Autore: Nadia Bocchi
Autori foto: Davide Corengia, Luca Pedrali
Il 26 febbraio Davide, Luca ed io abbiamo organizzato, in collaborazione con il “Progetto Sebino”, l’esplorazione alla sorgente Milesi, ribattezzata “ la ripiegata” in seguito ad un casuale primo tentativo di esplorazione.
Ci sono grandi aspettative da parte del gruppo, tanto da aver mobilitato giornalisti, televisioni, autorità politiche locali e un folto gruppo di amici e speleologi pronti a dare una mano nel trasporto dei materiali; la cosa ci lusinga, ma allo stesso tempo ci fa sentire il peso della responsabilità riguardo l’esito dell’impresa.
Abbiamo fatto una prima immersione raggiungendo un sifone aereo che arriva in una grande sala con un pozzo di circa 10 metri da cui scende una cascata; l’obiettivo di oggi è portare il materiale necessario per mettere in sicurezza la cascata e risalirla con la possibilità e l’augurio che vi sia una prosecuzione.
Davide ed io abbiamo il compito di trasportare gli ingombranti e pesanti materiali (corde, trapano, imbraghi, chiodi e placchette)mentre Luca si occupa come sempre delle videoriprese.
Alla sorgente si accede attraverso un tombino (si tratta di acqua captata), si scende una scala di ferro, si oltrepassa un muretto strisciando lungo uno stretto passaggio e ci si getta direttamente in acqua.
Il sifone subacqueo è lungo 100 metri alla massima profondità di 5 metri, la sezione nei punti più larghi non supera i 2 metri, il passaggio è comunque agevole, tranne a metà percorso dove, a causa di un grosso masso di crollo, vi è una strettoia.
Il livello dell’acqua è insolitamente molto basso, fattore positivo perché la corrente è minima, ma purtroppo sfavorevole poiché la sospensione causata dallo sfregamento delle pesanti sacche di materiale sul fondo fatica a depositare, riducendo da subito la visibilità.
Mentre avanzo mi rendo conto che molti ancoraggi sono saltati, ma le condizioni sono pessime per tentare di sistemare il filo, attenderemo qualche ora oltre il sifone sperando che l’argilla sedimenti.
Usciti dall’acqua, togliamo le bombole, percorriamo il sifone fino alla grande sala circolare da cui scende la cascata.
Davide inizia a risalire la parete in artificiale, mentre io gli faccio sicura e Luca sistema la telecamera e i fari per le riprese esterne. Una volta fissata la corda indossiamo gli imbraghi e risaliamo il pozzo. Davanti a noi si apre un’enorme galleria orizzontale, siamo così felici che urliamo come bambini dalla gioia.
Dobbiamo ottimizzare il tempo quindi, mentre avanziamo, Luca si occupa delle immagini, Davide di appuntare i dati per la topografia ed io davanti tiro la bindella e mi fermo ai cambi di direzione.
La condotta è piuttosto larga, si restringe solo in un paio di punti a causa di massi di crollo.
Sulla sinistra chiude un ramo fossile ricco di concrezioni mentre davanti a noi il passaggio prosegue oltre una strettoia chiudendosi infine su una frana.
Nei due tentativi di esplorazione abbiamo topografato 365 metri totali.
Al rientro siamo euforici, al mondo esiste un posto che abbiamo visitato solo noi tre e, in un presente dove l’uomo arriva nei luoghi più sperduti del pianeta, ci sentiamo dei privilegiati!
Prima di raggiungere il sifone preleviamo alcuni campioni di roccia con dei fossili, si tratta probabilmente di ammoniti.
Il rientro è molto lento, a causa della visibilità ridotta quasi a zero, non lascio il filo, ma in alcuni punti si è infilato in passaggi più stretti, quindi devo ripercorrere mentalmente l’andamento del sifone per capire dove sono e come muovermi.
Sono passate oltre quattro ore da quando ci siamo immersi, all’uscita i nostri amici hanno acceso un falò, ci ristoriamo con cibo e bevande calde condividendo con loro l’emozione dell’esplorazione.
Il sole comincia a calare, carichiamo il materiale e ripercorriamo il lungo sentiero che ci riporta alle macchine con l’intenzione di tornare presto e proseguire oltre la frana.
Un ringraziamento sincero a tutte le persone che ci hanno aiutato.