Come milioni di altre persone al mondo, mi avvicinai alla fotografia, quasi per caso, con l’avvento delle prime fotocamere digitali, forse più attratto da un nuovo giocattolo tecnologico che dall’arte della fotografia.Costavano parecchio, ne comprai una usata da un amico e una nuova per il lavoro che salvava i file sui floppy da 3.5′. Un lontano ricordo di un’epoca che sembra lontanissima e che invece risale a poco più di un decennio fa.
Se mi fossi fermato lì probabilmente ora vivrei meglio, quantomeno come comodità durante il tempo libero e possibilità di spendere per altre cose. Invece sono stato risucchiato dalla passione per la fotografia e, peggio ancora, della fotografia subacquea.
Se uno vuol pensare ad un hobby sbattimentoso non sbaglierà molto se penserà alla subacquea: 20-30 chili di attrezzatura da preparare, trasportare, controllare, ripulire, asciugare e riporre con cura. Se a questo si aggiunge l’attrezzatura fotografica bisogna pensare ad almeno un trolley di 10-15 kg di altra attrezzatura che a sua volta va preparata con maggiore cura, controllata, montata, ripulita ecc ecc.
Nelle acque calde lo sforzo è quasi sempre minimo, soprattutto se l’attrezzatura viene gestita dallo staff dei centri immersioni. Tutto cambia invece con le immersioni invernali da riva dove sei tu a doverti occupare di tutto e in queste condizioni le 12 fatiche di Ercole fanno sorridere.
Il primo problema è generalmente il parcheggio
Trovare un posto auto vicino all’ingresso in acqua è pressoché impossibile e nel migliore dei casi saranno da percorrere solo poche centinaia di metri, in diversi viaggi, perché difficilmente si riuscirà a trasportare tutto in un unico spostamento.
Con la massima cura è bene poi controllare che tutto sia a posto perfettamente soprattutto la chiusura dello scafandro e i vari collegamenti ai flash. Se si entra in acqua con la bombola chiusa, poco male, la si apre in acqua, ma se lo scafandro è chiuso male… meglio non pensarci.
Pur con cura quasi maniacale a me è successo comunque diverse volte. (Non chiedetemi la marca della custodia perché non le dico!)
L’ingresso in acqua è una fase critica ed è bene mantenere lo sguardo rivolto esclusivamente alla fotocamera, dimenticandosi del buddy e di tutto il resto. C’è solo lei la macchina fotografica rinchiusa in un guscio che la dovrebbe proteggere. Nonostante la massima attenzione, posso garantire che questo può non bastare e un allagamento l’ho avuto proprio in superficie dopo poche lente pinneggiate. Eppure sembrava tutto a posto e invece… addio reflex e ottica.
L’immersione… finalmente il momento dell’immersione.
Dopo il tuffo la prima cosa da fare è allontanarsi da tutti perché ogni sub in acqua diventa un elemento di fastidio del fotosub, e viceversa. Non esistono i buddy e non esiste il sistema di coppia: sott’acqua sono tutti nemici, ognuno per sé e Dio per tutti. L’unica eccezione possono essere le guide asiatiche che sono tra le uniche in grado di scovare qualsiasi essere vivente sotto al centimetro di lunghezza e di segnalarlo senza far troppo i preziosi.
Da soli è meglio: potreste mai immaginare qualcuno che resista al vostro fianco per 90 minuti fermi davanti ad un apogon? Certo è meglio evitare di andare troppo profondi e di correre rischi inutili, i primi 10-20 metri sono perfetti.
L’altra fase che richiede molto tempo ed attenzione è il post-immersione per il…
lavaggio dell’attrezzatura fotosub
lo smontaggio di questa e la fase di ricarica delle varie batterie che alimentano il tutto. La stanza di albergo solitamente si trasforma in una piccola centrale e ogni spina viene occupata da qualche elemento in ricarica: batteria della fotocamera, delle torce, dei flash, del computer, del cellulare, ecc
Arriva sera e quando gli altri si godono l’aperitivo per noi è il momento di scaricare e selezionare impietosamente le foto eliminando il più possibile. E’ difficile ma bisogna essere inclementi e avere il coraggio di cancellare.
Avete presente il momento del cambio degli armadi di primavera, quando dovete buttare i vestiti che non usate più per alleggerire il guardaroba?
La sensazione è simile: non si vorrebbe buttare niente ma se non lo facessimo ci troveremmo presto il nostro hard disk pieno di gigabyte inutili.
Al download segue lo sviluppo delle immagini. Forse chi non fotografa con le reflex non lo sa, ma le foto devono essere elaborate partendo dai file RAW. E’ vietato anche pensare di poter usare i jpg. Questa è una fase creativa e piacevole per alcuni versi ma anche impegnativa e noiosa per altri, come per esempio l’eliminazione della sospensione quando questa è finita nello scatto.
Al tramonto, dopo una giornata di immersioni, se si è fortunati e ‘bravi’, ci si ritrova con un paio di scatti accettabili ma solitamente non si è mai soddisfatti del tutto perché…
lo scatto migliore sarà quello di domani!