La storia
Le navi italiane si muovono confusamente e lentamente a causa del mare agitato, della nebbia e del forte vento. La flotta è sparsa e disordinata per tutta l’isola e alcune unità sono alle prese con le riparazioni delle avarie riportate durante i due giorni di assedio.
All’improvviso alle ore 7,50 la nave avviso Esploratore che era in pattugliamento a largo appare dalla foschia a tutta velocità con il segnale bastimenti sospetti in direzione ponente-maestro.
Siamo a Lissa, è il 20 luglio 1866.
Quello che sta per accadere sarà il primo scontro tra navi corazzate a vapore della storia avvenuto nelle acque del Mediterraneo.
Si affrontano la Regia Marina Italiana al comando dell’ammiraglio Carlo Pellion di Persano e la Kriegsmarine Austro-Ungarica guidata da Wihelm von Tegetthoff. Alla vista delle navi austriache Persano richiama all’ordine tutte le sue unità e comanda di prepararsi al combattimento disponendosi in linea di fila in modo da presentare al nemico il fronte intero delle artiglierie.
Purtroppo nella Marina Italiana di allora regna una grande confusione dovuta soprattutto alla rivalità e all’antagonismo tra i suoi ufficiali e tra meridionali e settentrionali. Per questi motivi alcuni comandanti decidono di non schierare i propri bastimenti nella linea di combattimento. La corazzata Formidabile del comandante Simone Saint-Bon sulla quale è in corso un ammutinamento, fa rotta per Ancona nonostante Persano gli abbia negato il permesso. Il comandante della gemella Terribile Leopoldo de Cosa invece odia così tanto Persano da decidere di non portare la sua pirocorvetta in battaglia. Inoltre tutta la squadra di legni del viceammiraglio Albini che sta tentando lo sbarco sull’isola perde molto tempo nell’interrompere tale operazione e, vista anche l’aspra inimicizia con il suo superiore, Albini decide andando contro agli ordini ricevuti di rimanere a debita distanza senza mai esplodere un solo colpo di cannone.
La flotta italiana è composta da 29 navi di cui 12 corazzate, ma inizialmente lo schieramento risulta composto soltanto da 9 corazzate, la piccola e lenta cannoniera Varese è in forte ritardo e arriverà soltanto 20min dopo l’inizio della battaglia. Le nostre corazzate hanno gli scafi dipinti di bianco e grigio, sono belle e destano nel nemico ammirazione e meraviglia. La nave ammiraglia Re d’Italia grande e maestosa è in completo assetto di battaglia e sull’albero sventola l’insegna di comando supremo.
La flotta austriaca composta da 26 navi di cui 7 corazzate avanza decisa e compatta in formazione a cuneo con in testa la Ferdinand Max di Tegetthoff. I cannoni austriaci sono troppo deboli per sfondare la corazza delle navi italiane, Tegetthoff lo sa bene e ordina ai suoi di usare gli speroni.
Poco prima dell’inizio delle ostilità Persano prende una decisione inaspettata: abbandona il Re d’Italia e si trasferisce sull’Affondatore. L’Affondatore è la nave più moderna e potente presente a Lissa, ma è giunto, soltanto il giorno prima della battaglia e Persano vuole essere sicuro di usarlo al meglio. L’Affondatore privo della bandiera di ammiraglio inalbera quella di viceammiraglio e il Re d’Italia ammaina la sua insegna di comando.
Durante l’operazione di trasbordo si perde tempo e si apre un varco nello schieramento italiano, Tegetthoff se ne accorge e taglia in due la linea di fila di Persano. Inizia una battaglia violenta e disordinata dove le corazzate italiane si ritrovano a combattere disunite contro la più organizzata flotta nemica. Palestro, Re d’Italia e San Martino rimangonopresto sole a fronteggiare il grosso delle forze austriache e il Re d’Italia viene colpito prima al cassero di poppa poi al timone. L’ammiraglia italiana danneggiata rimane immobile, senza possibilità di manovra.
Tegetthoff se ne accorge e con lo sperone della sua Ferdinand Max si lancia a tutta velocità contro l’indifeso Re d’Italia speronandolo sul fianco sinistro. L’urto è violento, si apre una enorme falla nello scafo e in pochi minuti la corazzata italiana affonda trascinando con sé quasi 400 uomini del suo equipaggio.
Poco distante c’è un altro bastimento in difficoltà, è la Palestro. La piccola cannoniera del comandante Alfredo Cappellini colpita da una granata che ha incendiato un deposito di carbone è avvolta dalle fiamme. Il comandante sicuro di poter domare l’incendio si rifiuta di abbandonare la nave ma all’improvviso il fuoco raggiunge il deposito munizioni e la Palestro esplode provocando la morte di quasi tutta la marinaresca.
L’esplosione della Palestro segna la fine della battaglia e dell’infausta giornata del 20 luglio 1866. L’armata navale italiana umiliata e sconfitta in campo e nell’orgoglio fa rotta per Ancona mentre gli austriaci vincitori sono riusciti nel loro obbiettivo di impedire lo sbarco a Lissa.
La spedizione 2018 su Re d’Italia e Palestro
Dicembre 2017, 151 anni dopo la disfatta. Suona il telefono, è il mio amico Veljano Zanki che mi comunica di aver ricevuto finalmente dal governo croato i permessi per potersi immergere sui relitti della battaglia di Lissa.
