…da qualche parte nello stretto di Tiran…
Le bombole sbattono sul ponte dell’Asala provocando un tintinnio stranamente musicale mentre le onde spinte dai venti ci fanno barcollare. La prua della barca è rivolta verso l’isola di Tiran dove secondo il nostro anziano ed esperto comandante Khamis (Giovedì in arabo) a ridosso di alcuni reef da lui conosciuti le acque si placheranno. Boh! Convinto lui. Nel frattempo io, Mido e Isham i due marinai tuttofare ci scambiamo sguardi ironici osservando i passeggeri che sono già da un pezzo in preda ai conati di vomito e più di qualcuno è appoggiato al parapetto a pasturare i pesci.
Sto pensando soddisfatto al culo che ho a non soffrire il mal di mare quand’ecco che la mia giornata prende una piega inaspettata. Robertino detto Shaqush (martello in arabo/egiziano) l’altra guida subacquea mi si avvicina con ghigno sinistro comunicandomi tranquillamente che toccherà a me andare a fare l’ormeggio a nuoto in superficie non appena saremo arrivati sul sito d’immersione. Te pareva che lui con questo mare grosso non ci vuole andare. In un diving però si sa che le gerarchie sono sacre e io l’ultimo arrivato.
Penso: ”Oggi non la vedo bene” ma tant’è e poi qualche shamandura l’ho già fatta… almeno con la fantasia.
Siamo in prossimità dell’isola. La Asala rallenta, il motore diminuisce i giri, cala lo sciabordio delle onde sulle fiancate della barca e si sentono più nitidi i lamenti (a dire il vero mai cessati) dei passeggeri “vomitanti”. Con la muta da 5 millimetri addosso e le pinne in mano guardo titubante il raìs prima di tuffarmi.
”Ialla Baolo (vai Paolo)! Shamandura in the reef! Cullutamam (tutto bene)?!”
Dice da sotto i baffoni vedendomi alquanto perplesso e scambiando come quasi tutti gli egiziani la B con la P.
“Tamam (bene)!”
dico io mentendo con in mano la grossa cima senza essere troppo convinto di quello che devo fare esattamente.
Mi tuffo e mi rendo subito conto che le onde e la corrente che lambisce il reef sono insidiose e avvicinarsi all’anello d’acciaio dove legare la cima non sarà affatto semplice. A guidarmi a voce dalla barca (oramai a una trentina di metri da me) ci pensa Mido. Una garanzia… a preparare il pranzo però.
“Shimel Baolo (sinistra)! Shimeeel!”.
La sua voce si perde nel vento e con le onde che mi fanno arrancare ho già il fiato corto e riesco soltanto a vederlo che si sbraccia dalla barca ad indicarmi un punto sui coralli emersi dove ci dovrebbe essere questo benedetto anello!
Intanto sul parapetto a tribordo della Asala oramai si è formato un capannello a fare il tifo per me… anche quelli che vomitavano. Trovato il grosso anello d’acciaio incomincio a fare un nodo ma la cima è grossa e non combino granchè! Mido e Isham sono sempre là che urlano a squarciagola e io mi sto innervosendo.
Esasperato, con le ultime forze che mi restano e con la cima ancora in mano mi riavvicino all’Asala sperando di capirci qualcosa in più ed ecco che sento, anzi mi sembra di sentire che dicono: “Dublino Baolooo! Dublinooo!”.
“Dublino?!?” Ripeto io: ”e che cacchio è?! Un nodo irlandese?! Boh?!”.
Dalla barca vedo un via vai di gente agitata, sbracciamenti e ampi gesti con le mani che in quel momento per me sono peggio dell’arabo! Mi arrendo.
Ora a soli 10 metri da me il raìs e Mido mimano un gesto: una cima che senza fare nodi entra ed esce da un’asola. Mi viene un colpo. Dovevo fare un doppino! Altro che Dublino!
Faccio loro il segno dell’ok e ritorno mesto verso i coralli con la grossa cima in mano per passarla dentro l’anello e far ormeggiare quindi la Asala. ”Mafish mustela (nessun problema) Baolo!”
Già appunto e anche questa è andata…
Raconto di Paolo Degano – Disegno di Alessandra Quaroni