Forti correnti, ridotta visibilità e bassa temperatura in acqua, vento variabile e mare agitato in superficie. Sono queste le maggiori difficoltà che si possono incontrare nel Mar Baltico.
«Il prossimo mese siamo stati invitati a partecipare ad un safari – mi disse al telefono Massimiliano Canossa, titolare di Nautica Mare Verona – ci sono ancora posti liberi». Ho sempre pensato che il termine «safari» indicasse un’escursione naturalistica presso uno dei grandi parchi della savana. In fin dei conti, il significato originale della parola, nella lingua africana swahili, indica un «lungo viaggio». Perciò mi immaginai già in piedi su di un bel fuoristrada, con la macchina fotografica al collo, il cappello a tesa larga per proteggermi dal sole e un abbigliamento di lino molto leggero per via del caldo torrido. «Tomasz Stachura e Jakub Szelagowski, titolari dell’azienda polacca Santi – proseguì Massimiliano – stanno organizzando un Santi Wreck Safari nel Mar Baltico». Con un pizzico di delusione rimasi in silenzio qualche istante, cancellando in fretta dalla mente gazzelle e leoni. Non avrei mai immaginato, infatti, che il mio primo safari si sarebbe svolto in Polonia, in un ambiente dal clima così diverso da quello sperato e, soprattutto, geograficamente dalla parte opposta rispetto all’Africa!
Destinazione la città di Gdynia, in Polonia: tremila chilometri, per una nuova avventura nel Baltico!
Memore degli oltre tremila chilometri totali, percorsi per partecipare alla Santi Expedition sul relitto della portaerei tedesca Graf Zeppelin, Massimiliano decide di cambiare strategia per intraprendere questo viaggio. «Andremo in aereo – ci informò – noleggeremo le miscele necessarie per le immersioni direttamente sul posto». E così il primo di ottobre, con oltre cinquanta chilogrammi di bagaglio ciascuno, partiamo dall’Italia alla volta di Danzica per poi proseguire in auto sino a Gdynia, una città portuale situata nel Golfo di Danzica, punto di partenza per le nostre immersioni. Gdynia è una delle città turistiche più giovani della Polonia, costruita a partire dal 1921 nel luogo dove una volta sorgeva un villaggio di pescatori. Nel 1939, in seguito all’invasione tedesca, fu rinominata Gotenhafen sino al 1945 quando venne occupata dai sovietici, al termine del secondo conflitto mondiale. Massimiliano ed io, al termine della prima avventura nel Baltico svoltasi nel luglio 2004, proprio nell’ambito di una spedizione ufficiale IANTD, visitammo già questa città per fare alcune riprese video dalla banchina passeggeri da cui salpò il transatlantico Wilhelm Gustloff, con a bordo i suoi oltre diecimila profughi, prima che il suo affondamento provocasse quella che oggi è ricordata come la più grande tragedia del mare. Come in quell’occasione ci riforniamo di miscele e gas da Lukas, titolare del “Centrum Techniki Nurkowej”. Qui ritiriamo i bibombola con volume dodici più dodici litri, contenenti miscele trimix diciotto/quarantacinque, ovvero diciotto per cento ossigeno e quarantacinque per cento elio, ideale l’immersione che prevediamo di svolgere sul ponte di coperta di un relitto posto alla profondità di 66 metri. La scelta di questa miscela è motivata dal fatto che, prefissandoci di contenere il valore della pressione parziale dell’ossigeno inferiore a 1.4 ATA, la profondità equivalente narcotica che otterremo sarà pari a ventisei metri, ciò equivale a dire per un subacqueo tecnico avere grande lucidità mentale sul fondo e nessuna problematica derivante dalla narcosi da profondità. Per le fasi decompressive utilizziamo bombole del volume da undici litri contenenti una miscela nitrox cinquanta, ovvero con il cinquanta per cento di ossigeno e altre del volume da sei litri con all’interno ossigeno puro. A queste si aggiungono le piccole bombole da uno o due litri, contenenti l’argon, il gas da introdurre all’interno delle mute stagne al fine di ritardare l’effetto dovuto dalla perdita di calore corporeo. Il safari, si svolge su alcuni relitti, in prima battuta quello della motonave tedesca M/S Franken. Poiché è diviso in due parti, quella che noi esploreremo è lunga centoventi metri e posta ad una profondità, come anticipato, di sessantasei metri sul ponte di coperta e settantadue metri sul fondo.