Ho conosciuto Veljano, titolare del diving B-24 nel 2015 durante una vacanza a Lissa (oggi Vis) e qui grazie anche ai racconti di Goran Todic alias (Gogo Base), sono venuto a conoscenza di queste navi maturando così l’idea di poterle visitare. La gioia è immensa, è fantastico dopo oltre 2 anni dalla nostra richiesta, il sogno si sta per realizzare. Non resta che organizzare il team e partire alla volta di Lissa.
Mi accompagnano in questo tuffo nella storia i miei amici e più fidati compagni d’immersione: Massimo Barnini, Rolando di Giorgio, Matteo Ratto, Alessio Pollice e Daniele Lucaccini.
28 maggio 2018, inizia l’avventura. La barca di Veljano è carica delle nostre ingombranti attrezzature, il tempo per fortuna è bello e il mare è calmo. Dopo circa un’ora di navigazione arriviamo sul punto, il relitto non è pedagnato e dobbiamo farlo noi.
È difficile se non impossibile spiegare quello che si prova in questi momenti, dopo quasi tre anni di attesa stiamo per scendere sulla Fregata Corazzata Re d’Italia. Ho i brividi.
Abbiamo pianificato circa 35min di fondo a 115mt di profondità e il team è così composto: Rolando e Alessio con ECCR, io e Matteo con pSCR, Massimo e Daniele in CA. Dopo gli ultimi controlli e gli ok di rito iniziamo la discesa.
Il cuore batte come un martello, l’emozione è forte e ad un tratto come per magia la sagoma del Re d’Italia appare solenne davanti ai nostri occhi. Arrivati sul fondo controlliamo il pedagno e iniziamo l’esplorazione.
La visibilità è buona e notiamo subito la fiancata distrutta dallo speronamento, sono ben riconoscibili le piastre di ferro della corazzatura imbullonate sullo scafo in legno e i boccaporti delle batterie dei cannoni. La poppa è distrutta mentre a prua sporge ancora possente il grosso sperone di ferro fuso. Il ponte di legno è collassato, tutto intorno regna una grande confusione di rottami,tubi, lamiere e oggetti vari difficilmente riconoscibili.
Sarebbero necessarie molte immersioni per esaminare con cura tutto il materiale presente ma è un lusso che a noi non è concesso. Malgrado tutto riusciamo a distinguere alcuni piatti e una brocca di porcellana, forse un corno da nebbia, alcuni contenitori simili a valige e un cannone.
Ad un certo punto il mio sguardo è catturato da quello che sembra essere il dietro di un cannone che sporgere sotto una massa di macerie, mi avvicino lentamente per non alzare sospensione e con la mia telecamera faccio alcuni secondi di ripresa.
Il tempo ormai è arrivato al termine così iniziamo la lunga risalita che ci riporterà in superficie.
L’avventura prosegue sulla Palestro, dove qui purtroppo la scarsa visibilità e la forte corrente ci hanno messo a dura prova.
Scendiamo a 120mt sulla piccola cannoniera e anche in questo caso la parte più integra è la prua. Nonostante l’acqua torbida la sagoma dello sperone è così particolare che è riconoscibile anche da diversi metri di distanza. Tutta la prua della Palestro è un enorme sperone.
Tutto il resto è divelto e distrutto dalla forte esplosione, la poppa è completamente assente, il fasciame s’intreccia al metallo e la speranza di carpire qualche segreto risulta alquanto vana. Il tempo scorre veloce, la pessima visibilità rende ancora più difficile capire cosa vediamo e la corrente che ci perseguita fin dall’inizio e che ci ha costretto a cercare il relitto con la sagola sul fondale sabbioso per 10 min, rende la vita difficile a tutti, anche al pensiero del rientro e della lunga decompressione. Giunti quasi al quarantesimo minuto iniziamo finalmente la risalita.
Una volta risaliti in barca e deposto le nostre attrezzature, prima di rientrare a terra abbiamo voluto omaggiare i caduti della battaglia con una piccola cerimonia lasciando un mazzo di fiori nelle acque che furono teatro di tanto dolore.
Identificazione della campana del Re d’Italia
Una volta tornati in Italia, osservando attentamente i video e le foto cercando di scorgere qualche piccolo particolare sfuggito in immersione, alcuni nostri amici hanno iniziato a metterci in testa l’affascinante idea che quel posteriore di cannone che spuntava da sotto le macerie poteva essere in realtà la campana del Re d’Italia.
Da questa suggestiva interpretazione abbiamo iniziato ad indagare e a chiedere ad esperti in materia un parere su questo mistero. Molti non sapendo nemmeno di cosa si trattasse, vedendo per la prima volta la foto hanno subito esclamato “ma è la campana!”
Con una ricostruzione basata sul materiale fotografico a disposizione siamo riusciti forse a capirne anche la possibile posizione. L’unico modo per svelare il mistero sarebbe quello di tornare sul relitto ma il governo croato per il momento ha imposto il divieto di immersioni sul Re d’Italia.
In attesa di novità tutto rimane nella fantasia della nostra mente ma l’idea di essere forse stati così vicino ad un ritrovamento così importante lascia un po’ di amaro in bocca. Resta però il fatto di aver portato a termine una spedizione storica fantastica, abbiamo avuto la fortuna di essere tra i primi subacquei al mondo e i primi italiani a rivedere le nostre corazzate, abbiamo vissuto sensazioni ed emozioni uniche che porteremo dentro di noi per sempre.
Riguardo alla campana se qualche lettore ha conoscenze tecniche sull’argomento saremo ben felici e interessati di collaborare per dare una risposta al nostro enigma.
Credo che il “dietro” del cannone si chiami culatta…