Autore: Claudio Corti
10 Aprile 1943: tre navi partirono dal porto di Cagliari dirette alla Maddalena: erano la motonave LOREDAN, la cisterna ISONZO ed il piroscafo ENTELLA.
Alle ore 18,20 circa all’altezza dell’attuale Torre delle Stelle, 12 miglia da Cagliari, il convoglio fu attaccato coi siluri dal sommergibile Inglese "Safari" e le tre navi vennero affondate. Nel 1990 due famosi subacquei cagliaritani, Gianpaolo Porcu ed un suo amico, di cui non ricordo il nome, ritrovano i relitti delle navi e riportano in superficie alcuni reperti, tra cui una targa di bronzo con inciso il nome ISONZO, che consentirono di identificare le navi.
la TSA però preferirebbe che non si togliesse nulla dai relitti che devono essere considerati dei monumenti della storia, e come tali rispettati !
Con questi reperti divenne possibile una identificazione inconfutabile dei relitti e vennero così rintracciati i documenti conservati nell’archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare e venne ricostruita la cronaca esatta dell’affondamento, in cui purtroppo perirono decine di uomini.
Ripercorriamo, dunque, le fasi di quei tragici eventi.
verso le ore quattro del pomeriggio il convoglio delle tre navi esce dal porto di Cagliari diretto alla Maddalena. Come scorta c’erano il dragamine 29 ed il Mas 507 , quest’ultimo, dopo aver superato la formazione si portava all’altezza di capo Boi, ove eseguiva un ascolto idrofonico, con l’intento di scoprire se vi erano segnali della vicinanza del nemico.
Un altro Mas, il 510 in trasferimento dalla Maddalena a Cagliari, transitava tra le 17,42 e le 18 nei paraggi di capo Boi – Torre Finocchio, senza scorgere nulla di anomalo.
Il rapporto stilato in seguito all’affondamento, sottolinea che la scorta aerea prevista era rimasta a terra perché l’unico idrovolante disponibile aveva accusato un guasto al motorino di avviamento.
In quei giorni la Sardegna era uno dei bersagli preferiti degli attacchi degli Alleati, Cagliari, nel mese di febbraio aveva già subito un primo pesantissimo bombardamento.
Inoltre dall’inizio di aprile non c’era giorno che gli aerei della Raf non sorvolassero la città, mentre i sottomarini Alleati rimanevano pazientemente in agguato lungo le coste dell’isola. Il 3 aprile il sommergibile "Safari" aveva affondato nel golfo di Orosei prima il peschereccio "Nasello", e subito dopo il motoveliero "San Francesco da Paola".
Il giorno 5 aprile quattro idrovolanti decollati da Cagliari Elmas non avevano più fatto ritorno, Il 9 aprile a sei miglia da Capo Carbonara il terribile "Safari" entrò in azione di nuovo ed affondò la nave da carico Bella Italia, poi ne avvistò un’altra di oltre 4.000 tonnellate, e sebbene fosse scortata da un cacciatorpediniere riuscì a colpirla con due siluri: ciononostante, per fortuna, questo bastimento riuscì a raggiungere Cagliari senza colare a picco.
Nel pomeriggio di quel fatidico 10 aprile tutte le vedette del convoglio e della scorta erano all’erta. Ma alle 18,25 , a circa un miglio a sud della Torre del Finocchio, il convoglio venne attaccato.
Il Loredan, colpito verso poppa da un siluro, affondò in pochissimo tempo, l’Isonzo, colpito da due siluri, uno all’altezza della plancia e l’altro all’estrema poppa, restava per qualche minuto con la prua fuori dall’acqua e poi colava rapidamente a picco.
L’Entella, che con una rapida accostata era riuscito ad evitare un siluro che gli avrebbe squarciato una fiancata, finiva però arenato in un basso fondale.
In pochi minuti, con una salva ben mirata di siluri il convoglio era stato annientato: sul luogo si precipitarono il dragamine, la motovedetta Idria, ed i due Mas 507 e 510.
Vennero lanciate alcune bombe di profondità e si raccolsero i superstiti. Alcuni erano giunti a nuoto sino alla spiaggia, altri furono raccolti in acqua dai soccorritori ed in seguito sbarcati e trasportati sino a Cagliari con autocarri.
Ma le disgrazie non erano ancora finite, l’indomani alle prime luci dell’alba vennero organizzati i soccorsi per disincagliare l’Entella, ma alle 11 circa il punto d’ascolto di "Su Fenogu" annunciava di aver udito uno scoppio , in effetti due siluri erano stati lanciati dal Safari verso l’Entella che colpito a poppa ed al centro affondava rapidamente in pochi metri d’acqua.
Il terribile sommergibile Inglese aveva così completato la sua opera di distruzione, portando a tre il numero delle navi Italiane affondate in quella azione.
Nel rapporto inviato a Supermarina si potevano leggere le seguenti osservazioni: "Considerato il numero dei siluri lanciati, le chiazze di nafta ed aria notate in due punti distinti e lontani, il tutto fa pensare che si tratti di almeno due sommergibili nemici operanti in coppia nella zona"
Nel rapporto le Autorità Cagliaritane aggiungevano "Si giudica efficace l’azione contro i due sommergibili nemici, che debbono considerarsi entrambe affondati, o quantomeno danneggiati".
Altro che affondati, dalle fonti di archivio Inglesi risulta che tutta questa operazione fù condotta da un unico sommergibile, il "Safari", appartenente alla famosa classe "Snapper", composta da 12 unità utilizzate quasi esclusivamente in Mediterraneo;
Al comando del "Safari" vi era un autentico "lupo di mare", il comandante B. Bryan.
