Autore: Simonetta
Troiani
Tornare a Maayafushi è come rivedere un vecchio
amico che non vedi da qualche anno e trovarlo in ottima salute, esattamente come
lo avevi lasciato tre anni prima.
Questo piccolo, meraviglioso atollo maldiviano situato nella zona di Ari Nord, è
un gioiello della natura di trecento metri dove la vegetazione rigogliosa e la
sabbia corallina bianchissima sono lambiti da una laguna di acqua bassa che in
poche decine di metri incontra la barriera.
Sovente l’accompagnatore del subacqueo non è un patito delle immersioni, dunque
l’alternativa tra la crociera subacquea e lasciare l’amato bene a casa perduto
al suo triste destino è proprio il villaggio, ma un villaggio con i fiocchi,
dove trovare un ottimo diving che ti assista, spazi confortevoli, servizio di
qualità nonché la possibilità di non far morire di noia il tapino che non si
immerge, ma che magari apprezza volentieri un buon snorkeling. Ovviamente, lo
stesso subacqueo, alla fine della giornata di tuffi, non disdegna una nuotatina
rilassante con pinne e boccaglio alla scoperta del meraviglioso regno di
Maayafushi.
Questo è un regno fatto di sabbia candida dove si nascondono grossi trigoni, che
scivolano sotto i piedi dei bagnanti distratti e coralli infiniti che si
intersecano e si incastrano gli uni agli altri, si mescolano ad un’infinita
varietà di medrepore e spugne dando riparo, cibo e casa ad un popolo variopinto
di pesci di ogni forma, colore, abitudine.
Tutto è scandito con un preciso ritmo che si ripete tutti i giorni alle stesse
ore, secondo le correnti e la marea, compresa la manta delle 17,15 che
puntualmente arriva tutti i pomeriggi da nord est, presumibilmente per la cena,
fa il giro dell’isola e se ne va da dove è venuta, nuotando serena insieme al
fortunato snorkelista di turno. Il curioso grigio Pasqualo, invece, è sempre nei
paraggi, te lo trovi improvvisamente che ti scruta e se ne va per la sua strada,
riproponendosi di nuovo quando meno te lo aspetti, presenza dispettosa ed
inquietante per chi non ama il genere. A distanza di tre anni ho ritrovato le
stesse splendide tridacne negli stessi punti dove le lasciai, la verde,
l’azzurra, la viola; sotto un ampio corallo tubolare lo stesso grosso grugnitore
col pigiama a righe gialle e nere, o forse suo nipote, così come il piccolo
balestra pagliaccio che appena ti avvicini si stranisce e ti corre dietro
mordendoti i piedi. E così tra donzelle e castagnole, tra piccoli chirurgo,
farfalla e pappagallo, ci si rifocilla nel mare tiepido e colorato ricaricandosi
per le immersioni del giorno dopo.
Un villaggio che si rispetti, oltre alla
vicinanza di siti interessanti, ha bisogno di un diving affidabile. Qui ci si
rimette tutti al valido TGI, che per esteso, mi hanno riferito, sia l’acronimo
di Tropical Gangster International, società che tiene in gestione i diving di
numerose strutture maldiviane e non. Nel nostro caso la direzione è affidata
alla coppia spumeggiante di istruttori Greta e Sharif , compagni di lavoro e di
vita, con il valido aiuto di Marco, istruttore sub di talento e libero pensatore
e di Modoo, solerte e rigoroso con la simpatica presenza del loquace pappagallo
Tito, che vive sopra un albero di fronte ai locali del diving.
Cosa dire che non sia già stato detto sulle
immersioni alle Maldive…. Uno spettacolo ovunque. Dopo brevi tragitti in dohni
ci tuffiamo in siti strepitosi come Maaya Thila, giardino sottomarino da
visitare sia di giorno che in notturna con una serie di pinnacoli, archetti e
pianori dove, accompagnati dalla presenza discreta dei grigi e dei pinna bianca
del posto, si ripassa tutto l’atlante di flora e fauna dei mari tropicali, sito
famoso anche nel circuito delle crociere subacquee, poi Hafusa Thila, Bathala
Thila e Bathala Maaga Kan Thila, Fish Head ( dove vive un’allegra famigliola di
pesci napoleone molto socievoli), Kandholudhoo Thila, Kuda Faru, Bodu Thila,
immersioni tra le piu belle delle Maldive. Si alternano balconi che guardano nel
blu da dove osservi il passaggio di maestosi grossi squali grigi con remore
tenaci al seguito, aggrappato alle rocce per non rischiare di dover essere
recuperato a Muscat, trascinato via dalla corrente, e pareti e pianori dove
tripudi di coralli di ogni genere e gorgonie gialle gigantesche ricoperte di
crinoidi scuri fanno da scenografia all’allegro popolo del pesce di barriera e a
numerosi altri pelagici. Ci si perde ancora nel giallo nuotando in mezzo ad
enormi banchi di azzannatori striati. Le varietà di pesce sono infinite, colore
e vita a perdita d’occhio. Donzelle, damigelle, pesci chirurgo, occhi grossi,
cardinali, pesci farfalla, pesci angelo, fucilieri, castagnole, idoli moreschi,
tordi, pappagallo, balestra pesci palla …. Fuochi d’artificio che esplodono
davanti alle nostre maschere.
