Autore: Fabio Carnovale
Spesso sento dire dai neofiti, specie se provenienti dalla fotografia con la pellicola, magari con qualche capello grigio, che non ne vogliono sapere di diavolerie digitali e, pur passando a questo supporto, non effettueranno alcuna modifica o regolazione alle loro immagini, lasciandole così come sono. Bene, a questa affermazione una sola risposta si può dare: non è semplicemente possibile. In effetti possiamo impostare la macchina fotografica digitale su alcuni valori (magari le impostazioni di base della casa produttrice) e andare avanti con quelle, ma questo implica che qualcun altro, prima di noi, ha operato quelle scelte che ci rifiutiamo di fare e semplicemente ce le impone. Il bello poi, è che questo… avveniva anche "prima", con la pellicola: le case produttrici di pellicole producevano (e producono) le emulsioni dosando il colore, il contrasto, la saturazione ed altri parametri seguendo dei gusti e dei criteri che, in quanto tali, sono soggettivi. A questo punto, perché non approfondire l’argomento e appropriarci delle infinite possibilità della resa dell’immagine seguendo, se vogliamo, il più possibile la corretta riproduzione di quanto visto, oppure il nostro estro?
Una digressione filosofica: quando la fotografia ha fatto il suo ingresso nel mondo della grafica i pittori l’ hanno considerata una diavoleria moderna priva di possibilità creative, poi questa considerazione è stata fatta per la foto a colori, per gli automatismi di esposizione e per l’autofocus; infine i maledetti pixel sono stati demonizzati e lo sono ancora da chi non vuole ammettere che i mezzi tecnologici a disposizione non fanno altro che rendere più facile e possibile l’espressione artistica che sempre e comunque deve partire dalla persona che ne fa uso.
Il formato raw, il cosiddetto negativo digitale, deve essere sviluppato, bene.
Le fotocamere reflex e le compatte di buon livello normalmente consentono il salvataggio delle immagini in alcuni formati di concetto fondamentalmente differente:
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Jpg: è il formato più usato in internet per ragioni pratiche: effettuando la cosiddetta compressione (che è una sorta di approssimazione), con una perdita di qualità che può essere minima o più visibile a seconda della nostra esigenza, riduce la grandezza del file con ovvi vantaggi. Quando la fotocamera salva in questo formato opera necessariamente delle scelte (che possono essere modificate da noi), limitando le possibilità di regolazione successiva (sebbene rimanga un gran margine di modifica). Questo formato, per essere meno voluminoso, non permette una profondità colore maggiore di 24 bit: 8 bit per canale R, rosso, G, verde, B, Blu (in pratica riduce il numero di diversi colori presenti nell’immagine originale ripresa dal sensore).
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Raw: in inglese: grezzo, non lavorato, in pratica restituisce tutte la informazioni catturate dal sensore senza interventi sul colore e sugli altri parametri. La profondità del colore è, nella maggioranza dei casi, di 48 bit: 16 bit per canale RGB; il peso del file è molto più elevato con tutti i problemi di trasmissione ed immagazzinamento che possiamo immaginare. Le potenzialità di regolazione della foto è però notevolmente superiore.
La quantità di memoria necessaria per immagazzinare questi file è molto maggiore, ma con la diminuzione del costo e l’ampliamento delle capacità delle schede di memoria e degli hard disk dei computer, oggi vale veramente la pena di scattare e conservare le foto in questo formato.
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Tiff non compresso: è uno dei formati più usati per gestire i file ottenuti dalla conversione raw, quindi avremo delle immagini regolate ma non compresse, integre e lavorabili con i programmi di fotoritocco che, a loro volta, potranno salvare nei loro formati "proprietari"
vediamo come nella compressione di tipo distruttivo del formato jpg si generino degli artefatti: 1.nelle zone con colori vari non si nota quasi nulla, 2.nelle zone uniformi si assiste, per la ridotta presenza di colori e per la compressione, alla "posterizzazione" (stacco netto tra le sfumature di colore) e all’effetto "aliasing" (scalettatura), 3. altri artefatti sono quegli "aloni" presenti nelle zone a forte contrasto.
