Autore: Giacomo Mongodi
Racconta Omero, circa le origini del mondo, che Oceano è “l’origine di tutto”, “l’origine degli dei” e che Oceano continua a scorrere agli estremi margini della Terra in circolo ininterrotto, segno della sua inesauribile potenza generatrice.
Le più recenti teorie evoluzioniste indicano proprio nelle profondità degli oceani le condizioni probabili per il sorgere della vita sul nostro pianeta. Ma, nonostante i molti secoli passati e la conquista della Luna, l’uomo non è ancora padrone di quella immensa placenta (70,8% della superficie terrestre) dalla quale è nato. Deve accontentarsi di brevi incursioni nel mitico regno sottomarino, fonte inestinguibile di attrazione. Per soddisfare il desiderio di entrare in quel fluido spazio seducente, l’uomo si spinge oltre i propri limiti: la diversa respirazione gli impedisce di imitare i pesci e deve scendere in apnea o con una scorta di ossigeno, oppure trascinarsi un cordone ombelicale dalla superficie.
Foto: Massimo Corsico
La permanenza in acqua è condizionata dalle proprietà del liquido: densità 800 volte maggiore dell’aria, viscosità 60 volte maggiore, conduttività termica 25 volte più alta. Di conseguenza il movimento è problematico, dispendioso, la regolazione termica esposta alle variazioni esterne.
L’udito non si fonda più sulla conduzione aerea, ma su quella ossea, con perdita della capacità di discriminare intensità e origine spaziale del suono. L’apparato vestibolare risente delle variazioni di pressione, delle continue oscillazioni del corpo e della perdita del consueto senso di equilibrio, che aumentano proporzionalmente con l’aumentare della pressione e con la mancanza di punti di riferimento.
L’equipaggiamento (muta isolante, bombole, piombi antigalleggiamento…) determina un aumento ponderale, con ulteriore impaccio nei movimenti, e la perdita parziale di sensibilità cutanea; anche la maschera migliore limita il campo visivo, mentre l’interfaccia aria/acqua lo distorce.
La visione, oltre a essere alterata da un effetto lente d’ingrandimento, è limitata a poche decine di metri nei casi migliori, mentre con la profondità diminuisce la luminosità, con perdita progressiva di colori. Ciononostante la vista rimane l’organo di senso principalmente utilizzato.
L’esplorazione subacquea induce importanti alterazioni dell’esperienza quotidiana e considerevoli modificazioni sensoriali, cui volontariamente e con entusiasmo il sub si sottopone per realizzare la fantasia primordiale di poter nuotare con i pesci, nostri antenati prima del salto sulla terraferma.
Inoltre, l’immersione avvicina per un breve tempo il sub a esperienze estreme, caratterizzate principalmente dall’isolamento relazionale e sensoriale (navigatori dispersi, esploratori solitari o in regioni desertiche, camionisti notturni, aviatori d’alta quota, astronauti…).
La privazione sensoriale, la modifica del fondo continuo delle percezioni introduce una serie di alterazioni psicofisiologiche. Fin dagli Anni Sessanta sono stati condotti esperimenti per studiare le reazioni dell’organismo in situazioni di deprivazione sensoriale, utilizzando soggetti immersi in buie vasche d’acqua oppure infilati in apparecchi per la respirazione artificiale.
Paul-Claude Racamier (Di psicoanalisi in psichiatria, 1979) scrive: “le modifiche dell’attività intellettuale, del pensiero e delle funzioni di adattamento percettivo-motorio sono gli effetti più regolari della carenza sensitivo-sensoriale“. Negli esperimenti prolungati a due-tre giorni si ottiene una diminuzione dell’attenzione, del potere di concentrazione e di focalizzazione del pensiero, fino alla rinuncia del pensiero volontario, in una sorta di vuoto ideatorio. L’immagine del corpo e il senso d’identità personale sono alterati fino alla comparsa di stati passeggeri di depersonalizzazione (senso di distacco da quanto sta intorno, incapacità a provare sentimenti, sentimento di essere diverso, strano, irreale, ma non ancora “altro da Sé”, sentimento di non sentirsi più unitario), fenomeni indotti anche dalle sostanze allucinogene.