Cronaca di un safari nel Baltico
Il fascino del mar Baltico: acque scure e gelide, custodi di molti tesori e relitti sommersi sin dall’antichità.
E’ un mare quasi interamente chiuso situato nell’Europa Nord Orientale che bagna le coste di molti Paesi: Danimarca, Germania, Polonia, Lituania, Lettonia, Estonia, Russia, Finlandia e Svezia. Nel mese di gennaio la parte settentrionale del Golfo di Botnia, la zona costiera fino al Mare di Aland, le parti interne del Golfo di Finlandia e del Golfo di Riga normalmente ghiacciano. La temperatura media annuale dell’acqua aumenta gradualmente da nord verso sud, ma al di sotto della profondità di cinquanta metri si mantiene sempre intorno ai tre – quattro gradi centigradi. Il limitato scambio con il Mare del Nord e l’apporto idrico proveniente principalmente da fiumi, ne determinano un tasso di salinità molto basso, dell’ordine del quattro – sette per mille. Il Mar Baltico è un bacino d’acqua unico al mondo tenendo conto dei numerosi relitti che vi sono adagiati sul fondo. Le vicende di antichi navigatori del Nord Europa, le numerose rotte commerciali ed i due conflitti mondiali hanno fatto si che sui fondali oggi siano presenti centinaia di vascelli e imbarcazioni a profondità che vanno dai due ai tre metri, fino a quelli oltre i centoventi metri. Vi sono navi in legno del XVII secolo, perfettamente conservate, ed alcune che testimoniano invece le enormi tragedie dei profughi tedeschi durante la seconda Guerra Mondiale, come la Wilhelm Gustloff, il General Von Steuben e il Goya, affondate da sottomarini russi nel corso di un’operazione di evacuazione dalla Prussia Orientale messa in atto dalla Marina Tedesca e denominata Hannibal. I relitti sono quasi tutti in buone condizioni, le acque che li custodiscono hanno caratteristiche ideali per la conservazione dei materiali organici come ad esempio il legno, e questo aspetto ha contribuito a garantirne l’ottima conservazione fino ai nostri giorni. Rilevazioni statistiche effettuate in passato hanno dimostrato, inoltre, come nel Mar Baltico, contrariamente a quanto avviene in mari più salati, la presenza delle teredini (teredinidae), considerate le “termiti del mare”, sia molto limitata. Recentemente, secondo ricercatori dell’università svedese di Goteborg che partecipano al progetto “WreckProtect”, le teredini invece starebbero mettendo a repentaglio, anche in quest’area, vasti siti archeologici sottomarini. Gli svedesi hanno registrato una vera e propria invasione ed ipotizzano che questa sia stata favorita dal cambiamento climatico. Da qualche tempo, infatti, la presenza di queste ultime è in forte aumento, in particolare lungo le coste danesi e tedesche. Le teredini sarebbero arrivate nell’area a nord ed in profondità, riuscendo ad adattarsi alla ridotta salinità grazie all’aumento della temperatura dell’acqua.
Meeting Santi durante il safari nel Baltico
Un meeting subacqueo di oltre venti distributori Santi in Europa: Belgio, Germania, Lituania, Olanda, Polonia, Ucraina e naturalmente Italia.