Il sommergibile era giunto nelle acque della Sardegna il 27 marzo 1943, venendo da Algeri.
Tra il 27 marzo e l’11 aprile compì la sua missione con l’affondamento di ben sei navi, attaccato con molta tenacia dalle unità Italiane, riuscì a rientrare indenne ad Algeri.
Quello fu l’ultimo comando di B. Bryan, e quella missione fu definita dal suo Comandante in Capo come "una delle più brillanti operazioni svolte dalla Marina Militare Inglese nel Mediterraneo".
Il Safari lasciò dietro di se una scia di distruzione e lutto.
L’affondamento dell’Isonzo, infatti, provocò 4 morti e 18 dipersi.
I marinai del Loredan morirono quasi tutti.
Una buona parte dell’equipaggio dell’Entella riuscì a mettersi in salvo.
Quando ci immergeremo su questi relitti dunque rivolgiamo sempre un pensiero a tutti questi marinai d’Italia che giacciono sepolti sul fondo, tra le lamiere contorte ed tra i resti di queste navi.
Dedichiamo un attimo di raccoglimento al pensiero delle loro giovani vite sacrificate per un Ideale di Patria, ammiriamo la bellezza di questi relitti ma rispettiamo questi luoghi e comportiamoci di conseguenza.
L’immersione
Scendiamo lungo la cima del pedagno, fissato sulla plancia del Loredan.
La visibilità è discreta.
Giunti sulle lamiere del relitto ci avviamo verso poppa come ci aveva detto di fare Vincenzo, titolare dell’Air Sub ed espertissimo conoscitore dei fondali attorno a Cagliari ed a Villasimius e di molti relitti.
La nave giace a 65 metri di profondità, coricata sul lato sinistro.
In questa prima immersione visitiamo la zona a poppa, la zona di prua la riserviamo all’immersione dell’indomani. Vincenzo ci fa subito vedere dove il siluro a colpito la nave, squarciando lo scafo che in quella zona appare bucato da parte a parte: una enorme galleria in cui si può tranquillamente entrare.
Mentre attraversiamo le lamiere contorte dallo scoppio dell’ordigno siamo visitati da un grosso dotto, che per nulla intimorito dalla nostra ingombrante e rumorosa presenza, si aggira tranquillo tra le pinne dei subacquei.
Staccatisi da quella che un tempo era la coperta molti pezzi della nave sono finiti sulla sabbia del fondo. Tra di essi, ci sono il fumaiolo, alcune bombole di aria compressa, e molti particolari che non riesco a riconoscere.
La parte della carena è stata completamente colonizzata da delle bellissime gorgonie rosse.
La nave sembra particolarmente integra, a prua scopriamo una cassa di munizioni che ci pone la domanda di dover cercare dove è finito il cannone a cui erano destinate, forse lo scopriremo in una prossima immersione, e lo troveremo sul fondo magari semisommerso dal fango, o forse è stato recuperato subito dopo l’affondamento, data l’importanza che allora avevano codesti manufatti.
Risaliamo lungo la cima e facciamo tutta la decompressione necessaria prima di uscire dall’acqua, ma già traspare in noi, io Diego e Vincenzo, tutta la soddisfazione per quest’immersione.
Vincenzo dice, "mi ero immerso molte volte su questo relitto respirando l’aria, ma non avevo mai notato tutti i particolari che ho notato oggi, ho visto cose che non sapevo ci fossero".
Diego, ex pilota di tornado ed ora pilota civile di Alitalia commenta abbiamo fatto tutta la risalita perfettamente come da tabella, "ma voi non volevate più lasciare il relitto, tra i consigli che ho letto sul manuale TSA c’é quello di controllare tutto e iniziare la risalita un minuto prima, voi non volevate più staccarvi dalla nave, lo so che il relitto è molto bello, ma ci torneremo ancora molte volte !".
Dopo tre giorni di queste splendide immersioni ci lasciamo con la promessa di ritrovarci per vedere anche alcuni degli altri relitti che Vincenzo conosce, tra qualche mese dunque ci dovremo rivedere qui.
Tutte le immersioni sul relitto del LOREDAN a profondità variabili tra i 55 ed i 65 metri sono state effettuate con l’uso di miscele respiratorie TRIMIX e con i metodi della Trimix Scuba Association.
E’ stato usato il metodo adatto al 1° livello di certificazione trimix, appunto da 40 a 65 metri.
Loredan
Motonave mista di 1357 tsl, costruita nel 1936.
Appartenente alla Società Anonima di Navigazione Adriatica con sede a Venezia.
Iscritta al Compartimento marittimo di Venezia con la matricola n. 290 Requisita dalla Regia Marina a Barletta il 27 luglio 1941 e in pari data iscritta con la sigla D.19 nel ruolo del naviglio ausiliario dello Stato, ed impiegata nel servizio di scorta ai convogli.
Il 10 Aprile del 1943, durante la navigazione Cagliari – La Maddalena, alle ore 18,20 a 12 miglia per 100° da Punta Elia, fu silurata dal sommergibile britannico Safari ed affondata.
Con la stessa data derequisita e radiata dal ruolo del naviglio ausiliario.
(Da "Navi Mercantili Perdute" – Marina Militare Italiana)
Pubblicato su Sub n.177, Aprile 2000
Ringraziando Claudio Corti per l’articolo vi invitiamo a visitare il sito della TSA
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