È vero che abbiamo il 70% dei geni in comune con un verme? (Silvana U.)
Risponde Massimo Boyer
Si tratta di una notizia che è stata un poco deformata dai media. Cerco di fare chiarezza, in poche parole, e scusatemi se devo usare dei termini scientifici.
550 milioni di anni fa circa, gli animali si suddividono in due gruppi, i protostomi (cui appartengono i platelminti, gli anellidi, i molluschi e i crostacei) e i deuterostomi (echinodermi, ascidie, e tutti i vertebrati). Tra i deuterostomi più primitivi ci sono i vermi detti Enteropneusti, che vivono sepolti nei fondali sabbiosi filtrando l’acqua.
Recentemente degli scienziati hanno sequenziato il DNA di due specie di Enteropneusti, ritrovandovi molti geni che sono presenti lungo tutta la serie evolutiva dei deuterostomi, quindi anche nell’uomo.
Dal punto di vista dell’evoluzione, abbiamo in comune più con gli enteropneusti di quanto possiamo avere in comune, per esempio, con un nudibranchio, con un polpo, con un paguro. Come del resto avremmo molto in comune, secondo questo ragionamento, con un ascidia o con un riccio di mare.
Questo basta per dire che siamo simili a un enteropneusto? Io direi che a questo punto dobbiamo esaminare criticamente la foto di un enteropneusto e la foto di un uomo: a volte tutto sta nel mantenere la giusta distanza da quello che voglio vedere. Da molto vicino (distanza da cui posso apprezzare la composizione del DNA) somigliamo a un verme? Poniamoci alla giusta distanza per giudicare, e cominciamo a preoccuparci solo se continuiamo a somigliare a un verme…