Da 2.400 anni riposava indisturbata sul fondo del Mar Nero, a duemila metri di profondità e a poche miglia dalla costa bulgara. Praticamente intatta, come congelata nel tempo.
Era una nave commerciale di oltre venti metri di lunghezza, di epoca greca classica, usata probabilmente per trasportare merci dalla Grecia alle colonie sulla costa del Mar Nero.
È stata scoperta da un’équipe di archeologi anglo-bulgari per il Black Sea Maritime Archeology Project (MAP), coordinati dal professor John Adams.
Il relitto ha una forma che ricorda da vicino l’imbarcazione raffigurata nel Vaso della sirena, conservato al British Museum di Londra, che risale più o meno allo stesso periodo e ritrae Ulisse legato all’albero maestro di una nave mentre ascolta il canto mortifero delle Sirene.
Del relitto sono rimasti intatti l’albero maestro, i timoni, le panche utilizzate dai rematori e, sembra, parte del contenuto della stiva – che però è ancora sconosciuto. Una nuova spedizione sarà organizzata per proseguire le esplorazioni.
Il grosso lavoro in immersione è stato fatto da due Rov (Remote operated vehicle), che hanno scattato immagini, filmato, misurato la nave e prelevato un campione per eseguire la datazione usando gli isotopi radioattivi del carbonio. Gli archeologi hanno poi utilizzato la fotogrammetria, una tecnica che, combinando precise misurazioni delle dimensioni del relitto da diversi angoli e migliaia di fotografie, permette di creare un’immagine tridimensionale dettagliata.
Il Mar Nero, tomba del relitto di 2400 anni
Il Mar Nero è un ottimo posto per ritrovare relitti antichi: in passato sono stati esplorati una nave dell’impero bizantino, un’imbarcazione ottomana e diversi natanti veneziani, probabilmente affondati intorno al XIII secolo, tutti in sorprendentemente buono stato di conservazione. Quello che garantisce la conservazione dei relitti ha a che fare con le particolari caratteristiche idrogeologiche del mar Nero, un bacino chiuso che comunica col Mediterraneo attraverso il sistema Bosforo – mar di Marmara – Dardanelli.
Il Mar Nero riceve circa 350 km³ l’anno di acque dolci da parte dei grandi fiumi europei (tra cui il Danubio, il Dnepr e il Buh Meridionale), e circa 300 km³ per le precipitazioni, contro circa 350 km³ di evaporazione. Questo determina un bilancio idrico positivo di 300 km³ di acqua dolce (che in parte si riversa nel vicino mar Egeo), e la diluizione dell’acqua superficiale del mar Nero, che è salmastra (17 per mille di salinità).
L’acqua salata del Mediterraneo che entra dal Bosforo è molto più densa e pesante rispetto all’acqua superficiale del mar Nero, per cui scorre al di sotto e i due strati non si mescolano mai. Li separa un picnoclino, una differenza di densità, che si trova a 100-130 m di profondità. Al di sotto il mar Nero (che arriva attorno ai 2000 m di profondità) è un grande bacino anossico, cioè privo di ossigeno, e quasi privo di vita. L’ossigeno che entra con l’acqua mediterranea è consumato dai processi di decomposizione, non è rinnovato da acque superficiali che sprofondano (come avviene in Mediterraneo e in tutti gli oceani), e ci sopravvivono solo pochi solfobatteri, che ricavano energia dalla riduzione dei solfati a solfuro di idrogeno (H2S).
Proprio la scarsissima presenza di microrganismi e di ossigeno permette la conservazione di manufatti e scafi di navi risalenti a migliaia di anni fa. In Mediterraneo le navi di legno di solito si decompongono velocemente, a meno che siano sepolti sotto uno strato di sabbia anossica.
Un filmato sulla scoperta, purtroppo in Inglese.