Il primo incontro formale avviene presso l’Hotton Hotel, un piacevolissimo e confortevole hotel nel cuore della città. Nella sala del primo piano, Tomasz Stachura e Jakub Szelagowski porgono il benvenuto, espongono il fitto programma dei prossimi giorni ed al termine ogni singolo partecipante ha la possibilità di presentare se stesso e la propria attività. Ascoltiamo il briefing relativo alle difficoltà che presenta l’immersione prevista già per il giorno successivo. Al termine, il nostro team, come consuetudine, si riunisce per concordare il piano decompressivo e stabilirne il profilo. Commentare insieme un filmato girato di recente sul relitto ci agevola, infine, nel compito di conoscere gli ambienti interni prima dell’immersione e predisporci così alle eventuali difficoltà che potremmo incontrare il giorno successivo. Alla sveglia, dopo aver curato alimentazione ed idratazione, ci rechiamo alla banchina turistica all’interno del porto di Gdynia. La giornata è bella, piacevole, ma fresca. Ad attenderci ci sono due distinte imbarcazioni. Una da otto/dieci posti diretta verso un punto d’immersione su un fondale di quaranta metri, un’altra, la “Litoral”, diretta sul punto d’immersione distante quindici miglia dalla costa, su un fondale di circa settantadue metri. Saliamo sulla seconda! E’ un comodissimo e robusto motor yacht, lungo diciotto metri e largo quattro. Ha una portata massima di diciotto persone subacquei e all’interno è equipaggiato con otto cuccette, un angolo cottura e un bagno, il tutto gestito con molta cura. Molto confortevole per la vestizione all’asciutto e lo stoccaggio dell’equipaggiamento sul ponte di coperta è, inoltre, dotato di lifter, ovvero un ascensore studiato appositamente per l’agevole e sicuro recupero dei subacquei al termine dell’immersione. Personalmente, oltre a trovarla utilissima nell’ambito di immersioni tecniche che richiedono l’utilizzo di molta attrezzatura e di più bombole, aggiungo che è una dotazione che inizia ad essere diffusa, oltre che nel Mare del Nord e nel Baltico, anche nel nostro Mediterraneo.
Procedure di sicurezza e controllo degli equipaggiamenti prima di affrontare un’immersione impegnativa.
Dopo aver lasciato il molo, tutti i subacquei utilizzano il tempo che ci separa dal punto d’immersione per analizzare le miscele, configurare le attrezzature e mettere a punto tutte le procedure di sicurezza. Al termine confrontiamo i nostri profili decompressivi con i partecipanti di altre nazioni. L’atmosfera che regna sull’imbarcazione tra i componenti dei vari team internazionali è ricca di grande professionalità e si intuisce come il livello di addestramento sia molto elevato. Del resto, a parte il nostro team, tutti gli altri partecipanti provengono da Paesi che si affacciano sul Mare del Nord o sul Mar Baltico, pertanto questo clima rigido e le condizioni marine avverse per loro sono quasi una consuetudine. L’addestramento comunque sviluppato nel corso degli anni nelle scure e fredde acque del Lago di Garda, unito alle esperienze acquisite nell’ambito di spedizioni proprio in questo mare, ci consentono di sentirci altamente preparati ad affrontare queste difficili immersioni con elevata predisposizione. Dalle immagini studiate la sera precedente risulta evidente come il relitto sia in più punti ricoperto da lenze e grosse reti. Dedichiamo perciò una scrupolosa attenzione nel posizionare ulteriori strumenti da taglio, in modo da essere ridondanti in caso di intervento; oltre al classico coltello alla gamba, aggiungiamo al nostro equipaggiamento un coltellino a «Z» e una cesoia posizionata nella parte superiore del corpo, più pratica nel caso in cui dovessimo tagliare lenze o sagole. Dovendo trascorrere circa trenta minuti sul fondo in un ambiente totalmente buio e quasi un’ora di decompressione in acqua torbida, ci dotiamo di doppia torcia di back up posizionata sugli spallacci dell’imbracatura. Grazie al sistema E/O cord utilizzato dalle torce Light Monkey messe a disposizione di Nautica Mare, più comunemente chiamato “contatti bagnati”, che offre al subacqueo la possibilità di scollegare la testa illuminante dal pacco batterie e collegare uno eventuale di riserva restando in immersione, decidiamo di portare anche una seconda testa illuminate, inserendola nella tasca della muta stagna, dove sono riposti entrambi inoltre i palloni di segnalazione rosso e giallo. Completiamo le dotazioni di sicurezza, indispensabili per la tipologia d’immersione in quest’area, con “jon line” e spool per vincolarsi alla cima di risalita nel corso dell’ultima tappa di decompressione, trascorsa in precedenti situazioni di forte corrente. «La temperatura dell’acqua sul fondo – ci segnala Tomasz – in questo periodo, è pari a tre gradi». Le condizioni climatiche esterne sono buone, sereno e soleggiato, ma la temperatura alle prime ore della mattina non è superiore agli otto gradi. Alberto approfitta dell’occasione per testare un nuovo prodotto che desta molto interesse tra i numerosi subacquei che oggi si immergono in acque fredde. Si tratta di un giubbotto, riscaldato elettricamente e traspirante. Il materiale utilizzato è composto da tre fogli: micropolar, thinsulate e pertex sulla parte esterna. Ottimo per chi, come nel contesto odierno, effettua immersioni particolarmente lunghe in acque fredde. Indossato sotto la muta stagna, è alimentato da un pacco batterie dotato anch’esso di sistema di connessione con “a cavo bagnato”. Io opto con l’utilizzo della mia oramai collaudata muta stagna modello E.Lite, costruita con materiale antistrappo chiamato “rip-stop” in nylon, butile e poliestere, realizzata per soddisfare le richieste del subacqueo tecnico, particolarmente adatta nell’esplorazioni di grotte e relitti. Dotata infatti, oltre che di ginocchiere in Kevlar, anche di due tasche molto capienti con una seconda tasca, ripongo comodamente il wetnotes dove sono riportati i piani decompressivi di emergenza. La muta inoltre è dotata di un nuovo calzare FlexSole che mi agevola i movimenti delle caviglie in acqua e la suola antisdrucciolo mi permette di non scivolare a bordo dell’imbarcazione. Come sottomuta opto per il modello più pesante tra i sottomuta della gamma Santi il BZ400, insieme ad un caldissimo completo intimo in lana merino, sempre prodotto dall’azienda polacca.
Safari nel Baltico: il relitto del Motor Tanken Franken.
Superiamo Hela, l’estremità di una penisola lunga trentacinque chilometri che racchiude nella parte settentrionale il Golfo di Danzica e che separa la Baia di Puck dal Mar Baltico. Oltre a Hela, popolare destinazione turistica, si trovano altre città a noi già conosciute, come Wladyslawowo, punto di partenza nel 2004 per le immersioni sulla Wilhelm Gustloff. La penisola, importante dal punto di vista strategico militare, rimase in mano tedesca fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale, quando i tedeschi si arresero il dieci maggio 1945. Dopo la guerra, Hela continuò ad essere un punto strategico per la difesa della Polonia. Oggi molte delle fortificazioni sono aperte ai turisti, anche se una parte della penisola appartiene ancora alle forze armate polacche. Proseguendo la navigazione arriviamo nel punto geografico in cui affondò il German M/T Franken, un nave cisterna della stazza di 10.800 tonnellate. Costruita nel cantiere tedesco di Kiel nel 1937, lo scafo era lungo centosettantasette e largo ventidue metri. Fu varato a Kiel l’otto giugno 1939 da Deutsche Werke. Dopo l’inizio della guerra i lavori furono rallentati. Nel 1942 il Franken fu rimorchiato al cantiere di Burmeister & Wain a Copenhagen, dove fu completato. Entrò in servizio il diciassette marzo 1943. Dotata di quattro motori diesel Man a nove cilindri a due tempi ed equipaggiata con due eliche, la nave cisterna operava nel Baltico come rifornitrice di torpediniere e dragamine, ma in particolare dell’incrociatore pesante della Kriegsmarine tedesca Prinz Eugen. Fu affondato da bombardamenti di aerei sovietici vicino a Esa di Hela l’otto aprile 1945: Spezzata in due la prora affondò alle 11.40 e la poppa alle 12.40.