Le modifiche sono sempre peggiorative rispetto allo stato di coscienza ‘normale’, nel senso del deficit funzionale. Questa condizione può essere paragonata ai margini indistinti tra la veglia e il sonno. La riduzione o la perdita degli stimoli del mondo esterno produce uno spostamento dell’equilibrio tra dati della realtà esterna e stimoli endogeni, provenienti dal corpo, a favore di questi. Sono i requisiti che portano al sonno, al mondo dei sogni. Il fenomeno allucinatorio, un’allucinosi sempre criticata, è infatti l’effetto “spettacolare” dell’isolamento, cui corrisponde un’alterazione elettroencefalografica.
La condizione psicologica del sub può essere pertanto caratterizzata da alterazioni dell’umore e dell’affettività (esaltazione, aggressività, irritabilità, euforia), alterazioni dello stato di coscienza (atteggiamento contemplativo, amnesia o diminuzione della memoria, difficoltà di concentrazione e di attenzione, incertezza), alterazione dei fenomeni percettivi e psicosensoriali (disorganizzazione della percezione del tempo, mutamenti nel contrasto figura-sfondo, illusione di levitazione, idee fisse), disturbi motori (goffaggine, deterioramento dei movimenti di abilità, rigidità muscolare, disturbi della coordinazione, tremori). L’elenco può risultare allarmistico, ma chi ha effettuato immersioni in mare sa quanto sia costante una modifica della consueta attività mentale.
Questo è solamente un aspetto della complessa esperienza subacquea. Altri vengono più o meno consapevolmente ricercati e fanno supporre una relazione di affinità fra mondo onirico e mondo subacqueo: posizione del corpo comoda, distesa, priva di buona parte della forza di gravità; ambiente silenzioso, luci attenuate in progressione verso le profondità; colori esaltati dal fondo cupo; spettacolo meraviglioso e insolito della natura, secondo una prospettiva che solo il volare permette. L’insieme induce una sensazione interiore di pace e di appagamento che è difficile esprimere a parole, un depurarsi dallo stress del quotidiano, una sorta di ringiovanimento della percezione attraverso la regressione alle parti più profonde e arcaiche dell’esperienza, un ritorno all’utero.
Per non scivolare nella condizione narcotizzante, al sub è necessario un costante e prolungato addestramento emotivo e cognitivo, in modo da rendere sicuri e automatici i movimenti e le iniziative indispensabili per non correre eccessivi rischi. Non va infatti dimenticato che la pericolosità dell’ambiente marino cresce in modo esponenziale con la distanza dalla superficie e il sub deve percepire costantemente i confini del rischio. Ciò determina in lui uno stato ansioso, che solo entro certi limiti è stimolante. L’ansia è presente anche nei sub più esperti e quando non lo è può essere foriera di pericoli (è rilevante la percentuale d’incidenti negli istruttori subacquei dovuta a eccesso di sicurezza con calo dell’attenzione durante le immersioni di normale difficoltà). Il mare attira ma inquieta e non a caso altri racconti lo popolano di incubi, di mostri feroci oppure di seducenti sirene. Ulisse, che cerca di evitare il loro canto mettendo cera nelle orecchie e facendosi legare all’albero maestro – secondo la versione omerica – viene trasformato da Kafka nell’eroe che utilizza quegli stessi stratagemmi per non essere invece sopraffatto dal loro silenzio.
È pertanto indispensabile utilizzare astuzie e accorgimenti tecnici che consentano di sfuggire all’attrazione di un’esperienza piacevolmente vertiginosa ma potenzialmente mortifera, per riemergere rinnovati, come succede alla protagonista di quella bizzarra e drammatica immersione nel film di Jane Campion “Lezioni di piano”, avvinta dal canto delle sirene e dal pianoforte che la trascina nell’abisso. L’ascensione liberatoria verso la superficie segna invece l’inizio di una nuova vita.
NOTA
Rielaborazione parziale del lavoro Problemi psicologici nell’immersione subacquea di S. Vender, G. Mongodi e M.D. Rossi presentato al Convegno organizzato dall’Università e dal Policlinico San Matteo di Pavia Pneumologia e Medicina dello Sport – Medicina Subacquea e Medicina Iperbarica – Pavia, 29 ottobre1994.
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