Un tipo di frode alimentare assai frequente in tutto il mondo consiste nel vendere pesciacci poco pregiati con nomi di fantasia che richiamano o addirittura citano senza vergogna nomi di pesci decisamente più pregiati, con danno per il portafoglio del cliente e anche, perché no, per la sua salute.
Secondo studi attendibili 1 pesce su 5 di quelli che comperiamo al mercato porta un’etichetta truffaldina, che porta il consumatore a mangiare tilapia (esempio di “pesciaccio” di poco prezzo, allevato in acqua dolce) credendo di mangiare cernia! E pagandola come una cernia!
Alla ricerca di un rimedio per smascherare le frodi, un gruppo di scienziati USA annuncia, in un articolo nella rivista Journal of Agricultural and Food Chemistry, che sta lavorando a un database delle proteine, capace di identificare con sicurezza il pesce partendo da un campione di carne.
L’analisi del DNA potrebbe dare lo stesso risultato, ma è costosa e richiede apparecchiature che non tutti hanno a disposizione. La molto più economica spettrometria di massa fornisce dei profili di proteine che, come un’impronta digitale, consentono di individuare almeno il genere (es. Thunnus) quando non la specie esatta, a partire da un campione delle carni del pesce. È finita l’epoca dei tranci di verdesca privati di testa e pinne e venduti come tonno o pesce spada!