Autore: Marisa Cecchetti
Quindici anni di immersioni nei migliori mari del mondo, 350
dives rigorosamente registrati sul log-book, ormai avevo visto di tutto ad
eccezione dello squalo bianco che forse è meglio lasciare in pace.
Ogni volta che mi immergevo mi emozionavo sempre anche se negli ultimi anni
avvertivo un lieve dolore lombare dovuto ad un’ernia discale.
Eppure l’acqua (calda) è il mio elemento naturale da sempre e non posso
rinunciarvi.
Ho quindi cercato qualcosa di più adatto alle mie capacità fisiche, qualcosa di
nuovo che fosse all’altezza delle belle emozioni provate fino ad ora in
immersione.
L’uomo proviene da un ambiente liquido e solo in questa dimensione riesce a
tornare alle sue origini, a capirsi, a leggersi dentro, ad essere se stesso.
Il recordman di apnea Umberto Pelizzari descrive questa disciplina in una frase
semplice ma efficace:
“…il subacqueo s’immerge per guardare. L’apneista per guardarsi dentro.”
.
Decido di iscrivermi ad un corso di apnea la cui teoria già inizia ad
entusiasmarmi, un po’ meno le gelide acque della piscina dove si svolgono gli
allenamenti faticosi ma divertenti.
Vorrei apprezzare di più quei momenti meditativi di apnea statica quando si
immerge soltanto il viso a pelo d’acqua, si fissa un punto della pavimentazione
della piscina, si pensa alle cose fatte durante il giorno o poco prima, oppure
non si pensa a niente per i secondi in cui ci si riesce o, come faccio io, si
recita un mantra avendo la convinzione che possa dare energia e soprattutto
ossigeno a tutto il corpo. Ma il freddo limita il rilassamento necessario per
questa pratica.
Il caso ha voluto che all’EUDI del 2013 conoscessi un recordman di apnea, Mike
Maric, specializzato in immersioni, che in apnea vengono meglio definite come
tuffi, con monopinna.
Scopro tramite il web (grazie ad un
articolo
apparso sul sito di Scubaportal), che esiste la piscina più profonda del
mondo a Bruxelles chiamata Nemo33 e da grande viaggiatrice quale sono decido che
prima o poi ci devo andare. Passano un paio di settimane e vengo a sapere che
Mike Maric tiene uno stage di monopinna di due giorni proprio in quella piscina
dove l’acqua ha una temperatura media di 31°C e la massima profondità è di 35 mt.
E’ tardi ma provo ad iscrivermi: i posti disponibili sono
esauriti ma l’organizzatore decide lo stesso di ammettermi allo stage.
I desideri si avverano sempre!
Il giorno prima della partenza avverto dolori allo stomaco accompagnati da
bruciore e nausea ma nonostante ciò decido di partire lo stesso tanta è la
voglia di scrutare le profondità di quella piscina.
Il viaggio tecnicamente va bene, ma devo combattere con il continuo malessere
gastrico che non mi permette di mangiare nulla ad eccezione di un po’ di pane
biscottato.
Raggiungo in tram a Bruxelles l’edificio della piscina e nonostante mi regga a
malapena in piedi a seguito della pressione bassa e forse anche di un po’ di
febbre, mi emoziono davanti a quella scritta: Nemo33…
All’ingresso vi è un ristorante raffinato dove gli ultimi ospiti terminano il
loro pranzo seduti ai tavoli illuminati dall’azzurro delle finestre dalle quali
si osserva il fondo della piscina. Le bolle che si vedono salire oltre le
finestre sono quelle di alcuni subacquei che in quel momento stanno facendo
pratica o semplicemente il battesimo in questo caso della piscina.
Per arrivare ad una profondità di 35 mt la struttura inizia dall’alto per alcuni
metri fino ad arrivare un po’ sotto terra. Internamente è costituita da gradini
di varia profondità che consentono lo svolgersi delle diverse attività sportive
organizzate dal centro.
Quando tutti gli iscritti allo stage sono presenti veniamo dirottati
nell’attrezzata aula corsi dove in pochi minuti ci dividono in 3 gruppi:
-
Gruppo Ilaria Bonin (record di monopinna e rana
subacquea) che spiega le tecniche di movimento attraverso delle vasche a
nuoto con pinne normali e snorkel; -
gruppo Giampiero Genovese (istruttore di Apnea Academy e
organizzatore dell’evento) che insegna i vari metodi di compensazione alle
boe i cui cavi arrivano a 10 mt di profondità; -
gruppo Mike Maric per i tuffi con monopinna a 35 mt.
