Spesso noi biologi siamo accusati di diffondere notizie catastrofiche senza proporre soluzioni concrete.
Purtroppo negli ultimi anni, a causa di una popolazione umana sempre in aumento e dell’impatto crescente che lo sviluppo ha sull’ambiente, c’è poco da stare allegri! Gli ambienti naturali sono confinati in riserve, sempre più piccole e isolate tra loro, e veri e propri santuari della Natura devono capitolare.
Adesso è il turno della Grande Barriera Corallina Australiana, che sta subendo il più imponente fenomeno di sbiancamento della sua storia. Le cronache ci riferiscono che nella sezione più settentrionale della GBR (Great Barrier Reef) oltre l’80% dei coralli è gravemente danneggiato.
Cosa è questo sbiancamento? Cerchiamo di fare chiarezza: i coralli costruttori o madrepore, vivono in simbiosi con microalghe unicellulari (zooxantelle) che infettano i loro tessuti e li invadono riproducendosi.
L’alga, usando la luce solare attraverso la fotosintesi produce materiale organico in eccesso che in parte trasuda direttamente nei tessuti dell’ospite, regalandogli nutrimento fresco e sollevandolo dal compito di cercare il cibo. Poi sottrae all’ambiente anidride carbonica, che in acqua si trasforma in acido carbonico: diminuendo l’acidità del microambiente attorno alla colonia rende più facile e molto più veloce la deposizione del carbonato di calcio. I tessuti del corallo sono bianchi, a dargli il caratteristico colore marrone, verde, bronzeo, sono le alghe.
Ogni tanto le madrepore si ammalano, e perdono le loro zooxantelle. Il fenomeno non è perfettamente chiaro a tutti, in molti casi sembra che una tossina prodotta dal corallo stesso o da un batterio sia responsabile della morte delle zooxantelle. In tutti i casi le zooxantelle abbandonano il corallo, e lo sbiancamento ne è l’aspetto che noi percepiamo dall’esterno. Erano le zooxantelle a dare colore ai tessuti del corallo, che perdendo le alghe appaiono perfettamente bianchi.
Questa è una prima fase del fenomeno, il corallo sbiancato non è ancora morto, ma sta soffrendo, e se la crisi si protrae a lungo muore e si ricopre di alghe opportuniste assumendo un colore verde-nerastro.
Lo schema del disegno, preso dal sito della GBRMPA (Great Barrier Reef Marine Park Authority) riassume i 3 passaggi (corallo sano, sbiancato, morto). Quello della foto di apertura è un corallo sbiancato ma ancora vivo.
Lo sbiancamento dei coralli è collegato a temperature delle acque anormalmente alte. Le temperature degli oceani hanno degli innalzamenti secondo cicli di 9-10 anni (fenomeno noto come El Niño), nel periodo storico in corso le oscillazioni si inseriscono su una temperatura di base già alta (per il riscaldamento del pianeta, e il risultato lo abbiamo davanti agli occhi.
Il compito dei biologi è quello di segnalare questi pericoli: lo sviluppo della popolazione umana comporta un aumento della CO2 atmosferica, questa comporta un aumento della temperatura globale, che secondo alcuni scienziati di grande importanza, assieme all’aumento dell’acidità, porterà entro il secolo in corso alla scomparsa totale dei reef corallini. Questo lo dicevamo già 50 anni fa, continuiamo a dirlo senza risultato… E qui mi fermo, ogni suggerimento su come risolvere il problema porterebbe a conclusioni impopolari.
Il compito di fare leggi e di farle rispettare spetta alla politica. Possiamo solo sperare che facciano in fretta.
Per chi volesse leggere altro sull’argomento:
2099 Odissea sul reef di Massimo Boyer, articolo su Scubazone n. 25 sul futuro dei reef [SZ25]
C’era una volta un reef di Massimo Boyer, articolo su Scubazone n. 12 sulle speranze residue [SZ12]
Atlante di Flora e Fauna del Reef, di Massimo Boyer, in vendita sul nuovo Marketplace.