È un gesto automatico: ci guardiamo allo specchio, vediamo una macchia sulla nostra faccia riflessa e cerchiamo di toglierla. A noi sembra un gesto di una semplicità estrema, ma nel mondo animale solo poche specie ritenute molto intelligenti, come l’uomo, l’orango e il delfino, lo sanno fare, cioè capiscono che quello che vedono riflesso nello specchio è il loro riflesso, sono proprio loro.
Gli scienziati sono soliti usare il test dello specchio per valutare se un animale sia capace di riconoscere sé stesso, e quindi abbia un’autocoscienza. Se mettete il gattino di casa di fronte a uno specchio, o si dimostra indifferente o prova a giocare col suo riflesso, dimostrando di riconoscervi un gatto, ma non di riconoscere sé stesso!
Fino a ieri eravamo parte di un club molto esclusivo, con pochissime specie di mammiferi e di uccelli: le grandi scimmie antropomorfe, gli elefanti, i delfini, le gazze. Ma oggi, dopo un lavoro sperimentale condotto con rigore da scienziati giapponesi, dobbiamo ammettere nel club un piccolo pesce del reef, Labroides dimidiatus, noto come pesce pulitore.
Il pesce intelligente passa il test dello specchio
Gli scienziati hanno posto una macchia di colorante sul capo del pesce pulitore, in una posizione che potesse essere vista solo nello specchio.
I pulitori, dopo essersi visti nello specchio, non avendo zampe che permettano loro di ripulirsi (come farebbe una scimmia) tentavano di rimuovere la macchia sfregando il loro corpo contro una roccia.
Se (per testare la risposta) la macchia era trasparente, i pesci la ignoravano, quindi effettivamente la vedevano nello specchio e tentavano di togliere quello che avevano visto. Nemmeno reagivano allo stesso modo vedendo una macchia disegnata sullo specchio, o vedendo un pesce macchiato dietro un vetro trasparente (gli scienziati le hanno provate tutte per fregarli…).
Il pesce intelligente: il dibattito
Alcuni scienziati, particolarmente ortodossi (i pesci non possono essere intelligenti) non potendo negare che il pulitore avesse passato il test, hanno attaccato il test negando che abbia validità.
Personalmente ritengo che l’intelligenza o la coscienza di sé sia molto più diffusa nel mondo animale di quello che crediamo. Ma i test per valutarla non sono probabilmente adeguati a tutti gli animali. Il pulitissimo gatto si è evoluto in climi aridi, dove difficilmente ha l’occasione per vedere il proprio riflesso, cosa che è normale per l’elefante, frequentatore di fiumi e zone umide, dove si può specchiare sulla superficie dell’acqua.
Il pesce pulitore, che normalmente libera gli altri da parassiti e corpi estranei, ha probabilmente una sensibilità particolare nei confronti di macchie strane sulla pelle, e se ne vede una si ingegna per capire come toglierla. E appare in questo più intelligente di altri pesci, che magari si disorientano davanti a uno specchio e non ne capiscono il funzionamento: a cosa potrebbe servire nella loro vita abituale sapere come funziona uno specchio?
I pesci sono animali più intelligenti di quanto i pregiudizi correnti ci vorrebbero far credere. Una vecchia credenza afferma che la loro memoria durerebbe pochi minuti, addirittura c’è chi è ancora convinto che non provino dolore. Eppure numerose prove scientifiche si stanno accumulando a favore del fatto che i pesci provano dolore (ahi ahi ahi, Scubazone n. 10), che sono in grado di memorizzare sequenze di eventi spesso più velocemente dei primati, e ne mantengono memoria per mesi o anni. Che riconoscono individualmente i loro simili dalla faccia (faccia da pesce), che imparano a usare utensili (il pesce che usa uno strumento… ) che alcune specie si sanno associare con altri pesci o addirittura con altri animali per la caccia (la montagna dei serpenti, Scubazone n.1).
Se poi ci soffermiamo sui pesci pulitori, si è visto che riconoscono individualmente centinaia di pesci e imparano a comunicare con specie diverse (usando il linguaggio del corpo), che sanno essere opportunisti, che sanno legarsi i clienti fissi a volte anche solo elargendo loro un massaggio gratificante, senza volere nulla in cambio, che sanno distinguere i clienti di ritorno dai passanti occasionali.
Insomma, la mia opinione è che i pesci meritino di essere considerati intelligenti, come molti altri animali, che l’intelligenza di ogni animale sia una caratteristica che gli permette di sfruttare bene il suo ambiente con i mezzi che ha a disposizione, e che i test per valutare l’intelligenza, spesso un po’ troppo antropomorfi, dovrebbero tenerne conto. In altre parole, se uno scimpanzé, che ha mani e piedi prensili non ha difficoltà a raccogliere un bastoncino e usarlo con precisione per catturare gustose termiti, un pesce semplicemente non può farlo, non avendo appendici articolate. Ma può fare molte altre cose.
Per chi volesse leggersi il lavoro di Masanori et al.: Masanori Kohda, Takashi Hotta, Tomohiro Takeyama, Satoshi Awata, Hirokazu Tanaka, Jun-ya Asai, Alex L. Jordan. If a fish can pass the mark test, what are the implications for consciousness and self-awareness testing in animals? PLOS Biology, 2019; 17 (2): e3000021