Un viaggio davvero lungo, tra i cambi di aereo e le interminabili ore di attesa, ci porta nella Baja California Sur, in Mexico, dove atterriamo a San Josè Del Cabo dopo circa 36 ore da quando abbiamo chiuso la porta di casa.
Qui, nella parte più a sud della Bassa California, dobbiamo ritirare la nostra auto per girare la penisola: una Dodge Durango, un suv con 400 cavalli di pura razza a stelle e strisce con cui cominciamo la nostra avventura, scaricando tutta la cavalleria nelle strade sterrate che portano al mare.
Deserto, palme, cactus, deserto, palme, cactus… ma finalmente il mare, anzi, l’Oceano: uno spettacolo blu turchino si apre tra le rocce invitandoci ad un tuffo immediato. Acqua tiepida, quasi calda, con una temperatura in superficie intorno ai 30°C, un invito a restare a mollo per ore. Comodissimo l’accesso alle spiagge, naturalmente d’obbligo un’auto a noleggio, altrimenti bisogna arrangiarsi scomodamente o accettare le gite turistiche offerte negli alberghi. E no! E’ molto meglio girare in libertà e cambiare spiaggia quando si vuole, senza alcun problema di traffico (non esiste!) o di parcheggio (si arriva sempre in spiaggia con l’auto).
Decine di piccole baiette da scoprire, alcune delle quali sono davvero uniche per la loro bellezza di insieme e la conformazione delle rocce stondate dal mare, sempre limpido e trasparente ma qualche volta anche parecchio incazzato. In queste spiagge di sabbia piacevolmente granulosa non c’è quasi anima viva e ci si trova spesso da soli e tra la meditazione e i grandi bagni la seconda scelta ci è sembrata la più appagante. Niente ombrelloni, niente sdraio, niente bar, niente rompiballe: solo noi e il mare con i suoi abitanti.
Se nelle calette tranquille ci si annoia non mancano alternative molto american style con ogni sorta di proposta per ammazzare il tempo: kite, moto d’acqua, fishing boats, e naturalmente… diving!!
La confusione di questo tipo di vita da spiaggia non fa per noi ma sono centinaia i turisti, soprattutto americani, che non la disdegnano. A loro almeno una cosa non deve mancare mai: la birra, poi tutto il resto sembra essere di contorno e mentre loro bevono e mangiano a più non posso, le loro donne vengono intrattenute dalle decine di venditori ambulanti che offrono qualsiasi sorta di immancabile inutilità.
Il costo della vita nelle spiagge attrezzate è bassissimo: con 3 euro si hanno un paio di birre, ingresso, lettino, ombrellone e posteggio con personale che va a parcheggiare e a riprendere l’auto (troppo facile qualsiasi sarcastico confronto con operatori turistici più vicini a noi).
La cucina, varia e diversificata, riporta influenze di ogni parte del mondo, almeno così dice la guida. Mai fidarsi delle guide, bisogna provare. Il cibo tipico messicano a cui siamo abituati nei ristoranti italiani ricorda solo vagamente qualche piatto originale. Per gli amanti del pesce questo viene servito nei modi più particolari contornato da colorate verdure ma non mancano ovviamente carni rosse e bianche e un’infinità di piatti che non si possono descrivere, vanno assaggiati, come tutte le decine di tipi di tequila e cocktail messicani.
La gente è sempre felice, cordiale e disponibile ed è piacevole scambiare quattro chiacchiere in un idioma spagnolo-italiano-inglesizzante che va sempre bene. Probabilmente molti di loro ambiscono a uno stile di vita semplice, altri sono stati invece condizionati dai vicini americani degli Stati Uniti e così si scelgono auto pazzesche che tamarrano alla fast&furious e su cui trascorrono più tempo possibile anche solo per fare 100 giri del lungomare. Questi messicani non hanno fretta e agli stop si fermano sempre per farti passare e mostrarti i loro nuovi cerchi in lega da 22 pollici. Radio a palla con chiassosi ritmi latini spinti a colpi di subwoofer accompagnano il loro passo lento e tranquillo. Sono piacevoli da osservare e da ascoltare.