Murene si affacciano dalle loro tane di
corallo, con la bocca spalancata per respirare, non certo per attaccare alcuno,
creature tranquille ed aggraziate, dalla pelle colorata con varie livree:
marroni, maculate gialle, maculate scure, a striscia bianche e nere, anemoni
grandi e piccolini, che agitano i tentacoli in una danza infinita con i pesci
pagliaccio, che al nostro approssimarsi si rifugiano pronti nel loro interno e
si affacciano timorosi a controllare se il pericolo è passato.
Sempre assicurato è l’incontro con la tartaruga verde di turno che razzola tra
le formazioni coralline godendosi tranquilla il meritato pasto e, fiduciosa, si
lascia anche avvicinare per le foto di rito. Poi inizia tutta una serie di
incontri singolari: il grosso polpo viola che ti osserva sornione con l’occhio
languido, facendo capolino con discrezione da dietro un corallo cervello,
convinto di non essere identificato, e una volta compreso che l’hai visto, si
allontana dinoccolato infilandosi nella tana, il pesce pietra che acquattato
dentro la spelonca in mezzo alle rocce, in compagnia di una grossa spugna
rotonda, completamente ricoperto di alghe, ti osserva con aria supponente
attraverso due occhietti che distingui a malapena e la bocca larga all’ingiù, un
grosso pesce istrice che riposa nella tana decisamente seccato di tutti questi
rompiscatole pieni di bolle che passano, lo fotografano, lo disturbano. A
proposito proprio di scatole, quando meno te lo aspetti sbuca fuori tra i
coralli una piccola testolina gialla a puntini scuri, della grandezza di una
noce e nuota grazie alla minuscola codina, quasi invisibile, che muove alla
velocità della luce: è un pesce scatola alla stadio giovanile che ti guarda e
sfreccia via lasciandoti appena il tempo di immortalarlo con la GoPro. La
nursery prosegue con alcuni esemplari di piccoli lion fish, ancora con la livrea
nera e ed i raggi delle pinne molti sottili.
Con l’aiuto di Greta, la nostra guida sapiente e preziosa, ammiriamo un pesce
foglia giallo pallido adagiato sopra una roccia tra formazioni di spugne
incrostanti multicolori.
Nel blu intanto continua il viavai di squali e
squaletti, mante, aquile di mare, carangidi e tonnetti e fra l’armata
brancaleone di noi aspiranti pesci c’è anche chi si entusiasma a tal punto che,
sarà l’azoto, sarà l’emozione, si incarta con la videocamera e riesce a
cancellare tutto quello che ha pazientemente filmato fino a quel momento. Meno
male che qui non mancano di sicuro i soggetti da riprendere e dunque il danno è
presto rimediato. Mentre a pochi metri si consuma la tragedia di cui sopra, io
rischio di perdere il gruppo beandomi nella contemplazione di anemoni di ogni
forgia, colore e dimensione: belli grossi arancione vivo come i pesci pagliaccio
che vi dimorano in simbiosi, pallidi con i lunghi tentacoli lilla, piccolissimi
bianchi e gialli, anemoni a bulbo, con le estroflessioni rotonde sulla punta. Mi
dilungo, sguardo nello sguardo, con un piccolo ghiozzo a strisce bianche e
marroni adagiato su un corallo Pachyseris (insomma uno di quelli che sembrano
enormi funghi), il quale poi decide che non sono il suo tipo e mi molla in un
battibaleno sola a contemplare il fungo.
L’aria nella bombola finisce sempre troppo presto, anche se è già passata quasi
un’ora di immersione e dunque ci si riunisce tutti per la sosta di sicurezza.
MANTE E NIPPOSUB
Due sono i siti per l’osservazione delle mante raggiungibili da Maayafushi:
Manta Point (conosciuta anche come Ukulhas Tila), nella pass di Maavaru Kandu,
vicino l’isola di Gangehi, è una stazione di nutrimento grazie al plancton
abbondante trasportato dalla forte corrente durante il monsone di nord est e
Bojahamadi, situato lungo il canale sud che costeggia l’isola di Moofushi che
funziona invece come stazione di pulizia.
