Autore: Sergio Loppel
Oggi che siamo nell’epoca del colore, sembra quasi
anacronistico citare il bianco e nero quale vettore del messaggio visivo di un
fatto, o di una situazione, oppure di un racconto.
Soprattutto se dipendiamo dallo stereotipo dell’immaginario generale, la
fotografia in bianco e nero ci suggerisce quasi sempre una motivazione di
interrogativo che ci porta a soffermarci per osservarla più attentamente.
Non c’è dubbio che il colore nella fotografia incanti con immediatezza; che
soddisfi nella sua completezza per l’insieme dell’immagine.
Il bianco e nero invece è più critico e ci costringe ad una maggiore profondità
di sintesi.
La fotografia in B & N infatti ci porta ad un’analisi più attenta dell’immagine,
dove la grafica creata è quella che esalta le sfumature dei grigi.
Forse la fotografia in bianco e nero si dovrebbe chiamare più propriamente
fotografia dei grigi. Infatti sono le innumerevoli gradazioni del grigio
quelle che creano l’atmosfera così espressiva, permettendo di conseguenza di
valutare la particolare profondità dei piani, esaltando così l’acquisizione
visiva, e dunque, generando quella emozionale.
La fotografia in bianco e nero ha il vantaggio di avere
un’insieme di pregi: è semplice e nello stesso tempo complessa.
E’ naturale e inusuale, è emozionale e impassibile, è soprattutto rude e
raffinata nel medesimo tempo.
Io sono nato con la fotografia in bianco e nero e come tutti i fotografi,
all’avvento del colore sono stato abbagliato e trascinato nel vortice delle
tonalità cromatiche. Ma per una cosciente e residua necessità, non ho mai
abbandonato l’abitudine di concentrarmi sul contrasto. Anzi, credo che sia
proprio il dono che possiede il nostro occhio: quello di percepire l’intensità
della luce, che mi ha aiutato, attraverso la percezione del colore, a
comprendere le gradazioni del contrasto.
Infatti, se eliminiamo il colore, è noto che il nostro occhio
aumenta la percezione e la sensibilità alla luce.
Certo la fotografia digitale ha dato un grande aiuto ai fotografi, soprattutto
grazie ai vari programmi di fotoritocco.
E sono proprio questi ultimi che debbo ringraziare, per le mie fotografie
subacquee.
Il bianco e nero è stata una palestra vastissima per coloro che si sono
affacciati alla fotografia nella metà del secolo scorso. E lo è tutt’ora nella
ricerca e nella valutazione emotiva dell’immagine.
Nella fotografia subacquea pare invece scomparso il bianco e nero:
prepotentemente fagocitato dal colore che ne ha assunto quasi ogni indirizzo.
Eppure, sopratutto per il fotografo da reportage, il bianco e nero potrebbe
essere la scelta per incrementare sensibilmente quel senso drammatico al
racconto che ne evidenzia il messaggio, un messaggio spesso più convincente
delle parole.
Trattando di tecnica fotografica, ci si dimentica spesso di
sottolineare come il bianco e nero possieda la sensibilità di mettere in
evidenza il suo discostamento dalla fotografia a colori, soprattutto per quella
tecnica di astrazione che lo pone nell’orbita di un esistenzialismo
assolutamente formale. Si potrebbe addirittura paragonare la fotografia in
bianco e nero, naturalmente con i dovuti distinguo, ad una forma d’arte
tridimensionale, che mette in evidenza, come capita per la pittura, gli
indirizzi delle varie correnti artistiche.
Io credo che la fotografia subacquea potrebbe acquisire una notevole spinta
dalla sua evoluzione, naturalmente se il fotografo arrivassero al dialogo
dell’immagine, facilitando così gli interlocutori al raggiungimento
dell’interpretazione.
E a questo proposito vorrei sottolineare come la fotografia, quella in generale,
sia un tramite che permette di dialogare con il prossimo senza la necessità
della parola, mentre l’interpretazione fotografica è la personale espressione
che impone il dialogo della parola.
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