Autore: Avvocato Francesca Zambonin – www.avvocatozambonin.it
Capita frequentemente tra gli appassionati di subacquea di organizzare un raduno al mare o al lago per effettuare un’immersione in compagnia, senza appoggiarsi a strutture professionali, ma ‘partendo da riva‘.
E’ un dubbio frequente se, in caso di incidente subacqueo in occasione di questi raduni, qualcuno dei soggetti partecipanti (ad esempio, l’organizzatore, oppure il subacqueo più esperto, oppure, ancora, quello che ha il brevetto di istruttore pur non svolgendo – in quella specifica circostanza – il ruolo di istruttore) possa ritenersi responsabile dell’accaduto ed essere quindi chiamato in sede penale e/o civile a rispondere del danno subito dall’infortunato o ai parenti della vittima, nel peggiore dei casi.
La risposta a tale quesito non può essere univoca perché in ciascuna circostanza sarà necessario analizzare approfonditamente l’esatto svolgimento del raduno, le modalità di esecuzione dell’immersione e le circostanze in cui si è verificato il sinistro, al fine di stabilire se ed in quali termini esista una responsabilità a carico di qualcuno dei partecipanti.
Un caso di questo tipo è stato portato all’attenzione dei Giudici arrivando fino al vaglio della Corte di Cassazione: si propone quindi un breve commento – a firma della penalista Avv. Floriana Maio – di detta sentenza (sezione IV penale, sentenza 11 ottobre 2011, n. 43640).
Commento di Avv. Floriana Maio
Nel caso in esame, la Suprema Corte conferma le sentenze dei giudici di merito, che avevano assolto l’imputato, ritenendo che costui non avesse assunto alcun “obbligo di garanzia” nei confronti degli altri partecipanti un’immersione subacquea, trattandosi, semplicemente, di una escursione ricreativa, svoltasi tra amici, tutti esperti sub.
Pertanto, nessun rimprovero, neppure di semplice leggerezza, può essere mosso all’imputato, che non avendo assunto alcuna posizione di garanzia, non aveva alcun obbligo giuridico di impedire l’evento ex art. 40, comma 2 c.p. (“non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”).
La pronuncia in commento muove da una censura per violazione di legge ex artt.40, 43 e 589 c.p. della sentenza della Corte di Appello di (Omissis) che confermava la sentenza di assoluzione con formula piena, perché il fatto non sussiste, nei confronti di L.M. del Tribunale di (OMISSIS).
Fin da subito, l’imputato era stato indicato dai familiari della vittima e dall’Accusa come principale responsabile per la morte dell’amico Z.E., in quanto considerato il più esperto e punto di riferimento della scuola di diving frequentata da tutti i coinvolti…
Articolo integrale pubblicato su Il Tuo Legale.it e su ScubaZone n.3
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