La "apertura" del file:
La schermata di "Camera Raw" di Adobe, vediamo l’ istogramma e le numerose possibilità di regolazione (bilanciamento del bianco, contrasto, esposizione, luce fill-in, curva tono, riduzione del rumore, sharpening e molte altre)
La schermata di "Raw Therapee", freeware, anche qui vediamo moltissime opportunità di regolazione preventiva dell’immagine grezza, unitamente alla registrazione della "storia" delle regolazioni effettuate.
Il file raw è quindi un insieme di dati sì completo (almeno per quanto il sensore può) ma, come dice il nome, grezzo, e così com’è serve a poco. Tra le prime operazioni che dovrà effettuare il software di conversione (sia che ciò avvenga nella fotocamera stessa che col computer dopo) vi è la demosaicizzazione, questa specie di scioglilingua sta a significare la necessità di "inventare" dei pixel intermedi tra quelli registrati dal sensore nei colori fondamentali rosso, verde, blu. Gli algoritmi che portano alla interpretazione dei colori intermedi sono diversi a seconda della tecnica e della filosofia adottata dalle case di software, e questo porta a diversi risultati, alcuni assoluti, altri relativi. Questo argomento può essere approfondito ma non in questa sede in quanto, per l’uso pratico, ci interessa più sapere dove possiamo operare per ottimizzare le nostre immagini.
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Bilanciamento del bianco
Nella immagine grezza sono presenti tutte le informazioni di luce che hanno raggiunto il sensore, i convertitori RAW ci propongono la regolazione effettuata in macchina come prima scelta, ma possiamo modificarla a nostro piacimento come se avessimo impostato la fotocamera diversamente fin da prima dello scatto, questo è concettualmente diverso da una regolazione del colore effettuata dopo: infatti in un’immagine già regolata alterare il colore comporta una aggiunta arbitraria di tonalità, mentre nella regolazione a monte faremo emergere le gradazioni già presenti nelle informazioni del sensore semplicemente eliminando quelle che non ci servono e non aggiungendone altre. Sì, va bene, ma che vantaggi avremo a livello di risultato finale? Spesso potremo non avere sensibili differenze, ma laddove la tonalità presenta delle sfumature particolari o poco note potremo sfruttare appieno le potenzialità del sensore.
In fase preliminare, all’apertura del file si può regolare il bilanciamento del bianco.
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Gestione del colore:
Anche in questo caso, possiamo regolare finemente la quantità di RGB e della saturazione: queste funzioni, unitamente ad una appropriata regolazione del bilanciamento del bianco, ottimizza l’equilibrio cromatico dell’immagine.
Un’altra regolazione importante riguarda la saturazione del colore.
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Esposizione
La conversione del file RAW non può inventare ciò che non c’è, nel senso che se la luce che passa attraverso il diaframma dell’obiettivo è insufficiente o, peggio, eccessiva, si possono avere delle zone di mancanza di informazioni tali da non rendere possibile un recupero di esse, ma con tutte le informazioni catturate dal sensore disponibili e non già selezionate, possiamo migliorare una quantità di immagini apparentemente irrecuperabili o di scarsissima qualità.Per le funzioni accennate sopra potremo fare riferimento al grafico che appare normalmente nei programmi di conversione: il cosiddetto istogramma. Questo in genere è presente nelle fotocamere per verificare l’esposizione, lo potremo vedere scorrendo le opzioni di visualizzazione del monitor della macchina, nei programmi di conversione raw lo troveremo anche in versione "a colori" per misurare la quantità e gli eventuali eccessi di presenza di R, G o B. L’interpretazione dell’istogramma richiede una trattazione a sé, e non vi è lo spazio qui per farlo, consiglio comunque di fare pratica sull’ utilizzo di questo mezzo, magari facendo prove e tentativi.
