Abbiamo intervistato Andrea Ghisotti, che da una ventina d’anni collabora con la Cressi come consulente tecnico, collaudatore e, in tempi più recenti, responsabile dell’Ufficio Stampa e della Comunicazione.
SP – Cosa è cambiato nella Cressi in questi vent’anni?
AG – Molto, moltissimo. Vent’anni fa era da poco avvenuto il trasloco dalla storica sede di Genova Quinto a quella attuale, in Val Bisagno e la ditta era ancora a metà strada tra la vecchia Cressi e quella nuova, che si sarebbe sviluppata negli anni a venire. Erano ancora in funzione, per esempio, tutte le presse per lo stampaggio della gomma, un settore nel quale eravamo leader. All’epoca tra i tanti articoli prodotti, c’erano settori più sviluppati, come quello delle maschere, delle pinne e delle mute e altri dove invece si puntava su prodotti d’importazione, come, per esempio il settore degli equilibratori.
SP – Perché, non erano fabbricati in Italia?
AG – No, ci appoggiavamo alla statunitense Soniform, che produceva con elevati standard qualitativi e ottimi materiali. Ma i tempi tra progettazione di un nuovo modello, prototipi, modifiche e produzione finale erano lunghissimi, impensabili oggi.
Così si decise di produrre direttamente, iniziando proprio da un nuovo gruppo comandi, che è un po’ il cuore di un gav. Ora abbiamo un gamma di 11 modelli che coprono ogni segmento di mercato ed è un settore nel quale siamo fortissimi, se non addirittura leader di mercato.
La stessa operazione è stata affrontata in ogni settore merceologico, compreso quello, che ci sta particolarmente a cuore, degli erogatori.
SP – Eppure la Cressi-sub produceva già ottimi erogatori negli anni ’60.
AG – Sì, certo. Il nostro Polaris 4 è stato uno dei primi affidabili erogatori bistadio nel panorama subacqueo mondiale. E l’evoluzione è sempre proseguita. Ma non avevamo una gamma molto ampia e oggi, senza gamma, non riesci a importi in modo incisivo sul mercato. Per cui, pur avendo singoli erogatori dalle ottime prestazioni, non riuscivamo a portare avanti un’immagine di produttore specializzato in un settore tecnologico come quello degli erogatori.
SP – Quando la situazione ha iniziato a cambiare?
AG – Partendo dalla base, ovvero dalla creazione di due nuovi uffici tecnici di progettazione, interni all’azienda e tra loro indipendenti, dotati di tutti gli strumenti moderni per la progettazione a computer e diretti da due tecnici molto giovani ma di grande talento, diciamo pure due cervelli eccellenti, selezionati tra i migliori sfornati dai nostri istituti. Ci siamo poi dotati dei migliori banchi prova al mondo, attrezzature complesse e costose, per lo sviluppo e la messa a punto dei vari modelli. Non si può però dimenticare, accanto a questo aspetto, diciamo così, tecnologico, l’indispensabile apporto di esperienza di chi dentro l’azienda si è occupato per tanti anni di erogatori e di chi ha sempre effettuato gli indispensabili collaudi in mare.
SP – Ma gli erogatori Cressi vengono fabbricati proprio da voi, o acquistate primi e secondi stadi da produttori esterni?
AG – E’ proprio questo il nuovo corso del settore erogatori. Fino a qualche anno fa i primi stadi venivano acquistati da ditte specializzate, che producevano su nostre specifiche, mentre i secondi stadi venivano prodotti direttamente. Oggi invece tutto viene realizzato direttamente da noi, o meglio, una parte della componentistica viene fatto produrre da ditte metalmeccaniche super specializzate, mentre un’altra parte viene prodotto direttamente in azienda. Ma sono progetti esclusivi Cressi, sviluppati da noi, che non esistono sul mercato e che quindi non potrai trovare nel listino di altri fabbricanti, con un’estetica appena leggermente diversa l’uno dall’altro. Unica eccezione, i due primi stadi a pistone, bilanciato e non, che acquistiamo ancora belli e pronti da un produttore esterno, ovviamente con alcune caratteristiche particolari, proprie solo dei nostri modelli.
SP – Un notevole cambiamento di rotta. Con che modello è iniziato il nuovo corso?
