Per quasi vent’anni Giulio Libertà ha viaggiato in lungo e in largo alla scoperta dei fondali più spettacolari del mondo, fotografando meraviglie e segreti degli abissi. Da quando, all’inizio degli anni Ottanta, viene rapito dall’immagine di un gruppo di corvine sospese in acqua libera, scintillanti come oro, e decide di abbandonare la caccia subacquea per dedicarsi alla fotografia. Fino all’ultimo viaggio all’isola di Sipadan, nel Borneo, paradiso delle tartarughe marine.
Nel mezzo, un vero e proprio giro del mondo con rotta verso occidente, come un Magellano dell’era moderna: dai fondali di casa alle Maldive, passando per Mar Rosso, Caraibi, Australia, isole del Pacifico, Arcipelago malese. La luce sommersa raccoglie più di duecento fotografie, che formano un vero e proprio catalogo della vita subacquea del pianeta: dai reef che risplendono dei colori accesi delle gorgonie e delle alcionarie, alle nuvole trasparenti di pesci vetro; dalle murene, che si fanno accarezzare come gatti domestici, ai pesci pagliaccio a guardia degli anemoni.
E poi pesci scorpione, balestra, angelo e chirurgo, carangidi e mante, squali e barracuda. Immortalati nelle foto o ripercorsi nel racconto dell’autore, scorrono gli incontri unici e irripetibili, come quello con il frog fish a Cebu, le cernie giganti della Grande barriera corallina, il piccolo lago popolato da milioni di meduse a Palau, l’incredibile sfera di pesci nelle acque delle isole Galapagos. Il libro è anche corredato da una breve appendice tecnica, con alcuni consigli pratici per chi è ancora agli inizi e sogna di girare il mondo con le pinne ai piedi e la macchina fotografica a tracolla.
L’autore
Giulio Libertà, subacqueo fin dagli anni Settanta e appassionato di fotografia, ha esplorato i più bei luoghi di immersione del mondo, compiendo oltre milleseicento immersioni e raccogliendo una eccezionale mole di materiale fotografico. Molti suoi scatti subacquei sono stati pubblicati su riviste (Venerdì di Repubblica, Focus) o utilizzati per illustrare dépliant turistici e pubblicità.
La Luce Sommersa
Autore: Giulio Libertà
Editore: Nutrimenti
Edizione: ottobre 2009
Formato: rilegato, illustrato a colori
Pagine: 224
Lingua: italiano
Estratto dal volume
Come un cacciatore subacqueo diventa un fotosub.
Il mio personale viaggio dentro i mari del mondo è iniziato quando, a tredici anni, comprai maschera e boccaglio prima di andare al mare per le vacanze estive. In quell’agosto del 1971 cominciai a prendere confidenza con il mondo sommerso. Mi muovevo appena sotto la superficie osservando emozionato i piccoli pesci che popolavano i bassi fondali vicino alla costa. Tornato in città dopo le vacanze, comprai un libro sull’immersione in apnea: l’avventura era cominciata, e l’arrivo dell’estate successiva mi trovò armato di pinne e coltello. Non ci volle molto per superare l’iniziale incertezza del principiante, e presto le discese si fecero più serie. Scendevo a otto-dieci metri di profondità e nuotavo tra gli scogli del fondo e le praterie di posidonie.
A sedici anni comprai fucile, muta e cintura con i piombi. Ormai ero un apneista serio, scendevo a dodici-quindici metri e restavo in apnea anche un minuto e mezzo. Continuava ad appassionarmi, come agli inizi, l’esplorazione subacquea, la scoperta e l’osservazione delle creature che popolavano i fondali, le loro abitudini, i loro comportamenti. Ma nello stesso tempo non disdegnavo qualche cattura: polpi, scorfani, saraghi, spigole…
Nel 1979 feci il primo corso per l’uso dell’autorespiratore ad aria: le esplorazioni si fecero più lunghe e furono maggiori le profondità raggiunte, fino a venti-trenta metri. Con le bombole riuscivo a stare sott’acqua anche per due ore e a osservare con più tranquillità il mondo sommerso, senza dover tornare in superficie ogni minuto o due per prendere aria. Alternavo immersioni con le bombole per l’esplorazione dei fondali e immersioni in apnea con il fucile: facevo un po’ il turista, un po’ il cacciatore.
Poi, in una bella giornata di novembre del 1981, durante una battuta di pesca su una secca al largo di Nettuno, fui ‘folgorato sulla strada di Damasco’. Ero in apnea su un fondale di dodici-quindici metri quando, girando intorno a uno scoglio, mi si presentò davanti un’immagine mozzafiato: circa trenta corvine, in acqua libera, sospese, che i raggi del sole, scendendo dall’alto e penetrando la superficie del mare, facevano risplendere e scintillare come fossero d’oro e d’argento. Trenta pietre preziose, trenta tesori del mare. Rimasi immobile in contemplazione, annichilito, finché le corvine non si accorsero di me e in un baleno scomparvero dentro le tane, dissipando il bagliore.
Nelle successive apnee cercai quelle corvine, inutilmente: erano sparite nel nulla. Ma quell’inquadratura – le corvine immobili, sospese nell’acqua, che irradiavano luce – rimase scolpita nella mia testa per giorni. Se invece del fucile avessi avuto una macchina fotografica, avrei potuto immortalare quell’istante magico, quei raggi riflessi in migliaia di direzioni dai corpi luccicanti dei pesci. Fu in quel momento che decisi di abbandonare la caccia subacquea e di dedicarmi alla fotografia.
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