Arrivati sul punto, il relitto è segnalato da una boa e come riferito nel briefing, scenderemo in acqua a coppie.
Il mare è leggermente mosso, ma le condizioni comunque consentono lo svolgimento dell’immersione. Il suono di una sirena azionata ogni volta che il comandante dell’imbarcazione si avvicina con la poppa alla boa, è il segnale che è arrivato il momento di «saltare». Dopo l’ingresso in acqua, eseguiti in superficie gli ultimi controlli pre immersione, iniziamo a scendere in fila uno dietro l’altro senza perdere di vista la cima di discesa. Il colore predominante è il verde bottiglia e vi è molta sospensione; la visibilità nei primi venti metri è scarsissima e il riflesso della luce della propria torcia sulle bombole bianche del compagno pochi metri sotto di noi, è l’unico punto di riferimento. Oltre i trenta metri di profondità il colore verde e la luce naturale scompaiono lasciando il posto al nero ed il buio. L’acqua però diventa cristallina e priva di qualsiasi tipo di sospensione, sembra quasi non esserci. Il relitto appare alla profondità di quarantotto metri, dove termina la cima di discesa, siamo sulla parte alta del ponte di comando. Un giro intorno alle strutture superiori per prendere qualche punto di riferimento per il ritorno e si procede nella discesa sul primo ponte di coperta. Sotto di noi il primo dei tre cannoni da 150 mm. ancora in posizione di riposo. Livio ed io entriamo in un ambiente in cui si distinguono decine di proiettili, ancora nelle loro sedi originali appoggiati lungo le pareti, mentre i bossoli sono sparsi sul retro dell’affusto. La visibilità è ottima e le luci bucano il buio lasciandoci intravedere in lontananza l’intero profilo della nave e la presenza di almeno altri dieci subacquei tutt’intorno ad esso. Il movimento creato dalle loro torce, crea affascinanti giochi di luce che mi soffermo a guardare per qualche istante. Non avvertendo freddo, controllo con curiosità la temperatura sul computer e leggo tre gradi! «Le protezioni termiche adottate – penso tra me – sottomuta da quattrocento grammi, l’intimo in lana e l’argon hanno tenuto bene la perdita di calore.» Arrivati a sessantadue metri, incontriamo la coppia formata da Alberto e Massimiliano, che escono da un ambiente interno che hanno appena terminato di esplorare e ricomponiamo così il team prima di procedere insieme alle fasi di risalita, eseguite ad une temperatura più mite di dieci gradi centigradi. Nei giorni a seguire ripetiamo lo stesso programma eseguendo nel pomeriggio immersioni ripetitive su relitti all’interno della baia di Hela a profondità inferiori. Il primo di essi, il VS304, un dragamine ausiliario della flottiglia vigilanza e protezione adibito alla difesa della costa prussiana, adagiato su un fondale di quarantadue metri appena fuori dal porto di Hela, affondata il diciotto marzo 1945, in seguito ad una collisione. Nonostante il relitto sia lungo solo quarantuno metri e largo otto, sono molto suggestive le immagini del cannone da 105 mm che si staglia sulla prora, le due ancore nella loro posizione originale ed il timone in legno, perfettamente conservato all’interno del ponte di comando. Il giorno successivo l’immersione ripetitiva viene svolta su di un battello posto alla profondità di ventidue metri, il K18 Bryza. L’imbarcazione è stata appositamente affondata il sedici agosto scorso davanti alla spiaggia di Hela dalle istituzioni locali per realizzare un nuovo sito di immersione.
