Autore: Marco Faimali (ISMAR-CNR)
Un ricercatore racconta le incredibili emozioni dell’esperienza
lavorativa presso la base italiana in Antartide
ANTARTIDE.
Con la partenza degli ultimi partecipanti alla campagna estiva in Antartide si è
conclusa – il 13 febbraio – la
XXIX
spedizione italiana ed è stata chiusa la Base italiana (Stazione Mario
Zucchelli); il personale si è quindi imbarcato sulla nave Italica alla volta
della Nuova Zelanda il cui arrivo è previsto in questi ultimi giorni di
Febbraio.
Iceberg
La spedizione del
Programma Nazionale di Ricerche in
Antartide (PNRA) realizzato dal Ministero dell’istruzione, dell’università e
della ricerca sulla base delle linee strategiche definite dalla
Commissione Scientifica Nazionale
per l’Antartide (CSNA), per il triennio 2012-2014. La campagna è stata
attuata dall’ENEA (Agenzia
nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico
sostenibile), mentre la programmazione e il coordinamento scientifico sono stati
realizzati dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR).
Marco Faimali
Più di 100 ricercatori sono stati coinvolti in
attività di ricerca in diversi ambiti scientifici, per un totale di circa 50
progetti riguardanti le scienze della vita, della Terra, dell’atmosfera e dello
spazio. I dati raccolti in Antartide saranno nei prossimi mesi elaborati presso
i laboratori italiani che hanno preso parte ai progetti.
Anche presso la
base italo-francese Concordia di Dome C sul plateau antartico a 3.300 m di
altitudine, si è conclusa la campagna estiva con la partenza in aereo del
personale che vi ha partecipato. Contestualmente ha preso il via la decima
campagna invernale che sarà condotta da un gruppo di 13 esperti, 7 dell’IPEV
(Istituto polare francese Paul Emile Victor) e 6 del PNRA. Le attività invernali
prevedono il proseguimento dei lavori di ricerca in corso nell’ambito dei
programmi antartici francese ed italiano, che riguardano studi di glaciologia,
chimica e fisica dell’atmosfera, di astrofisica, di astronomia e di geofisica.
Nell’ambito degli studi scientifici sull’adattamento umano in ambiente estremo
proseguiranno i progetti della
European Space Agency (ESA).
Questa XXIX spedizione verrà purtroppo ricordata per il grave lutto legato alla
prematura scomparsa del ricercatore Luigi Michaud, dell’Università di Messina, a
causa di un malore mentre lavorava in immersione nelle acque antistanti la base
Mario Zucchelli. Per onorare la memoria del collega recentemente scomparso,
vorrei sintetizzare, attraverso il racconto dei miei primi giorni antartici,
alcune delle emozioni che spingono noi ricercatori nel luogo più freddo e più
lontano dalla civiltà del nostro pianeta.
L’arrivo
L’impatto, appena scesi, è sconvolgente. Il
portellone dell’Hercules si apre e si viene investiti da una luce abbagliante ed
un freddo intenso ancora prima di mettere piede sul ghiaccio. Gli occhi,
cercando dei riferimenti, non riuscivano a mettere a fuoco a causa del potente
bagliore di quel mondo bianco che di colpo ci ha avvolto, subito dopo il freddo
ci dà il benvenuto con i suoi -25°C decisamente peggiorati, come sensazione, da
un vento gelido oltre i 30 nodi. Non dimenticherò quei primi istanti nel
continente bianco.
La Base
Veniamo letteralmente rapiti e trasportati in
tutta fretta presso la base, che finalmente, dopo averla sognata in tante foto,
diventa una realtà: un complesso formato da diversi strati di container su
palafitte con al centro una parte elevata che ricorda una torre di controllo ed
altri edifici disposti intorno all’eliporto. Siamo rimasti per molti minuti in
silenzio, ad osservare, a metabolizzare il fatto di esserci davvero, ad
imprimere nella memoria il bianco infinto del pack di fronte ad essa, la nostra
nuova “casa”, dove passeremo la maggior parte del tempo durante la permanenza
antartica.
L’elicottero
Il primo viaggio in elicottero non si scorda
mai. Il rumore, i giri delle pale che aumentano vertiginosamente, e in un attimo
ci alziamo in volo, si sorvola la base e ci troviamo direttamente sul pack che
da questo punto di vista privilegiato ci appare in tutta la sua straordinaria
bellezza: catene montuose innevate, ghiacciai e iceberg rimasti incastrati nel
mare ghiacciato che lentamente ci scorrono sotto come in un documentario della
BBC.
Il silenzio
Il pilota atterra direttamente sul mare
ghiacciato nelle vicinanze di Cape Washington, dove troveremo la più grande
colonia di pinguini imperatore (Aptenodytes forsteri).
Scendiamo e una nube freddissima di cristalli di ghiaccio lanciati a forte
velocità dalle pale dell’elicottero, già ripartito, ci costringe a chiudere gli
occhi per alcuni secondi e ci troviamo in un attimo in un bianco assordante
silenzio. Erano anni che non sentivo un’assenza di rumore così pura.
La vita
Dopo alcuni minuti ci accorgiamo di essere
osservati: una delegazione di pinguini imperatore ci guarda immobile e in
silenzio. Probabilmente anche loro sono venuti a vedere un insolito spettacolo.
Rimaniamo alcuni secondi a guardarci con rispetto e poi con assoluta naturalezza
ognuna delle specie prende la propria strada. La bellezza di questo incontro è
inimmaginabile. La sensazione è veramente quella di essere in un luogo lontano,
speciale e selvaggio. Durante il volo di ritorno in elicottero, dopo le prime
ore di campionamento sul pack, osservo negli occhi dei miei compagni una luce di
estasi che riassume, più di qualsiasi parola, la magia di questa giornata.
Ho passato oltre due mesi alla base italiana e
anche se non sono sicuro che si possa veramente soffrire di “mal d’antartide”
già da ora, quel continente bianco, mi manca e sarei pronto a ripartire
immediatamente se si presentasse una nuova opportunità di ricerca.
È assolutamente vietata la riproduzione, anche
parziale, del testo e delle immagini presenti in questo articolo senza il consenso dell’autore.