L’animale della foto si chiama Meiacanthus grammistes: è un blennide. Una bavosa, in apparenza timido e sempre pronto a rifugiarsi nei buchi (dove nidifica). Fa parte di un gruppetto di bavose che hanno i denti canini inferiori stranamente sviluppati, e collegati a ghiandole del veleno. Sono quindi in grado di infliggere morsi velenosi.
Un articolo pubblicato recentemente sulla rivista Current Biology esamina la strana composizione di questo veleno. Di solito il veleno dei pesci infligge punture molto dolorose, rappresentando un forte deterrente per gli aggressori.
Le bavose velenose invece iniettano una miscela di neuropeptidi e oppiacei, che hanno l’effetto di indurre un calo della pressione sanguigna nel pesce colpito, seguito da uno stato di torpore, di benessere diremmo.
Immaginiamo uno scenario: una cernia prende di mira la bavosa. Anziché scappare, questa attacca l’aggressore, lo morde e gli inietta il suo veleno. La cernia immediatamente si intorpidisce e sembra disorientata, non è più in grado di continuare l’attacco (e probabilmente non gliene importa niente), si riprenderà a breve ma intanto la bavosa ha tutto il tempo di rifugiarsi nel suo buco.
Tra l’altro le bavose dalle zanne si nutrono proprio mordendo e staccando alle loro prede un pezzo di pelle, una scaglia, anche solo del nutriente muco: quindi in questo caso la nostra bavosa ha preso due piccioni con una fava e il predatore (la cernia) è stato… predato.