Un gruppo internazionale di scienziati ha puntato l’indice contro 66 specie animali e vegetali, non ancora stabilite in Europa ma che molto probabilmente ci arriveranno nel prossimo decennio, ponendo una concreta minaccia per la biodiversità della regione.
Tra queste 66, 8 sono definite a rischio molto alto, 40 sono ad alto rischio e 18 a medio rischio; e includono piante terrestri, invertebrati terrestri, specie marine, invertebrati di acqua dolce, vertebrati.
Tra le 8 specie a rischio molto alto segnaliamo la presenza di Plotosus lineatus, il pesce gatto marino striato. Originario dell’Indo Pacifico, è già stato segnalato in Mediterraneo, probabilmente penetrato attraverso il Canale di Suez, dal 2002. Si è ambientato lungo le coste israeliane. Ha degli aculei velenosi (non mortali, ma la sua puntura è dolorosa), vive su fondi sabbiosi e fangosi, dove avanza in banchi molto compatti almeno in fase giovanile.
Mangia di tutto, altera la biodiversità entrando in competizione con le specie locali e costringendole a spostarsi.
Altre specie marine rientrano nel gruppo delle 8, e cioè l’alga verde Codium parvulum, il gasteropode Crepidula onyx, il bivalve Mytilopsis sallei.
Ben 4 specie su 8 sono marine, le prime 2 sono già presenti nel Mediterraneo orientale, le altre due, partite dalla costa occidentale del continente americano, stanno facendo danni in estremo oriente e si avvicinano a grandi passi. Insomma, tempi duri sono in vista per un Mediterraneo che ormai dobbiamo pensare in trasformazione, o parte di una trasformazione globale. Verso cosa? Ognuno può fare le proprie predizioni, ma solo il tempo darà una risposta definitiva.
Secondo l’opinione di chi scrive, il cambiamento delle biocenosi è conseguenza di cambiamenti indotti o accelerati dall’uomo (leggi ampliamento del canale di Suez, cambiamento climatico), che comunque produrrebbero estinzioni o spostamenti di specie locali, quindi un calo della biodiversità. In questo quadro il minimo che possiamo aspettarci è che specie di origine tropicale si trasferiscano in Mediterraneo, andando a riempire uno spazio che si sta svuotando per altre ragioni. Fenomeno positivo o negativo? Difficile dirlo, sicuramente è la logica conseguenza dei nostri comportamenti.
Per chi volesse approfondire, il lavoro originale pubblicato dalla rivista scientifica global change biology è on line qui: https://onlinelibrary.wiley.com/doi/full/10.1111/gcb.14527
Parlando di alieni (clandestini)
Approfittiamo per ringraziare i moltissimi lettori di scubaportal e scubazone che anche nel 2018 hanno voluto segnalarci gli avvistamenti di specie aliene, che abbiamo definito clandestini.
La specie oggetto del maggior numero di avvistamenti si conferma Aplysia dactylomela, la lepre di mare ad anelli, segnalata in tutto 57 volte, anche in stazioni poste a nord rispetto ai limiti conosciuti, come l’isola d’Elba, Migliarino, l’Istria. Segue a quota 12 il granchio Percnon gibbesi, segnalato ormai anche dal ponente ligure (l’ho visto personalmente a Celle Ligure). Le due specie si confermano ormai radicate nei mari meridionali e in espansione inarrestabile verso nord. La grossa lumaca e il granchio sono evidentemente appariscenti, e osservabili anche da chi fa snorkeling. Meno segnalazioni riguardano i pesci, solo 3 per Fistularia commersoni, 1 per Siganus luridus.
Da notare che nei commenti che accompagnano le segnalazioni molti lettori annotano la bellezza dell’animale osservato. Stiamo parlando di specie aliene, che in qualche modo minacciano l’integrità del nostro ecosistema, ma quello che trovo interessante è che la maggioranza sembra accettare che un cambiamento è in corso, che possiamo fare poco per fermarlo, e si sofferma piuttosto sull’indubbio valore estetico dell’ossservazione.