Noi ci dirigiamo verso il secondo sito. Il tragitto è abbastanza lungo,
impiegandoci il dohni oltre due ore, ma una fermata intermedia per un tuffo
preparatorio spezza la monotonia del viaggio. Intanto iniziamo ad osservare con
sospetto e timore un nuovo compagno di immersioni: il sub Sakamoto, cesta numero
23, che ci aveva incuriositi con la sua quasi invisibile, misteriosa presenza
estremo orientale nel villaggio ed al diving.
Ci tuffiamo in acqua e le nostre supposizioni diventano immediatamente realtà,
il nostro buddy dagli occhi a mandorla è proprio come temevamo un classico
esemplare di subacqueo giapponese supertecnoattrezzato con videocamere,
fotocamere, fari, faretti, perfettamente in linea col Nicondiver Japanensis del
trattato di Subacqueologia di Claudio Di Manao. Tra gambe, braccia e supporti
del sistema di illuminazione sembra un grosso ragno nero in sospensione
nell’acqua. Si prosegue con l’immersione e lo perdiamo di vista, d’altronde per
peculiarità della specie è un soggetto decisamente riservato. Bojahamadi si
presenta con un fondale sabbioso a trenta metri di profondità, sul quale
riposano placidamente una decina di squali pinna bianca. Li lasciamo in pace tra
le braccia di Morfeo Pelagico ed invece ci dirigiamo intorno al pianoro che da
lì si innalza fino a circa -10 mt. Tutto intorno ai coralli nuvole di fucilieri
e di azzannatori, balestra pagliaccio, pappagallo, e tutto il solito popolo
variopinto. Due napoleone pascolano non lontano senza curarsi di noi. La
tartaruga mangia indisturbata tra i coralli. Alcuni grugnitori dal pigiama a
righe gialle e nere si litigano lo spazio tra un corallo fungo ed una grossa
gorgonia con due corpulente cernie maculate gialle e viola. Anemoni e murene.
Nel blu tra carangidi e tonnetti passano leggere le aquile di mare, ma noi in
trepidazione stiamo aspettando che arrivino le mante. Marco, l’istruttore guru
che ci sta facendo da guida, ci porta un poco sotto la sommità del pianoro, dove
si fermeranno per farsi pulire e ci raccomanda di rimanere fermi in questa
postazione anche quando arriveranno, per non disturbarle e non farle andar via.
Attendiamo fiduciosi ed impazienti. Nel frattempo mi studio due nudibranchi blu
e neri ed una splendida stellina gialla con dei ricami rossi che sembran fatti
all ‘uncinetto… Ma poi eccole… Arrivano da dietro il pianoro, due maestose
mante ci passano davanti nel blu ed virando salgono verso la cima del pinnacolo.
Noi fermi, immobili, estasiati. Dimentichiamo di respirare. Poi, ripresa
coscienza di noi, mettiamo in azione le fotocamere. Loro con grazia ed eleganza
si fermano e si fanno raggiungere da una miriade di pesciolini che iniziano a
pulirle sotto il ventre, intorno alle branchie, mentre continuano a muovere
lentamente le ali come due angeli …. E proprio al colmo di questo momento
magico, in cui anche il tempo sembra sospeso nell’acqua, l’audace Sakamoto, al
grido di Banzaiiiii ( lo si legge dalle bolle) schizza come un siluro
videofotomunito verso le due povere, al colmo del delirio fotografico, nella
maniacale impresa di riprenderle a distanza ravvicinata. Le mante lo vedono, si
fermano, con un movimento del ventre si alzano, e planando si girano ….
scompaiono pian piano dietro il pianoro e nel blu.
Ecco! Incanto svanito. Foto e video infestate
dal nipporagno che importuna le mante. Noi imbufaliti, si sfiora l’incidente
diplomatico. Lui si scusa a gesti mille volte con la guida e sparisce di nuovo
dalla nostra vista. Intanto le mante se ne sono andate…. E noi?Che si fa? Non
ci resta altro che scendere un tantino a fotografare gli squali che dormono,
ancora per poco i poverini.
Da quel momento topico, comunque, il subsamurai Sakamoto scompare anche dal
villaggio. Sarà tornato alla sua solita condizione di riservato, invisibile
turista giapponese o è stato giustiziato dopo processo sommario legato ad uno
dei palmizi di fronte al diving? Solo il pappagallo Tito potrebbe darci la
fatidica risposta… ma riguardo questa vicenda lui non parla.
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