Abbiamo modo di percorrere diverse centinaia di miglia, esplorando al meglio la Baja California in lungo e in largo. Il paesaggio è per lo più molto noioso e nemmeno i passaggi tra le montagne ci entusiasmano troppo. Il deserto non ha acceso in noi la passione per questo ambiente, sarà forse per colpa della temperatura estrema a cui non siamo abituati. Ciò non toglie che qualcosa di surreale l’abbiamo sentito, come l’odore della morte dato dalle carogne di animali in decomposizione lungo la strada e dagli avvoltoi che ci si abbuffano, i colori sovraesposti dell’orizzonte, gli angoli di verde nel mezzo del nulla. Bello si, ma per pochi minuti.
La magia del deserto non ha avuto effetto su di noi ma… altra storia è il mare! Questo è il nostro spettacolo, siamo qui per lui e lui ci avrà per la maggior parte della vacanza.
In programma avremmo diverse gite in paesini lungocosta ma dopo averne visti un paio -tutti simili, molto particolari e spesso quasi deserti- le sostituiamo tutte con full day a base di azoto, lasciando alle varie gite le ore del tardo pomeriggio, al rientro dalle immersioni quando il caldo si attenua e la gente comincia a comparire per strada.
Si va in Baja California per i leoni marini, le balene, gli squali… o almeno così si spera. La ricerca di un diving è gioco da ragazzi e dopo pochi minuti di presentazioni tutti i 20 kg di attrezzatura portati dall’altra parte del mondo sono in barca, pronti all’azione, come noi che non vediamo l’ora di scoprire cosa si nasconde in questi fondali.
IMMERSIONI A LORETO
Per il primo tuffo siamo a Loreto, cittadina di una noia mortale, anche se qualcuno più romantico forse la vedrebbe diversamente, come chi ha preparato la guida turistica che la definisce”villaggio simpatico dove l’ideale è passeggiare a piedi. Forte concentrazione di pensionati americani“. Chi l’ha scritto molto probabilmente è venuto in un altro periodo dell’anno quando il termometro segnava meno dei 40°C di agosto.
Si parte dalla marina, un piccolo porticciolo con poche decine di imbarcazioni per la pesca, dove le barche di servizio vengono calate in mare per non essere tenute lì onde evitare di essere trasformate in latrine dai pellicani che aspettano il rientro dei pescatori: centinaia di uccelli coprono di un bianco velo poco profumato tutto il porto, dalle barche alle banchine.
La meta principale per le immersioni è l’area protetta dell’isola di fronte, Coronado, dove comincia la nostra avventura subacquea. Mezz’ora di navigazione con mare calmo e si arriva nella tana dei leoni marini, una splendida zona scogliera in prima fila vista mare. Timidi o poco socievoli forse non sanno che siamo qui per loro e la loro accoglienza è molto chiassosa: non è il benvenuto che ci aspettavamo. 1-2-3… in acqua!
Nemmeno il tempo del check e siamo alla ricerca dei leoni. Poche pinneggiate e sono loro a trovare noi e ci girano intorno a volte con maggior giocosità, altre volte con molto distacco. La visibilità non supera i 10 metri e la sospensione ci limita un po’ nella fotografia ma l’emozione dei tanto ricercati leoni è unica, soprattutto quando i più curiosi di loro si avvicinano per annusarci. Tanto grossi, grassi, puzzolenti, goffi e pigri fuori dall’acqua si trasformano in eccellenti nuotatori in mare e qualche volta vengono a giocare con noi con simpatiche acrobazie in assetto neutro, agili, belli e scattanti.
Osserviamo i leoni marini per diverse ore e diversi giorni e con un po’ di invidia pensiamo che non siano totalmente stupidi: si sono scelti un angolo di paradiso in cui vivere, passano le giornate a dormire sugli scogli al sole e quando hanno fame o altri istinti non hanno problemi a soddisfarli. Sono anche riusciti a far trasformare in parco la loro location così incassano un ticket da ogni visitatore e probabilmente hanno progetti per il futuro migliori di ogni impiegato medio di una grande città, almeno nel breve periodo.
