– Bel Innu! Timoniere, dirigi la prua verso la foce del Centa, cerchiamo un riparo per la notte da questa tempesta. Il mare cresce ancora!
Il capitano Amilcare era un fenicio, nato a Berito, civis romanum a tutti gli effetti, un cittadino dell’impero. Abilissimo marinaio, aveva fatto carriera velocemente e in pochi anni da rematore era diventato capitano di una nave mercantile che faceva servizio tra i porti del Mediterraneo trasportando merci varie, soprattutto vino e derrate alimentari.
A bordo avevano un carico di anfore estremamente varie come forma e dimensioni. Questa anomalia non piaceva per nulla ad Amilcare: le tipiche anfore romane di forma allungata, tutte uguali, erano fatte per incastrarsi tra loro in più strati sovrapposti: sulla nave ce ne stavano tante e formavano un carico solido riempiendo bene gli spazi. Da uomo di mare, il Fenicio aveva sempre ammirato la precisione e la lungimiranza dei Romani, ci doveva essere un motivo se avevano conquistato il mondo, a parte la potenza militare.
La nave aveva imbarcato il suo carico di vino in tappe successive: a Epidaurum, poi a Taras, a Partenope, infine a Labrone, ed ora era diretta a Nicaea dove Amilcare avrebbe incontrato Numa, il commerciante. Non amava particolarmente Numa: la sua passione per i sesterzi li forzava sempre a sovraccaricare la barca con materiale proveniente da vari porti, ammassare velocemente molto vino proveniente dalle assolate colline del sud, questa era la filosofia di Numa. Poi lo avrebbe rivenduto per i festini che si tenevano nelle ville dei ricchi di Canua e Antipolis.
Aveva a bordo le tipiche anfore panciute fabbricate nelle colonie della Magna Grecia, col collo largo, da cui potevi prendere il nettare di Bacco a mestolate. Ma accanto a quelle erano presenti a bordo altre anfore di fabbricazione adriatica (caricate a Epidaurum), e altre ancora, a formare un carico anomalo. Forte della sua lunga esperienza di navigazione e di commerci per tutto il Mediterraneo, Amilcare lo aveva fatto legare con cura, riempiendo tutti gli spazi con cocci e tessuti, ma appena si era lasciato alle spalle Genua le nuvole nere che si addensavano all’orizzonte avevano reso il Fenicio ancora più cupo e silenzioso del normale.
E ora, dopo due giorni e due notti di tempesta, con l’equipaggio allo stremo, il profilo inconfondibile dell’isola Gallinaria voleva dire la possibilità di trovare un ridosso sicuro e la salvezza, a breve distanza dal porto di Albium Ingaunum.
In quel momento un’onda più alta delle altre si abbatté sul ponte, provocando uno schianto nel fasciame. Alcune delle anfore cominciavano a rotolare, dalla parte prodiera della nave qualcuno gridò:
– Affondiamo!
– Bel Innu! Proteggi il mio spirito, Bel Innu!
… 2000 anni dopo (circa)
– Belín, hai visto che strano relitto? Ci sono anfore di almeno 4 forme diverse.
Sulla scrivania del soprintendente per l’archeologia della Liguria era arrivato un plico di fotografie, accompagnato da un breve rapporto dei Carabinieri del Centro Subacqueo di Genova Voltri. L’ispezione diretta aveva permesso di verificare l’esistenza di un relitto carico di anfore romane, alla distanza di circa 1 miglio dalla foce del fiume Centa, alla profondità di circa 50 metri. Con i resti lignei della nave ormai decomposti, quello che rimaneva era un cumulo di anfore lungo 25 metri per circa 8 di larghezza, con un massimo di 1500 anfore poste originariamente su due livelli verticali di stoccaggio. Il sito non era stato saccheggiato, e il carico era pressoché intatto, a parte danni minori causati dall’utilizzo di reti a strascico. Ulteriori immersioni avrebbero evidenziato altri reperti interessantissimi, quali una pompa di sentina in piombo.
Note:
- Bel Innu: invocazione religiosa in lingua Fenicia, significa letteralmente “Signore nostro”. Bel era una divinità il cui culto era diffuso nella antica Mesopotamia e nelle zone vicine. Sembra che, direttamente o per il tramite della divinità celtica Belenos, questa invocazione abbia dato origine all’intercalare “belín” tipico dei dialetti liguri.
- Berito: Beirut
- Epidauro: Cavtat (cittadina Croata)
- Taras: Taranto
- Partenope: Napoli
- Labrona: Livorno
- Nicaea: Nizza
- Canua: Cannes
- Antipolis: Antibes
- Genua: Genova
- Gallinaria: Gallinara (qualcuno utilizza ancora oggi la grafia originale, Gallinaria)
- Albium Ingaunum: Albenga
- Ovviamente abbiamo voluto immaginare la scena del naufragio della nave, la ricostruzione è basata solo sulla fantasia dell’autore. Di vero nel racconto c’è la particolarità del carico del relitto, conosciuto come relitto B, che lo contraddistingue da tutti gli altri conosciuti finora.
Ringraziamo per la collaborazione la Soprintendenza Archeologia di Genova, l’Assessorato ai beni culturali di Albenga e il centro subacqueo Idea Blu di Albenga, autorizzato a svolgere immersioni aperte a un numero limitato di subacquei esperti al relitto B e ad altre zone archeologiche.
Qualche archeologo arriccerà il naso, ma noi dello STAS, compreso il Soprintendente abbiamo apprezzato.
Carino, spiritoso e accattivante, quello che ci vuole per continuare un’opera educativa verso il rispetto e la tutela del patrimonio sommerso. Efficace anche per far comprendere un mondo che non è poi così distante dalla nostra vita quotidiana.
Saluti.