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Riduzione del rumore
Più aumenta la sensibiltà ISO e più andiamo incontro ad un incremento della "grana" presente nell’immagine, analogamente a quanto accade alle foto su pellicola; la fotocamera può effettuare già una riduzione di questo fenomeno in maniera standardizzata, agendo però in maniera personalizzata al momento della conversione del file RAW possiamo ottenere risultati più accurati ed adatti ad ogni singola situazione. Nessuno ci impedisce, poi, di ridurre ulteriormente il rumore utilizzando i filtri appropriati o, addirittura programmi specifici come "Neat Image" (vedi articolo dello stesso autore sulla riduzione del rumore).
Le regolazioni effettuabili nell’ambito della conversione spaziano poi nella taratura delle alte luci, dei toni medi e scuri, la calibrazione della intensità e della saturazione delle tonalità di colore, la compensazione delle ombre. Seguono un’altra miriade di regolazioni possibili, tutte volte a sfruttare al meglio la quantità di informazioni del sensore, ma molte di queste potranno essere modificate efficacemente anche dopo la conversione.
Per apprezzare efficacemente le potenzialità della lavorazione dei file grezzi, prendiamo in considerazione le foto con errori di esposizione: qui partiamo da una quantità di informazioni catturate dal sensore inferiore a quelle normali, non si tratta di una interpretazione di dati come il bilanciamento del bianco, ma da una vera e propria carenza di essi. Nonostante ciò, regolando le immagini mal esposte (fino a 4 stop di sottoesposizione e 2 di sovraesposizione, in alcuni casi anche di più) riusciamo a recuperarle.
La prima è l’originale non regolato, la seconda è ottenuta aumentando la luminosità del file jpg, la terza regolando la foto RAW prima della conversione: la quantità di particolari visibili è maggiore.
Confronto raw jpg: i particolari del nasone della murena sono più leggibili.
La foto è nettamente sovraesposta, regolandola si riesce a recuperarla in quasi tutta l’area sensibile
Confronto raw jpg: regolando l’immagine già lavorata e compressa in jpg recuperiamo molti meno dettagli che effettuando la medesima operazione dal file RAW
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La scelta del programma di conversione RAW
Si può iniziare utilizzando il programma in dotazione alla macchina fotografica, ma non è detto che sia il migliore, del resto non avrebbe senso produrne degli altri se non vi fossero dei motivi legati alla qualità o alla praticità d’uso. Normalmente il software in dotazione della fotocamera è limitato a poche regolazioni e alla conversione in formato tiff, fruibile da tutti i programmi di fotoritocco.
Qui di seguito alcuni programmi sviluppati per… sviluppare il nostro "negativo digitale" al meglio, secondo le nostre necessità creative o documentali:Lightroom, (Adobe)
Camera Raw (plugin di Photoshop e Photoshop Elements, Adobe)
Paint Shop Pro (Corel)
Capture One (Phase One)
Nikon Wiew,
Nikon Capture NX,
Canon Digital Photo Professional
Bibble (Win, Mac e Linux, Bibble Labs)
Raw Therapee (freeware)
Aperture (Apple)
iPhoto (Apple)In conclusione, lavorare per sfruttare al massimo le potenzialità dell’ immagine digitale ci permette di ottenere il meglio da ogni scatto, sia se ci riteniamo artisti che documentaristi. O tutti e due?
Per saperne di più (molto di più): Camera oscura digitale, l’arte della conversione raw. Ed. Tecniche Nuove, www.tecnichenuove.com
Ringraziamo Fabio per questo articolo e vi invitiamo a visitare il sito:
Fabio Carnovale www.fotoevita.net
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Bel articolo. Per chi fa post-produzione scattare in raw è necessario se si vogliono ottenere i risultati migliori