Autore testo e foto: Sonia Quagliarulo
Oltre centodieci subacquei si sono ritrovati lo scorso 2
marzo a Siracusa per discutere di patologie da decompressione. Occasione, il
seminario su “PDD: cause, effetti e metodi di prevenzione” tenuto da
Andrea Neri, Tecnichal Instructor Evaluator e Direttore di EMDE. Sede
del convegno, il Consorzio dell’Area Marina Protetta del Plemmirio, a Castello
Maniace nell’isola di Ortigia, cuore antico di Siracusa. Alla relazione, dopo il
benvenuto del direttore dell’Area marina protetta Vincenzo Incontro hanno
partecipato Enzo Maiorca e sua figlia Patrizia, campioni mondiali
di apnea e siracusani doc.
Andrea Neri (a sinistra) e Enzo Maiorca (a destra)
Per oltre due ore Andrea Neri ha tenuto incollati alla
poltrona i partecipanti parlando di leggi fisiche applicate alla fisiologia
subacquea, di perfusione, diffusione e PFO, deep stop, safety stop e ancora best
mix e bad mix (l’aria, non a caso) impiego e vantaggi di nitrox e trimix. E
ancora. Si è discusso delle reazioni bioumorali del corpo umano in presenza di
microbolle, alla loro corretta eliminazione, al primo soccorso e ai
condizionamenti psicologici dell’infortunato, agli errori da evitare e alle
procedure da applicare.
Una relazione vasta e articolata con slides e filmati come
quello in cui si sentono nettamente transitare le bolle che – ha detto Neri – “è
preferibile avere solo in un buon bicchiere di prosecco a tavola”. Insomma,
per farla breve, oggi le bolle si possono e si devono ridurre ai minimi termini.
Basta pensarci per tempo, con un’immersione ben pianificata, respirando la
miscela respiratoria “più gradita all’organismo”, rispettando i tempi e – dulcis
in fundo – effettuando una risalita lenta con pluri safety stop od eventuale
decompressione. Sono lontani i tempi della subacquea pionieristica e le
conoscenze tecniche e scientifiche ci permettono di scendere in mare in
sicurezza, a patto di conoscere e rispettare le regole che governano le
immersioni e i limiti personali di ognuno di noi. Troppe volte gli errori in
mare – e Maiorca annuiva in mezzo ai sommozzatori della Marina Militare – sono
solo il frutto del nostro io ipertrofico. Come se immergersi, esplorare e godere
delle meraviglie del mare avesse perso il suo senso originario per trasformarsi
solo in una gara di profondità fine a sé stessa.
Ma non tutti i subacquei sono uguali. E non tutti hanno la stessa competenza,
esperienza, acquaticità e soprattutto mentalità. Una difficoltà a 10 metri può
rivelarsi semplice da risolvere ma a 50 metri e oltre potrebbe rivelarsi fatale.
Regole che spesso sono infrante sull’altare del proprio ego o ad esempio per
volere emergere prima degli altri eseguendo decompressioni opinabilmente più
brevi. Quasi che la decompressione sia solo tempo perso e non un vero e proprio
investimento sulla nostra salute, sulla nostra sicurezza. E tra tabelle,
algoritmi, e software decompressivi, molti hanno apprezzato – pur stupiti da
tanto rigore didattico – il sistema delle safety stop o soste di
sicurezza durante la risalita. Un metodo questo sviluppato da Andrea Neri con
un’equipe medica diretta dal dottor Luca Morelli, medico subacqueo e
iperbarico, monitorando col sistema doppler l’eventuale presenza di bolle dopo
un certo numero d’immersioni campione. Un sistema approvato da EMDE e applicato
anche nelle immersioni in curva di sicurezza consistente nella sosta di un
minuto a nove metri, cinque minuti a 6 metri con emersione a un metro al minuto.
Una metodologia conservativa che si può intravedere in recenti tabelle
d’immersione. Questo tipo di riemersione lenta con la decompressione frazionata
riduce in modo significativo la possibile formazione di bolle.
Altro argomento che ha catalizzato l’attenzione dei presenti è stato quello
della deep air. “Le immersioni profonde, molto profonde ad aria che ho
fatto per molti anni – ha sottolineato Neri – oggi costituiscono un
innegabile anacronismo”. Non ha senso continuare a utilizzare l’aria come
miscela respiratoria quando – a seconda del tipo d’immersione – si può scegliere
tra nitrox, trimix o helitrox. L’aria dunque – una provocazione in piena regola
per molti dei presenti – non dovrebbe essere impiegata nelle immersioni
subacquee e in particolare nelle immersioni profonde.
In questo modo si eviterebbe anche tutta una serie di problematiche legate alla
narcosi d’azoto, il killer perfetto dei sub come amava definirla
Schilling, perché non lascia traccia.
Gli istruttori inoltre dovrebbero promuovere l’utilizzo di miscele
alternative e i subacquei dovrebbero pretenderne la diffusione. Ma l’aria è
il gas che costa meno, il più facilmente reperibile, due fattori irresistibili
per molti appassionati. Perché dobbiamo mettere a rischio la nostra sicurezza?
Che prezzo diamo alla nostra salute?
Al seminario sulle Patologie da decompressione ha preso parte anche l’Ammiraglio
Roberto Camerini, comandante di MARISICILIA.
Inedito e coinvolgente il confronto finale tra Andrea Neri ed Enzo Maiorca sulle
diverse tecniche di compensazione, dal più diffuso metodo Valsalva al
Marcante-Odaglia. Una bella occasione per ritrovarsi insieme in nome di quella
grande passione che è la subacquea. Per un mare che, come diceva il grande
Duilio Marcante, va conosciuto e soprattutto rispettato.
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