STORIA DELL’AZIENDA SANTI
Il titolare Tomasz Stachura, arriva da un esperienza decennale nella realizzazione di indumenti da lavoro. Dagli anni 80, Tomasz inizia ad interessarsi alle immersioni. In quegli anni, in Polonia, le mute subacquee sono poco diffuse, inizia così a recuperare avanzi di neoprene ed a confezionare le prime mute, invidiate da tutti i suoi compagni d’immersione. Pochi anni dopo fonda l’azienda Santi ed inizia a produrre indumenti per l’alpinismo e l’esplorazione in quota. La sfida di Tomasz è quella di migliorare la qualità di questi indumenti che devono tenere chi le indossa al caldo ed all’asciutto, ma, nello stesso tempo, essere confortevoli. L’obiettivo non è la produzione di massa, ma produrre capi specifici per applicazioni particolari talvolta estreme. Nel frattempo l’azienda raggiunge i centoventi dipendenti. Tomasz inizia a produrre indumenti per il personale delle piattaforme petrolifere dei mari del nord e spedizioni in oceano artico con temperature proibitive. La maggior parte del materiale viene esportato in Scandinavia e presto diviene un punto di riferimento per la produzione di abbigliamento da lavoro ed esplorativo in ambienti estremamente freddi o al contatto con l’acqua. Nel 2001, Tomasz continua le sue immersioni per testare un sottomuta da utilizzare con la sua muta stagna. Applica l’esperienza acquisita e produce il primo prototipo del sottomuta BZ400. Si accorge subito che il nuovo sottomuta è molto caldo e confortevole. Inizia ad immergersi frequentemente in ambienti differenti e realizza la versione definitiva. Tomasz ascolta il parere di numerosi subacquei ed istruttori d’immersioni tecniche ed applica tutti i consigli ricevuti per creare un nuovo sottomuta, il modello Extreme 400, oggi diventato il punto di riferimento per i sottomuta. Nel 2004, in seguito a numerose richieste da parte di subacquei di grotta, inizia la produzione di mute stagne. Sceglie di utilizzare dei materiali diversi da quelli normalmente utilizzati dagli altri produttori, in particolare un trilaminato molto robusto che garantisce un lunga durata con utilizzi estremi in grotte e relitti. Riceve un grosso aiuto dalla comunità di subacquei tecnici europei e americani, i quali contribuiscono a migliorare la muta stagna inserendo numerosi accessori e dettagli molto utilizzati dal subacqueo tecnico. Viene affiancato in azienda dal 2009 da Jukob Szelagowski, oggi responsabile commerciale. In Italia il distributore ufficiale è Nautica Mare di Verona. I prodotti oggi più richiesti sono i sottomuta BZ400 e BZ200, cavalli di battaglia dell’azienda, largamente utilizzati dalla comunità di subacquei tecnici. Oltre ad essere molto caldi in quanto interamente prodotti in Thinsulate, sono realizzati in modo tale da essere molto aderenti, consentendo al subacqueo di compiere agevoli movimenti. Da qualche mese è inoltre disponibile la muta stagna E.Lite realizzata con innovativo materiale, denominato Rip-Stop, particolarmente robusto, ma nello stesso tempo morbido ed elastico. La richiesta maggiore viene da subacquei che cercano una muta stagna robusta, ma nello stesso tempo confortevole. Dal 2014 la Santi inizia a produrre la muta stagna da donna modello dal nome Ladies First. Santi personalizza tutti i prodotti su richiesta del cliente. E’ possibile scegliere esempio il tipo di tasche e di valvole. Ci sono tre tipi calzari, flexsole, rockboot o stivali. E’ possibile confezionare la muta su misura o effettuare delle piccole modifiche alle mute standard.
testo di Cesare Balzi – foto di Thomasz Stachura