Autore: Federico Mana
La manovra Valsalva e la compensazione in profondità
Ricordo ancora il muro dei 38/40 m!
Non c’era verso di passare quella quota… per ben otto mesi mi sono scaraventato contro quella parete d’acqua che inesorabilmente mi rispediva indietro.
Provavo il richiamo del diaframma, ma appena aprivo le vie aeree per compensare mi trovavo con la maschera incollata al volto ed una strana sensazione a metà sterno che imponeva la virata.
Se provavo a spingere oltre la quota limite immancabilmente all’uscita notavo espectorato roseo nella saliva che indicava l’edema polmonare.
Dal 2003 mi sono trasferito al mare ed ho avuto occasione di fare molta pratica in apnea con oltre 4000 tuffi all’anno per ben cinque anni. Questa condizione mi ha permesso di lavorare molto sul rilassamento in acqua, sull’adattamento alla pressione e sulle tecniche di compensazione.
Premetto che quanto contenuto nelle seguenti righe è frutto di esperienze ed osservazioni soggettive e di confronti con molti altri apneisti di alto livello, ma non è in nessun modo supportato da teorie scientifiche.
La compensazione ed il richiamo del Diaframma
Quando ho iniziato a fare apnea ricordo che la tecnica consigliata e praticata da molti apneisti per compensare alle quote critiche era il richiamo del diaframma.
Quando l’apneista sente di essere vicino al “limite di compensazione” agisce con una manovra di richiamo del diaframma verso l’alto, questa tecnica va comprimere ulteriormente i polmoni mandando l’aria residua verso la bocca.
Quest’aria potrà essere utilizzata per compensare maschera e orecchie.
Personalmente ho sempre avuto difficoltà ad eseguire questa manovra a quote profonde (oltre i 40 m) e quando provavo a farla lo sforzo applicato mi portava ad inarcare la schiena e puntualmente perdevo il rilassamento necessario per la discesa.
Con tempo, osservando coloro che riuscivano in questa tecnica e coloro che invece avevano i miei stessi problemi notai che i due gruppi di persone avevano caratteristiche di compensazione differenti.
Le differenti manovre di compensazione
Farei dunque una prima importante distinzione tra coloro che compensano senza dover portare la mani al naso (Hands-Free) e coloro invece che devono farlo praticando la manovre di Valsala.
Ho notato come i primi incontrano molti meno problemi di compensazione in profondità, hanno la fortuna di patire meno l’adattamento alla pressione ed inoltre, raramente risentono lo squeeze polmonare dato dalla pressione.
Ipotizzo dunque che queste persone hanno “le doti e la fortuna” di riuscire ad aprire volontariamente le tube di Eustachio mettendole in diretta comunicazione con l’aria contenuta nella faringe e nella bocca.
Questa condizione permette di utilizzare in modo molto efficiente l’aria di questi spazi e la compensazione risulta automatica senza dover richiamare aria dalle strutture polmonari con la stesa frequenza di chi,invece, pratica la manovra di Valsalva.
Ma veniamo ora a noi, cioè tutti quegli apneisti che devono obbligatoriamente portare le dita al naso per poter compensare correttamente.
La tecnica che prende il nome di Valsalva è la manovra di compensazione più semplice da effettuare.
Essa consiste nel tappare le narici con le dita e richiamando aria dai polmoni (simulando un tentativo di espirazione attraverso il naso), si ottiene l’apertura delle tube e la conseguente compensazione dell’orecchio medio.
La compensazione avviene quindi coinvolgendo direttamente i polmoni, pertanto durante la manovra la trachea sarà aperta ed in comunicazione con gli spazi aerei laringei e faringei.
A profondità significative la compressione polmonare data dalla pressione ambiente rende molto difficoltoso il richiamo di aria dalle strutture polmonari. Solamente un adeguato rilassamento di tutta la muscolatura di collo, spalle e tronco consente la manovra di compensazione attraverso il richiamo del diaframma.
Alla minima contrazione muscolare i tentativi di compensazioni si trasformano in inefficaci ed inutili rumori gutturali.
Purtroppo l’impossibilità di “recuperare” aria utile alla compensazione determina un ulteriore schiacciamento della maschera e se si tentano azzardate compensazioni oltre le proprie “quote limite” può accadere di essere soggetti ad uno squeeze polmonare con conseguente edema.
A parer mio (ribadisco che è solo un parere) ciò accade in quanto per tentare di compensare oltre queste quote si devono aprire le vie aeree che portano ai polmoni, ma la pressione negativa della maschera si ripercuote sull’albero respiratorio determinando una sorta di effetto ventosa.
Questa suzione a carico dei polmoni potrebbe essere responsabile dell’ espectorato roseo presente nella saliva.
Valsalva Sequenziale associato alla chiusura della glottide
Il confronto con atleti con le stesse problematiche ha portato a sperimentare delle metodologie di compensazione che potessero ovviare alla problematica dello schiacciamento polmonare e della compensazione in profondità.
La pratica assidua di tuffi fondi ed i consigli di coloro che prima di noi avevano sorpassato i limiti di compensazione ci portò a concludere che una volta raggiunte le massime quote dove la compensazione era ancora agevole era necessario effettuare un’ultima compensazione della maschera per poi smettere di compensarla e quindi mantenere le narici serrate durante tutta la caduta, parallelamente la compensazione dell’orecchio medio doveva diventare molto più frequente.
Questa manovra permette di compensare in modo rapido e sequenziale mantenendo la glottide serrata.
Quest’ultimo accorgimento consente infatti di isolare le strutture polmonari senza che vengano coinvolte dall’effetto ventosa precedentemente citato.
L’interruzione della compensazione della maschera spiega il perché, tra gli apneisti che raggiungono quote abissali, è diffuso l’utilizzo di maschere molto morbide, deformabili ed avvolgenti che non causano dolore anche quando sono molto compresse sul volto.
La pratica della manovra Valsalva Sequenziale associata alla chiusura della glottide ha permesso a me ed altri apneisti di incrementare le quote dei tuffi, ma soprattutto ci ha permesso di farlo senza incorrere nuovamente nello squeeze polmonare.
Accorgimenti
La pratica di questa manovra deve essere graduale ed è opportuno comprenderla e gestirla correttamente prima sperimentarla alle proprie quote limite.
Inoltre è molto importante imparare a mantenere la glottide chiusa anche durante la fase di risalita.
Dopo la virata in profondità, infatti, l’apneista è solito togliere la mano dal naso mettendo in contatto lo spazio aereo a pressione negativa della maschera con lo spazio aereo della faringe. Se la glottide resta volontariamente serrata i polmoni resteranno isolati dall’effetto ventosa indotto dalla maschera.
In caso contrario si rischia un forte schiacciamento polmonare con conseguente edema.
Federico Mana
www.federicomana.com
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