogni porosità, oltre a distruggere dove passa”.
Ormai col gps si rispettano sì le zone protette, ma passando vicinissimi ai coralligeni e sollevando un fango che finisce per “soffocare” letteralmente coralli e spugne; che muoiono.
Il video è sottotitolato in inglese, spagnolo e croato (e presto in francese) e raccoglie, spiega l’autore, il materiale girato nel corso di circa sette anni di immersioni anche – come sempre capita – grazie a veri e propri colpi di fortuna: “Una volta, dopo aver fatto una immersione profonda, oltre i 100 metri, ci siamo fermati a fare una tappa di decompressione attorno ai 60 e ci siamo ritrovati in una “esplosione” di krill. Il caso ha voluto che avessi montato sulla macchina foto un grandangolo, e lavorando sul posizionamento delle luci, visto che essendo quasi trasparente il krill non è affatto facile da filmare, siamo riusciti a documentare quel monento”.
Nel video si vedono uova di gattuccio e di calamaro ancorate agli idrozoi, bellissime pennatule e una nuvola di krill attorno ai subacquei.
Splendide immagini – girate da Davide De Benedictis in macrofotografia – e che consentono di vedere persino i minuscoli polipi che si nutrono captando le particelle di plancton e di nutrienti in sospensione nell’acqua.
A dimostrazione una volta di più che lo spettacolo della natura non conosce latitudine e che è il fiorire della vita incanta, ai tropici quanto nel Mediterraneo. Basta, come diceva un grande storico dell’arte, “saper vedere”.