Così strutturato il corso risulta composto da tre fasi
propedeutiche adatte anche a chi come me ha solo un paio di tuffi a 5 mt in
buca, ma il caso ha voluto che il mio gruppo iniziasse proprio dalla fase n. 3!
Raggiungiamo quindi la piscina che dalla superficie si capisce non essere molto
estesa.
In fondo alla sala ci sono cassette piene di pinne, gav, erogatori e bombole
tutti perfettamente allineati ma che non verranno usati in questo contesto.
Mi avvicino al bordo vasca della zona buca -35 dove c’è già Mike. Entrambi
allunghiamo il collo per scrutare questo enorme e circolare buco color blu
profondo che non ha fine, resto ben incollata con i piedi al pavimento quasi
timorosa di cadere nel vuoto e mi stupisco del medesimo atteggiamento di Mike
che dimostra una grande spontaneità nel godere di quella che anche per lui è una
novità.
A dire la verità ho un po’ paura anche perché non ci sono scalette in superficie
a cui aggrapparsi e nemmeno gradini a poca profondità su cui appoggiarsi.
Mi preparo, metto le pinne da snorkel, la maschera e scendo lentamente dal
bordo.
L’acqua è calda, lo stomaco si sistema e non ho più nausea e mi sento forte.
Sono eccitata e non vedo l’ora di scendere.
Mike ci dice di prendere confidenza con l’acqua cosa che fa anche lui e a gruppi
scendiamo in apnea pinneggiando normalmente.
Il tunnel profondo
La vasca è luminosa e scendendo a testa in giù con il viso
rivolto verso la parete, vedo scorrere veloci le piastrelle azzurre e controllo
la continua compensazione che devo eseguire.
Arrivo fino a 15 mt, il limite prima di entrare nel tunnel blu, e decido di
tornare su un po’ per timore, un po’ perché devo continuamente mandare aria
nella maschera per evitare che si appiccichi al viso per via della pressione
dell’acqua e così ne resto senza io. Ma 15 mt per me sono una grande conquista.
Al secondo e terzo tuffo riesco ad andare oltre con più tranquillità quindi
decido di mettermi la monopinna.
Iniziare così senza alcuna conoscenza tecnica è molto azzardato e in effetti al
primo tuffo arrivo a circa 4 metri piroettando, facendomi trascinare dalla
monopinna in quanto non riesco a governarla.
Ma nei tuffi successivi mi rendo conto che un deciso movimento del bacino, le
braccia lunghe oltre la testa e l’idea di essere un delfino mi permettono di
raggiungere i 18 mt con solo poche pinnate ed è subito emozione forte: quel buio
profondo non incute più terrore, lo sento amico e vicino al mio primitivo stato
embrionale.
Non percepisco il disagio della profondità in quanto l’acqua calda confonde i
limiti del mio corpo che diventano un tutt’uno con l’ambiente circostante e
vorrei stare là sotto più tempo possibile.
I tuffi successivi e del giorno dopo vengono eseguiti con maggiore disinvoltura
da parte di tutti i partecipanti anche grazie alle esaurienti spiegazioni e agli
utili esercizi degli step 1 e 2 del percorso dello stage; è in questi momenti
che provo la dinamica orizzontale fermandomi a 15 mt e girando attorno alla
vasca come un delfino intrappolato in un acquario, osservando i compagni del
secondo step in alto a 10 mt intenti ad esercitarsi con la compensazione e le
persone incuriosite che pranzano al di là delle finestre azzurre. Mi sento
tranquilla e ogni volta risalgo con estrema calma fermandomi diversi secondi
dopo ogni mono-pinneggiata per sentire fluida l’elevazione del mio corpo verso
la superficie.
Vedute dal ristorante
Quella sera a cena al ristorante della Nemo33 guardando i
subacquei immersi nella piscina attraverso le finestre mi rendo conto di essere
andata oltre le emozioni già conosciute con la bombola, che era arrivato per me
il momento di cercare qualcos’altro in acqua, di godere della libertà di
movimento senza attrezzatura anche se solo per pochi secondi continuando a
sentirmi bene nel mio elemento naturale e con maggiore consapevolezza.
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