Autore: Fabio Carnovale
Quando mi si chiede un consiglio su una buona custodia subacquea, la mia risposta invariabilmente è: una in cui non entri l’acqua e abbia un buon oblò. Non serve altro per delle ottime immagini.
Vediamo il perché: la differenza di densità dell’acqua rispetto all’aria costituisce sempre la fonte dei nostri problemi sia per quanto riguarda la trasparenza, l’assorbimento dei colori e la geometria del percorso del fascio luminoso. Le macchine fotografiche sono concepite per l’utilizzo in aria, se fossimo stati animali marini le avremmo progettate per funzionare piene d’acqua, ma così non è, e, a parte il terrore sacro dell’allagamento causa dell’azzeramento del nostro conto in banca, il problema principale dell’uso delle macchine fotografiche sott’acqua è costituito dal passaggio dell’immagine da un mezzo liquido esterno (enormemente più denso) a quello gassoso interno alla custodia.
Vediamo come si manifesta in pratica la problematica in questione: tutti quelli che leggono avranno avuto l’esperienza di osservare come un oggetto immerso parzialmente in acqua (ad esempio un remo di una barca) appare spezzato in corrispondenza del punto in cui si immerge. Se, invece, siete sempre andati per mare a motore, provate con una matita in un bicchiere d’acqua e assisterete al fenomeno. Bene, questo fenomeno è detto rifrazione ed è dovuto al fatto che la luce varia la velocità e la direzione in corrispondenza di cambi di densità del mezzo in cui viaggia.
Veniamo ora ad analizzare come questa particolarità ci complica la vita: normalmente si considera il fenomeno della rifrazione solo in funzione dell’ingrandimento relativo, ad esempio quando vediamo attraverso la maschera, che ha un vetro piatto, i raggi luminosi deviano e danno luogo ad un’immagine ingrandita; il pesce diventa pescione, l’astice asticione, la balena… e così via. Se il problema consistesse unicamente in questo, con custodie per fotocamere dotate di oblò piano sarebbe sufficiente dotarsi di obiettivi dalla focale molto corta e, moltiplicando questa per il fattore di ingrandimento (che per il gradiente aria-acqua è di 1,33) avremmo la focale risultante. In effetti per molte custodie è così e lo è anche per obiettivi anfibi come il 35mm Nikonos, che da grandangolare medio diventa sott’acqua un "normale" vicino ai 50mm. Con i grandangolari più corti, diciamo da 16 a 24mm, però, dobbiamo prendere in considerazione un importante caratteristica: l’ aberrazione cromatica. Il passaggio del raggio luminoso angolato attraverso sostanze trasparenti di diversa densità (acqua e aria, trascureremo per semplicità l’ulteriore passaggio attraverso il materiale dell’oblò) causa un fenomeno analogo a quello del classico esperimento del passaggio della luce attraverso un prisma: la scomposizione nei colori corrispondenti alle diverse frequenze della luce bianca, da Infrarosso a ultravioletto.
Al centro dell’immagine questo non avviene perché il raggio di luce che passa dall’acqua all’aria, essendo perpendicolare alla superficie dell’oblò, non devia il percorso, mentre man mano ci avviciniamo alle estremità l’angolo di rifrazione aumenta dando luogo ad un effetto "stiramento" sgradevole. La risposta a questo problema è: rendiamo TUTTI i punti dell’immagine dritti verso il centro focale: per far questo si dovrà dotare la custodia di un oblò sferico, il centro di questa sfera dovrà essere coincidente con il centro focale dell’obiettivo (si può considerare quest’ultimo il piano delle lamelle el diaframma) . Così facendo tutti i raggi luminosi saranno perpendicolari al piano tangente la superficie della sfera e non devieranno, continuando il loro percorso senza subire distorsioni.
E’ chiaro che queste considerazioni sono strettamente teoriche, nella maggior parte dei casi la centratura dell’oblò è frutto di compromessi, specialmente con gli obiettivi a focale variabile (zoom), ma rispettando il più possibile le dimensioni necessarie, i risultati saranno eccellenti. Al contrario, bisogna evitare quelle "forzature" che talvolta si vedono per adattare a tutti i costi ottiche grandangolari spinte a oblò dalla curvatura e estensione insufficienti perché si comporteranno in modo molto simile a quelli del tipo piano.
Con l’oblò piano assistiamo ad una deviazione progressiva dei raggi luminosi avvicinandoci ai bordi
Con l’oblò sferico i raggi luminosi non deviano
Un oblò sferico con un obiettivo troppo vicino ad esso si comporta parzialmente come uno piano
La luce bianca è composta dall’insieme delle frequenze costituenti i colori dello spetto visivo
Il raggio di luce angolato viene scomposto in modo analogo a quello passante attrverso un prisma
Questa immagine è ottenuta con un oblò sferico corretto
La stessa immagine simulando via software (in modo esagerato) gli effetti della rifrazione di un oblò piano: ingrandimento e aberrazione periferica
Questa immagine è ottenuta con un grandangolare 24mm ed un oblò piano: vediamo nel riquadro in basso la distorsione
L’oblò sferico restituisce una immagine corretta ai bordi anche con una ottica spinta come il 16mm utilizzato per questa foto
Ora alcune domande sorgono spontanee: perché con le compattine che fanno apparire le custodie per reflex delle ingombranti lavatrici, pur essendo dotate quasi nella totalità dei casi, di minuscole finestrelle piatte neanche degne di essere chiamate oblò, la distorsione laterale è minima?
Il motivo risiede essenzialmente nel fatto che in queste fotocamere il sensore è di misura estremamente ridotta, e quindi la parte distorta viene tagliata via, come accade in misura minore anche nel caso delle reflex digitali con sensore 23,6 x 15,8mm. Questo non vuol dire che dobbiamo buttar via la nostra costosa "lavatrice", i sensori ridotti, gli obiettivi come anche i sistemi di illuminazione dedicati ad essi, presentano una serie di limitazioni (tra cui l’angolo di campo) che ancora fanno propendere, per ottenere immagini di alta qualità, verso la reflex, ma chissà il futuro cosa ci proporrà?
Nonostante la cortissima focale della compattina, 6mm, e l’oblò piano, non vi sono significative distorsioni
L’immagine intera corrisponde al formato pieno (24x36mm) della pellicola o sensori equivalenti, il riquadro bianco corrisponde al formato APS circa 23x 15mm, il riquadro più piccolo al centro appartiene approssimativamente, alla maggioranza delle compatte digitali.
E’ evidente come la distorsione viene "tagliata" via.
Ringraziamo Fabio per questo articolo e vi invitiamo a visitare il sito:
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