Autore: Fabio Carnovale
Come tutti gli esploratori degli abissi sanno, man mano che si raggiungono quote più profonde si assiste ad un progressivo e selettivo assorbimento delle tonalità di luce con conseguente riduzione della visibilità dei colori fino ad arrivare ad un monocromatico blu.
Questo dipende in primo luogo dalla diversa penetrazione della luce attraverso un mezzo (liquido) enormemente più denso dell’aria; basti pensare che una colonna di dieci metri di acqua equivale, in peso, a una analoga colonna d’aria dello spessore della intera atmosfera terrestre. Gli effetti di questa differenza di densità si traducono in una drammatica caduta della trasparenza, che avviene, tra l’altro, un maniera differente per le diverse frequenze d’onda della luce.
Già a pochi metri il rosso non è più distinguibile, poi il giallo, fino ad arrivare ad un uniforme verde-blu che sarà blu scuro alle profondità più elevate.
Dal punto di vista fotografico questo costituisce un grosso problema, i colori dei pesci, dei coralli delle gorgonie e quant’altro risulteranno tutti influenzate da una notevole dominante blu-verde che non farà apprezzare certamente i variopinti fondali.
La soluzione si chiama, in primo luogo, flash. Il lampeggiatore dovrà essere una parte predominante della nostra attrezzatura. Nei primi metri di profondità, diciamo entro i 5-8 metri, l’assorbimento delle tonalità calde sarà ancora limitato e si potrà ancora compensare con la filtratura ottica (prevalentemente per gli utilizzatori di pellicola) oppure per i “digitali” con la regolazione in post produzione dei canali colore. A profondità maggiori, senza l’uso di uno o più flash di buona qualità si assisterà ad una dominante monocromatica blu non più regolabile tramite la variazione delle tonalità semplicemente perché non si può enfatizzare quello che manca totalmente, in questo caso i colori rosso e giallo.
Iniziamo dal primo accorgimento quindi: nonostante le macchine fotografiche digitali permettano l’utilizzo di flash di minor potenza grazie a sensori di elevata qualità anche a sensibilità elevate (alcune escono addirittura con la sensibilità iso minima di 200) questo non ci permetterà di recuperare tutte le frequenze di luce che vorremmo. E’ comunque corretto pensare che, almeno per le riprese ravvicinate, ci possiamo permettere una potenza inferiore a quella in passato (o nel presente per alcuni) necessaria per la pellicola. Quando però la distanza dal soggetto aumenta, l’efficacia del flash diminuisce in modo molto più repentino che a terra, a quel punto la foto sarà illuminata esclusivamente dalla luce diurna più o meno pesantemente privata dalle frequenze anzidette. In altre parole, se è vero che la maggior sensibilità del sensore a terra ci farà recuperare più luce riflessa dal soggetto ripreso anche con una potenza del flash minore, in acqua avremo due problemi importanti: la riduzione della quantità di luce che raggiungerà il soggetto avverrà in proporzione alla distanza, con una progressione molto maggiore, e la qualità della luce che il sensore recupererà sarà anch’essa proporzionalmente privata delle tonalità calde. Insomma, se possiamo, dedichiamo al od ai flash una cospicua parte del budget per l’acquisto della attrezzatura.
Il bilanciamento del bianco: le fotocamere non prevedono un bilanciamento del bianco dedicato alla luce subacquea, in genere è sufficiente impostarlo su “luce diurna” o su “auto”
Una nota ormai appartenente alla storia: anni fa la Kodak aveva messo in produzione una pellicola denominata “Underwater” che aveva la finalità di ridurre la dominante blu delle fotografie subacquee, ma a causa della tendenza a rendere innaturale lo sfondo e del limite di utilizzo entro i primi metri di profondità, non ebbe molto successo.
Veniamo quindi alla correzione delle dominanti in fase di post produzione: spesso, avendo regolato la fotocamera su valori flat in termini di saturazione e quant’altro ed anzi utilizzando il formato raw (grezzo, viene definito “il negativo del digitale” che per definizione è, o dovrebbe essere, privo di qualunque influenza software su quanto impressionato) assistiamo a immagini dove la tonalità appare vicina ad un preoccupante monocromatismo; in realtà, se un minimo delle frequenze desiderate è stato registrato dal sensore, queste potranno essere enfatizzate. Non mi dilungo su l’utilizzo di questo o quell’altro programma di fotoritocco, tutti o quasi hanno una sezione dedicata alla regolazione dei canali di colore. Normalmente la nostra possibilità di regolazione avviene sui canali RGB: (rosso verde blu) oppure CYMK (ciano, magenta giallo nero), in ogni caso la possibilità di regolazione è pressoché infinita a patto, sempre, che i suddetti colori almeno in minima parte siano presenti.
