Cime rigogliose
Autore: Francesco Turano
Un corpo morto, una cima e una boa galleggiante: questo
l’elemento umano inserito in natura in uno dei tratti di costa al confine
meridionale dello Stretto di Messina, sul versante calabro. Come sovente accade
lungo i litorali privi di porti turistici, l’uomo si arrabatta come può usando
questo collaudato sistema per l’ormeggio di imbarcazioni da diporto. Ma la
Natura è sempre vincente e anche un golfo costellato da gavitelli colorati e
imbarcazioni ormeggiate, per quanto romantico a vedersi in superficie con le
barche a riposo, sott’acqua si trasforma in una bruttura fatta di cime che
scendono verso il fondo, congiunte a corpi morti in cemento attraverso alcuni
metri di catena. L’ambiente diventa anomalo, ci si muove tra relitti di corda,
ma su un fondale sabbioso il substrato adatto all’insediamento della vita
diventa estremamente importante e prezioso per moltissime specie di
invertebrati. Da qui l’importanza che va ad assumere una corda in tale contesto,
notevole substrato disposto verticalmente dalla superficie verso il fondo, ben
esposto alle correnti da ogni lato e quindi quanto di meglio la fauna sessile
possa desiderare. Ma quale subacqueo amante della natura sommersa si sognerebbe
mai di immergersi intanto su un monotono fondale sabbioso e poi, tra l’altro, in
un ambiente costellato da una serie di fastidiose cime dove l’acqua, sovente, è
persino torbida e animata da turbolenti e pericolose correnti?
Un caro amico, amante come me di questi "insignificanti"
fondali, mi odierà per aver scelto di scrivere queste righe, svelando i segreti
di questo interessante sito sommerso, ma non credo che ci sia da preoccuparsi
riguardo il numero di subacquei che potrebbero frequentare questo luogo senza la
giusta guida; chi si immerge in questo mare spesso non comprende e non torna sul
luogo una seconda volta, ed eventuali danni all’ambiente (qualora ci si ponga il
problema) non sono da imputare a quei pochissimi subacquei inesperti e di
passaggio, ma piuttosto a chi utilizza attrezzatura da pesca, tra le altre cose
non consentite, dalla superficie; senza lasciar tregua o riposo a quel minimo di
fauna e flora che ancora sopravvivono. Fatta questa premessa, passo a narrarvi
quale straordinaria esperienza si può vivere entrando, come Alice nel paese
delle meraviglie, in quel microcosmo incredibilmente sviluppatosi sulle cime,
osservando da vicino la quantità e la diversità di specie che, strette e comode,
si accavallano in competizione continua per guadagnarsi un angolino dove
impostare l’intera vita, proprio su un centimetro quadrato di cordame…
Protagonisti indiscussi della vita sulle cime sono spirografi
e alghe brune, presenti quasi su ogni cima ma non in tutte (anche loro hanno
delle preferenze). Tra gli spirografi si spostano rapidamente altri tipi di
vermi, che hanno il vantaggio di non essere ancorati al substrato: mi riferisco
agli splendidi e urticanti vermocani, a volte soli e a volte raccolti in
squadre, come avvoltoi in cerca di carogne. Piccoli tunicati di specie diverse
occupano nicchie diverse, aumentando di numero laddove diminuiscono gli
spirografi. I lunghi tubi degli spirografi diventano a loro volta superficie
ideale ad essere sfruttata da altri piccoli animali del mare e non è raro
osservare piccole ascidie o nudibranchi in transito tra gli affusolati tubi
chitinosi che, nel loro insieme, formano un vero e proprio habitat con validi
rifugi. Su alcune cime, le più ricche, gli spirografi hanno raggiunto dimensioni
ragguardevoli, e il loro intreccio si sviluppa dal fondo verso la superficie
quasi a spirale, tanto da far sembrare la cima un ceppo fiorito di interminabile
lunghezza.
Immergendosi da terra, si supera appena quel tratto litoraneo
di sabbia su cui poggiano gli scogli artificiali così cari agli umani per
tutelare le loro casette abusive sparse lungo costa e sempre condonate, e ci si
affaccia al salto nel blu tipico dello Stretto di Messina: in ogni dove, il
canale tra Calabria e Sicilia presenta subito un rapido dislivello
nell’immediato sottocosta, punto di partenza di ogni subacqueo locale capace di
affrontare un fondo sabbioso lambito da forti correnti e acqua fredda. La
corrente non perdona dove non ci sono rocce di protezione per i nostri percorsi
nel blu: il deserto è ovunque, anche se qui le cime potrebbero venirci in
soccorso se saremo abili nel fronteggiare le correnti impreviste e
imprevedibili. Poco possono i calcoli teorici in queste acque dove comanda
Nettuno e dove non è prevedibile l’ora stanca ma ci si muove solo in base
all’esperienza pratica. Lasciandosi andare verso i quindici o venti metri di
profondità , si iniziano subito a vedere le silhouette dei corpi morti e le cime
che svettano verso l’alto. Solo accorciando le distanze e con l’ausilio di una
luce artificiale potremo scoprire i segreti di queste "cime rigogliose", vive
come di rado accade di vedere (solo i tralicci delle piattaforme in alto mare
sono più ricchi di biodiversità ).
Intorno ai trentacinque metri di profondità si trovano le due
cime più belle e imponenti, le più ricche di vita, meta di frenetici e buffi
sciami di piccoli pesci trombetta che nuotano tra una cime e l’altra come
facessero slalom. L’argenteo insieme di pesciolini distoglie l’attenzione dalle
corde alte e imponenti, che diventano in questo caso le suggestive quinte che
stravolgono l’atmosfera piatta del fondo sabbioso; ma poi inevitabilmente si
torna a concentrare l’attenzione sul piccolo mondo del traliccio di corda:
quante cose, quanti colori, una vera confusione, difficile da fotografare per
rendere bene l’idea. Piccoli scorfanetti usano gli interstizi al confine tra i
diversi individui di tunicati per restare immobili e ben protetti; curiosi
sciarrani girano sempre nei paraggi e qualche bavosella bianca si guarda intorno
sempre vigile. Che spettacolo scrutare e imparare, cercando di fotografare
qualcosa.
I corpi morti sono colonizzati anche da spugne a guisa di
lamine sottili e qui ricci e stelle sono di casa con assiduità ; tra i tunicati
spiccano grandi pigne di mare e i sottili aculei dei ricci diadema che le
circondano lasciano intravedere le loro sfumature blu e viola. Un corpo morto
diventa oasi di vita sulla sabbia e base di partenza per la cima che inizia la
sua risalita. Alcune corde giacciono sul fondo e creano ancora ecosistemi in
miniatura: la varietà di situazioni che si presentano è grande e anche la stessa
sabbia si popola grazie alla presenza di grandi superfici colonizzabili, sul
fondo per mano dell’uomo. Grande la natura!
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