AG – Con l’Airtech. E’ con il suo primo stadio MC7 a membrana che è iniziata la nuova progettazione Cressi dei primi stadi. Un prodotto eccellente, alla pari con i migliori prodotti del mercato mondiale. Pochi i difetti della prima serie, subito eliminati e molto alte affidabilità e prestazioni. Il secondo stadio invece è nato esteticamente datato, troppo grosso di diametro, anche se tecnologicamente molto avanzato e il mercato non l’ha premiato.
Solo con la progettazione dei nuovi secondi stadi della serie Ellipse, abbinati al primo stadio MC7, le vendite hanno cominciato a premiare tanti anni di sforzi progettuali e produttivi. Va anche detto che l’Ellipse è un erogatore del tutto rivoluzionario. Pensa che solo nel secondo stadio racchiude ben 4 brevetti internazionali, corrispondenti ad altrettante geniali intuizioni del nostro reparto di progettazione.
SP – Oggi però avete altri primi stadi a membrana, oltre all’MC7. Quali sono le differenze?
AG – Sì, lo scorso anno è stato presentato l’MC5 e quest’anno l’MC9, nelle due versioni, normale e SC, ovvero dotato di Seal Chamber, una speciale camera stagna che isola totalmente il secondo stadio dal contatto con l’acqua. Differenze rispetto all’MC7? Eh, anche i migliori invecchiano … Diciamo che nei nuovi primi stadi c’è tutto il meglio dell’MC7, con ancora molto di più. A parte una drastica riduzione di peso, oggi importantissima con il risicatissimo free concesso dai voli charter, un grosso passo avanti è stata l’adozione di un cilindro interno incamiciato in speciali materiali antiattrito e anticorrosione e l’adozione di un pistoncino con “pastiglia” sovrastampata.
SP – Ci puoi spiegare meglio?
AG – Nel primo stadio c’è un pistoncino che si muove alternativamente, proprio come il pistone in un motore a scoppio. Fino ad ora lo scorrimento del pistone avveniva metallo su metallo, con grossi attriti e fenomeni di ossidazione, a contatto con l’acqua salata. Noi abbiamo invece rivestito la canna interna del cilindro con speciali materiali antiattrito, che garantiscono uno scorrimento molto più dolce e uniforme del pistoncino. Quest’ultimo non riporta più, com’è stata la regola universale per tanti anni, la pastiglia di tenuta sulla testa, ma la testa stessa funge da pastiglia di tenuta, essendo sovrastampata in speciali materiali plastici, operazione che effettuiamo direttamente in azienda. Insomma, scorrimento superlativo e tenuta perfetta, senza alcun rischio di scollaggio della pastiglia.
Ma poi ci sono altri mille segreti, non tutti raccontabili. Lo studio dei flussi d’aria riveste per esempio la massima importanza. Abbiamo abbassato la caduta di pressione al momento dell’inspirazione a livelli davvero minimi.
SP – Quest’anno avete anche presentato un nuovo secondo stadio, il modello Ellipse Balanced.
AG – Sì, è un erogatore top di gamma, una vera Formula 1 del mare, dotato di tutte le raffinatezze tecnologiche per farne un numero uno: pistoncino bilanciato pneumaticamente, cassa ampliata e nuova leva erogatrice progettata al computer, regolazione micrometrica dello sforzo inspiratorio, avanzatissimo studio dei flussi d’aria interni, baffo di scarico corto o lungo, a scelta dell’utilizzatore e molto altro ancora.
Erogatore Cressi Ellipse Balanced
SP – Ma dimmi la verità, tu che li collaudi anche ad alta profondità, c’è molta differenza tra un erogatore e l’altro?
AG – Un tempo sì. Mi capitava di provare di quei chiodi! Ma oggi con le normative europee che impongono prestazioni molto elevate anche sui modelli basici, non c’è erogatore che non vada bene. Diciamo che le differenze le vedi dai 50 metri in giù, ad aria però, perché se impieghi miscele ternarie a base d’elio, anche il più economico degli erogatori con primo stadio non bilanciato diventa ottimo a 100 metri! Più che di prestazioni, parlerei di un altro aspetto, impossibile da valutare con i banchi prova e riscontrabile solo sott’acqua. E’ quello della piacevolezza di respirazione, che non significa solo avere bassi valori di sforzo inspiratorio ed espiratorio. Significa dolcezza di ventilazione, nessuna sparata d’aria in bocca, assenza di rumori e gorgoglii, grande facilità di espirazione. Insomma, un insieme di caratteristiche che, per fortuna, le macchine non riescono a valutare e che lasciano ancora un po’ di soddisfazione ai vecchi tester.
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