Ai leoni marini dedichiamo la maggior parte delle prime immersioni ma non trascuriamo di osservare tutto il resto. Il mare di Cortez, definito da Cousteau come il più grande acquario marino del mondo, è molto vivo e ricco e ci si trova pesce di tutti i colori e per tutti i gusti, pesce di taglia piccola perchè di squali, mante o balene nemmeno l’ombra. Eppure ci sono ma in altri periodi e in altri siti di immersione: le balene infatti scendono nella baia dal Canada per la riproduzione ma con un visto limitato a poche settimane e appena svezzati i piccoli tornano nel paese da cui son venuti.
IMMERSIONI A LA PAZ
Le immersioni continuano a La Paz, la capitale della Baja California Sur, una città di circa 500.000 anime, ben tenuta con un fantastico lungomare, ideale per passeggiate e corse nelle ore meno calde ma impossibile per l’accesso al mare per la troppa puzza delle alghe e del guano gentilmente lasciato dalle migliaia di uccelli presenti. Il centro non è particolarmente attraente ma tipico e comunque carino da visitare, soprattutto perché circondato da numerosi ristoranti tipici.
Questo mare, incredibilmente meraviglioso con circa 800 specie di pesci e 4000 di invertebrati, e un richiamo forte per noi e per tutti gli amanti della natura sottomarina, subacquei, snorkelisti e pescatori. Le acque sono ricche di plancton e questo attira balene, mante e squali balena, che dividono l’ambiente con altri grandi esemplari come orche, squali e balene pilota.
Le diverse spiagge per la vita di mare distano poco dalla città e per raggiungerle è meglio, se non indispensabile, avere un’auto. Naturalmente quelle mozzafiato sono sulle isole e per andarci serve una barca.
I migliori siti per le immersioni si trovano intorno alle isole di fronte a La Paz, in particolare Isla Espiritu Santo e Isla Partida, dalla conformazione rocciosa che ne evidenzia e colora i diversi strati.
La maggior parte dei punti di immersione sono raggiungibili in meno di un’ora di navigazione. Nella punta di Isla Partida si staccano Los Islotes, una coppia di isolette abitate dai leoni marini, in oltre 400 esemplari, un vero esempio di colonizzazione.
I leoni marini, chiamati lobos dai locali, sono bestie difficili da capire, a volte giocosi, altre volte aggressivi, sicuramente non troppo socievoli, chiassosi ma talmente particolari che meritano più tuffi per conoscerli meglio. I piccoli sono i più curiosi e facilmente avvicinabili mentre gli ‘adolescenti’ sono da evitare perché si scannano per definire le gerarchie. Il boss del quartiere va rispettato, anche solo per la stazza, imponente e massiccia, ed è anche bene evitare con lui sguardi di sfida che potrebbero portarlo ad essere aggressivo e non sono pochi i sub vittime di morsi e attacchi.
Prima dell’immersione la guida ci mostra due libri, uno dei pesci e l’altro degli invertebrati, offrendoceli come un menu per la nostra scelta. E così è: c’è talmente tanta vita che è facile trovare quello che vorremmo vedere: cavallucci, jaw fish, murene, polpi, mante, trigoni, istrici, barracuda, razze, snapper, cernie… e di tutto di più.
Oltre alle immersioni in parete è possibile visitare qualche relitto, divenuto ora un eccezionale reef artificiale, come voluto prima dell’affondamento, come per esempio il Fang Ming o il C-59. Relitti di nessun interesse storico sono però un’alternativa piacevole come terza immersione.
Le immersioni sono tutte molto facili, poco profonde e con una temperatura dell’acqua molto gradevole anche con una 3 mm, intorno ai 28°C. La visibilità è buona ma il plancton rende molto difficile ottenere delle belle foto, o almeno la mia scusa è questa.
Per le nostre immersioni ci siamo appoggiati al Diving Cantamar, una comodissima struttura con barche comode e spaziose e una guida super, Antonio, un ragazzo locale che ha reso più piacevoli le nostre immersioni.
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Immersioni in Baja California