Autore testo: Simon Pridmore
Autore traduzione: Massimo Boyer
Autore foto: Marco Daturi
Dal punto di vista commerciale è il santo Graal: il sogno di sviluppare un prodotto che rivoluzioni il modo della gente di interagire col mondo. Il telefono, l’automobile, il jet, l’aspirapolvere, il telefono un’altra volta (il telefonino, stavolta). L’elenco potrebbe andare avanti all’infinito. E oggi ai subacquei è presentata la macchina che potrebbe rivoluzionare il modo di andare sott’acqua: il rebreather.
Se all’inizio non ha successo…
I rebreather non sono una novità assoluta: il concetto è vecchio di secoli, e sono stati usati da militari e professionisti per oltre cent’anni.
Neanche l’idea di un uso ricreativo del circuito chiuso è nuova. Negli anni 60 società italiane e americane svilupparono apparati a circuito chiuso e li misero in vendita, ma una serie di incidenti e il bando delle agenzie didattiche resero la vita difficile a questi esperimenti, e li dissuasero dal ritentare per oltre 25 anni.
Poi, a metà degli anni 90, i rebreather fanno la loro ricomparsa sul mercato, in coincidenza con lo sviluppo dell’immersione tecnica, e questa volta tornano per rimanere. I subacquei tecnici adottano avidamente la novità, perché, sebbene costosa, è molto più economica rispetto alle attrezzature a circuito aperto disponibili per uso con miscele a base di elio.
Comunque l’industria della subacquea procede con cautela, e in generale i subacquei ricreativi non vedono grossi benefici nei modelli a circuito chiuso disponibili, e decidono di restare fedeli agli apparecchi a circuito aperto.
…ritenta.
E arriviamo ai giorni nostri. Negli ultimi due anni l’industria sta accettando l’idea che la popolazione dei subacquei possa passare al circuito chiuso. PADI ha dato la sua approvazione, e questo ha spinto alcune ditte produttrici a sviluppare nuovi modelli progettati in modo specifico per i subacquei ricreativi (opposti ai subacquei tecnici).
Il primo è stato il Poseidon Mk V1 Discovery, ma ultimamente la Hollis (Oceanic) si è buttata in campo con l’Explorer. Altre ditte stanno alla finestra, pronte a combattere se questi pionieri sapranno conquistare il mercato ricreativo.
Due domande chiave
A questo punto i subacquei attenti si chiedono due cose.
La prima domanda è: Cosa c’è di tanto diverso in questi nuovi modelli che possa spingere la comunità dei subacquei ad abbandonare le sue riserve sui rebreather?
I nuovi modelli sono compatti e relativamente leggeri, confrontati con i modelli dei tecnici. Detto questo, dobbiamo aggiungere che sono sempre pesanti come una bombola a circuito aperto, e che le correnti procedure di addestramento richiedono espressamente di portare un bombolino di sicurezza a circuito aperto se si programma un’immersione con rebreather oltre i 20 m di profondità.
Più importante, i nuovi modelli sono progettati in modo da minimizzare la probabilità che il subacqueo commetta gli errori che hanno portato a fatalità in passato. Queste unità a circuito chiuso si controllano da sole, sanno se stanno funzionando bene o no, informano immediatamente l’utente in caso di problema. Problema a cui il subacqueo reagirà in base al suo livello di addestramento.
I nuovi modelli sono anche meno costosi dei rebreather tecnici, anche se il loro prezzo attuale, attorno ai 4000 euro, non è certo economico. Le ditte produttrici si stanno organizzando anche per costituire una rete di assistenza internazionale.
La seconda domanda che i subacquei si pongono è: Perché dovrei passare al circuito chiuso se non mi interessa la subacquea tecnica?
Il rebreather è incredibilmente tranquillo. La miscela che respiriamo è calda, il tempo di fondo è più lungo di quello permesso da un 15 litri caricato a Nitrox, e senza decompressione. L’impatto sull’ambiente è ridotto, se pensiamo che non stiamo soffiando esplosive nuvole di bolle ad ogni espirazione.
Sebbene sia difficile dire come le diverse forme di organismi marini reagiscano alla nostra presenza (dopo tutto rimaniamo sempre grossi e strani animali) quello che posso dirvi è che l’unica volta che sono stato avvicinato da un delfino selvatico sott’acqua stavo respirando a circuito chiuso!
È la soluzione giusta per me?
Se sei un subacqueo relativamente novizio che vorrebbe un’attrezzatura più piccola, leggera, semplice da usare e conveniente in alternativa alla bombola standard, allora la generazione attuale di respiratori a circuito chiuso NON soddisferà i tuoi bisogni. Sono ancora più complicati, scomodi, richiedono molto più tempo per la preparazione rispetto a un’unità standard a circuito aperto e molta attenzione nell’uso, anche se il rebreather si tiene monitorato da solo (in parte).
Se invece sei un subacqueo di una certa esperienza, sei stato attratto in passato dai primi rebreather che hai scartato per il costo, la complessità e la legittima preoccupazione per la sicurezza, adesso potrebbe essere il momento per dare una seconda possibilità alla tecnologia.
Vedrai che, in cambio di qualche cura amorevole e attenzione extra, riceverai dalla tua attrezzatura molto di più in termini di libertà sott’acqua, di tempo e di erogazione di gas. E chissà che questo non sia il precursore di una rivoluzione della subacquea? Forse allo stesso modo in cui il Walkman ha preparato la strada per l’iPod!
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