Un alternativa veloce ai classici obiettivi macro, 60 o 105mm, per macrofotografia spinta, e per chi abbia voglia di sperimentare: l’obiettivo invertito, una vecchia tecnica di macrofotografia usata a terra. Consiste semplicemente nel montare l’obiettivo al contrario usando un’apposita ghiera di raccordo, detto anello d’inversione. Facendo questo in custodia non si può cambiare diaframma, e non possiamo modificare il fuoco, però abbiamo il vantaggio di trasformare un obiettivo da 50mm normale in un obiettivo macro.
Rovesciando l’obiettivo abbiamo un altro effetto: quando montiamo il nostro obiettivo correttamente un sistema chiamato accoppiatore del diaframma tiene aperto il diaframma finché non scattiamo, e lo chiude al valore prestabilito solo durante lo scatto, il che ci permette di vedere chiaramente quello che inquadriamo. Invece con l’obiettivo invertito vediamo a diaframma chiuso. Se impostiamo su un obiettivo invertito f/22, vedremo tutto molto scuro all’interno del mirino perciò saremo costretti ad usare diaframmi abbastanza aperti nell’ordine di f/5,6 con conseguente riduzioni della profondità di campo, e a usare solo obiettivi di vecchio tipo, con la ghiera dei diaframmi.
Per ottenere un ingrandimento maggiore di 1:1 dobbiamo usare obiettivi grandangolari: più la lunghezza focale dell’obiettivo invertito è corta, più si riduce la minima distanza di messa a fuoco con conseguente aumento dell’ingrandimento.
Con tutti questi problemi allora perché pensare ad usare un obiettivo invertito sott’acqua?
Sicuramente è una tecnica che ha dei vantaggi se si vogliono ottenere immagini un po’ differenti: l’obiettivo invertito di solito crea uno sfuocato particolare, oserei dire pittorico, inoltre permette di avere un forte ingrandimento senza investire in lenti addizionali.
Le foto di questo articolo sono state fatte alle Filippine con uno zoom 17-35mm invertito e posizionato a 35mm e l’oblò del 105mm macro.
Per chi fosse interessato ad approfondire l’argomento, un articolo completo è su Scubazone numero 27.