Vediamo alcuni esempi:
Questo Balestra Titano è stato ripreso con una potenza di flash notevole, il numero guida elevato ha richiesto un diaframma piuttosto chiuso, come possiamo vedere dallo sfondo che, pur vicino al soggetto, appare sottoesposto. Il fotogramma che vediamo è quasi come è uscito dal sensore, non è stata effettuata nessuna regolazione delle tonalità dei colori, l’unica modifica riguarda il contrasto.
Il secondo Balestra invece, è stato ripreso con una potenza di flash inferiore ed una apertura di diaframma superiore, si recupera molta più luce ambiente ed è ovvio che la foto appare molto più uniformemente illuminata, ma la tonalità verde è al limite della possibilità di regolazione per rendere giustizia alla coloratissima livrea del pesce.
Effettuiamo le regolazioni sbizzarrendoci con il mouse sui canali colore e otterremo le necessarie variazioni cromatiche.
Se però andiamo a confrontare i colori senz’altro più “sinceri” del primo pesce con quelli del secondo vedremo che non proprio tutto è andato al posto giusto: specialmente sul muso abbiamo dei riflessi lilla che conferiscono una eccessiva civetteria al pesce che magari invece è una seria madre di famiglia. Inoltre la zona del fondo sabbioso illuminata dal flash è risultata eccessivamente rossa rispetto alle zone d’ombra e alla parte più lontana. Questo dà luogo ad un contrasto di colore innaturale che ne tradisce l’origine digitale.
Variando selettivamente il colore vediamo come possiamo riportare il tutto ad un livello accettabile: il fondale in primo piano è regolato a valori di enfatizzazione dei colori caldi minore e anche per quello che riguarda il muso del pesce si è ridotto il rosso ridando la giusta serietà alla nostra modella acquatica.
Come si vede, non è semplicissimo, in mancanza di un riferimento oggettivo, regolare correttamente i colori, ma è possibile con un po’ di pazienza ed esperienza. Non entro in merito alle tecniche di regolazione differenziata dei colori su zone diverse dell’immagine, questo esula questa trattazione, sarà bene, per chi vuole metterle in pratica, approfondire le modalità di lavoro per “strati” oppure effettuando lo “scontornamento” delle aree interessate per applicare le regolazioni del caso.
Tutto ciò però a patto che le tonalità da enfatizzare siano almeno in minima parte presenti: vediamo il secondo esempio, la tartaruga nel primo scatto è stata ripresa in posizione lontana, e nonostante la minima profondità (non più di 12 mt) risulta praticamente monocromatica, la regolazione effettuata dà luogo esclusivamente alla presenza di una dominante blu più gradevole di quella verde iniziale.
L’immagine iniziale flat.
La regolazione diminuisce la dominante verde ma non produce colori caldi.
Man mano che l’animale si avvicinava vediamo come la luce del flash inizi a evidenziarsi e come la regolazione del colore diventi più efficace.
L’immagine iniziale flat dello stesso animale più “a portata di flash”.
La regolazione è efficace anche per le tonalità calde.
Concludiamo con alcune considerazioni riguardanti le fotocamere più economiche: le compattine col flash incorporato. Parafrasando un noto proverbio possiamo dire: chi non ha buona fotocamera abbia buon software. Il flash, oltre che parallelo all’obiettivo è pure di potenza minima, la dominante verde dell’immagine è dovuta principalmente alla luce diurna che per fortuna conserva ancora un barlume di tonalità calde. Bene, la regolazione dei toni unita ad altre migliorie via software come la riduzione del rumore e della sospensione rendono questa immagine più che accettabile. Attenzione però: questo non vuole assolutamente dire che le attrezzature di qualità non servono, le situazioni come quella qui rappresentata non abbondano di certo, rendendo una buona fonte di illuminazione un accessorio indispensabile.
L’immagine iniziale flat.
La regolazione restituisce il tipico colore giallo dei pesci.
In ultimo, un accenno, viste le infinite possibilità dell’informatica, alla possibilità di “creare” ex novo i colori laddove questi siano completamente assenti: è possibile, partendo preferibilmente da un’immagine in bianco e nero (scala di grigi), colorare artificialmente gli oggetti presenti, che verranno scontornati e colorati (anche qui utilizzando la regolazione dei canali) separatamente per creare degli effetti colore completamente inventati come nella foto che propongo.
In alternativa, si può tentare di recuperare con questa metodica una colorazione realistica in immagini che ne sono prive, ma badate bene, imitare la natura in maniera credibile partendo da zero è senz’altro l’impresa più ardua che si può tentare, in certi casi magari perché non rivalutare il caro vecchio bianco e nero?
L’immagine iniziale flat.
La conversione in scala di grigi.
L’elaborazione creativa.
Tutte le foto sono eseguite con Nikon D200 ob. Nikkor 18-35 in custodia Aquatica, Flash Sea&Sea ys 300 e Nikon Sb 105, eccetto la 9 e 10 (compatta) Intowa IC 600 con flash incorporato.
Ringraziamo Fabio per questo articolo e vi invitiamo a visitare il sito:
Fabio Carnovale www.fotoevita.net
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