Autore: Cristian
Pellegrini –
http://www.daneurope.org
La subacquea ospite di Casa Abruzzo nel Fuori Salone di Expo 2015.
Anche il cibo può contribuire alla sicurezza: mangiare cioccolato
fondente prima dell’immersione allontana il rischio di embolia gassosa.
MILANO 4 giugno 2015
– Il cioccolato, nutrimento degli dei per i Maya, diventa oggi il cibo
consigliato prima di un’immersione subacquea, per migliorare la risposta
individuale allo stress dell’immersione e ridurre il rischio derivante dallo
sviluppo di bolle gassose nei vasi sanguigni. Si allontanerebbe così lo
spauracchio dell’embolia gassosa. Lo ha spiegato il
prof. Alessandro Marroni,
presidente del DAN (Divers Alert Network) Europe,
nel convegno “L’Expo con le pinne”
svoltosi a Milano, nel Fuori Salone di Casa Abruzzo, allo Spazio Fiorichiari.
Studi scientifici eseguiti in tutto il mondo
avevano già accertato che i flavonoidi contenuti nel cioccolato fondente, agendo
da antiossidanti, rallentano il declino cognitivo della mente ed esercitano
un’azione antidepressiva, antinfiammatoria, antipertensiva e antitrombotica.
Il DAN ha portato la propria ricerca sott’acqua, applicandola a 20 apneisti e a
42 subacquei con le bombole (ARA: AutoRespiratori ad Aria). Risultato: gli
antiossidanti del cioccolato fondente sono in grado di combattere i radicali
liberi prodotti durante l’immersione e l’assunzione di 30 grammi di cioccolato
fondente, un’ora prima dell’immersione in apnea e un’ora e mezza prima
dell’immersione con le bombole, può prevenire la disfunzione endoteliale
all’interno delle arterie.
Un primo studio ha coinvolto 20 apneisti, divisi in due gruppi di 10, che hanno
effettuato immersioni con profondità massima di 20 metri. Ai subacquei del primo
gruppo sono stati fatti ingerire 30grammi di cioccolato fondente (cacao 86%), 60
minuti prima dell’immersione. Il secondo studio è stato invece condotto su 42
subacquei, anch’essi divisi in due gruppi di pari numero, i quali si sono
immersi con ARA per 20 minuti, alla profondità massima di 33 metri. Anche in
questo caso il primo gruppo ha mangiato una barretta di cioccolato fondente, 90
minuti prima dell’immersione. Al termine delle immersioni, i test effettuati in
entrambi gli studi hanno mostrato come il primo gruppo (quello che aveva assunto
cioccolato) abbia avuto un aumento significativo della dilatazione
flusso-mediata dell’arteria brachiale (metodo ecografico per la valutazione
della funzione endoteliale), mentre nel secondo gruppo ne è stata addirittura
riscontrata la riduzione.
Quella subacquea è un’attività ad elevato dispendio energetico, soprattutto per
la maggiore dispersione termica in acqua rispetto all’aria, come ha rilevato il
dr. Paolo De Cristofaro,
nutrizionista. Il risultato è che, in circa un’ora d’immersione in acque miti,
si possono bruciare più di 600 kcal.
Anche il concetto di forma fisica qui non è condizionato dal mito della
magrezza. Al contrario, risulta essere svantaggiosa sia la magrezza che
l’obesità, l’una per il rapido consumo delle energie disponibili, l’altra per
l’eccesso del tessuto adiposo che comporta un aumentato rischio di narcosi da
azoto e di incidente da decompressione.
Per questa ragione non esiste un peso forma, ma un corretto equilibrio tra massa
magra e massa grassa.
Dal punto di vista nutrizionale, occorre gestire le giornate in cui sono
presenti più immersioni, tenendo conto della spesa energetica e del timing di
assunzione dei cibi in funzione delle attività. Seguendo i concetti di
cronobiologia del dispendio energetico, che suddivide la giornata in fasi
cataboliche ed anaboliche, può essere utile la suddivisione in “CIBI ON” che
nutrono le fasi attive con alimenti prevalentemente energizzanti, idratanti e
mineralizzanti e in “CIBI OFF”, che nutrono la fasi di recupero, di
rigenerazione e di detossicazione.
Durante il convegno Corrado De Sanctis ed Elisabetta Princi (Gruppo OceanReef)
hanno presentato l”Orto di Nemo”,
un progetto nato dall’idea innovativa di Sergio Gamberini, che ha realizzato
qualcosa di impensabile fino a poco fa: coltivazioni sul fondo del mare,
all’interno di biosfere in vinile semitrasparente, ancorate su un fondale di
8/10 metri al largo della costa ligure.
Nella biosfera si crea una climatizzazione stabile, grazie alla temperatura
costante del mare, e una buona umidificazione grazie all’evaporazione dell’acqua
marina che lambisce i semenzai nella parte bassa della biosfera. Il ciclo
clorofilliano, innescato dalla luce naturale che illumina la biosfera, mantiene
livelli sufficienti di ossigeno e Co2. Altro elemento positivo: parassiti ed
insetti non riescono a riprodursi nelle biosfere subacquee, con notevole
risparmio di antiparassitari e insetticidi. Un modello di agricoltura
applicabile in futuro alle zone desertiche o dove le condizioni climatiche e
ambientali non sono ideali?
A conclusione della conferenza, un breve video ha presentato una location
d’eccellenza del territorio abruzzese, dove storia, arte e buona cucina si
fondono in un connubio inscindibile: Atri. Questa incantevole cittadina
collinare, in epoca romana aveva un celebre porto ormai completamente sommerso.
Il sito archeologico ha dato vita al Parco del Cerrano
e questo stesso parco potrebbe ospitare, a breve, alcune biosfere del progetto
“L’Orto di Nemo”. Inoltre, il territorio atriano ben si colloca nell’ambito
della valorizzazione della biodiversità, tematica fondamentale di Expo 2015: ad
Atri ed all’Oasi WWF Calanchi di Atri si deve, infatti, la riscoperta della
Gallina Nera, una specie nota fin dal IV secolo a.C.
Alle coltivazioni biocompatibili e alla riscoperta della biodiversità si è
mostrato particolarmente interessato lo chef dal curriculum stellato
Davide Pezzuto, del ristorante
D-One. Lo chef ha curato il Cooking Show, con una degustazione che aveva come
protagonista l’uovo della Gallina Nera e che, in virtù del possibile sviluppo
degli “Orti di Nemo” in Abruzzo, sogna di coltivare presto sott’acqua le sue
erbe aromatiche.
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