Sono sul ponte dell’Hunter, il catamarano in alluminio di proprietà dei BAD, i Beqa Adventure Divers, dal quale fra poco mi tufferò per una delle più belle immersioni della mia vita; l’oceano oggi è Pacifico solo per il nome purtroppo e con il suo blu cobalto a fare da sfondo, sta agitando la mia barca ed il Predator, la gemella di fronte a noi.
In effetti sto sentendo un brivido scorrermi lungo la schiena: in parte perché malgrado l’accurato briefing non so esattamente cosa mi aspetti in acqua, in parte invece a causa degli alisei di sud-est che qui portano fresco ed umidità.
Mi trovo sull’isola di Viti Levu, l’isola principale dell’arcipelago delle Fiji, dove è sita la capitale Suva; per la precisione siamo partiti per una brevissima navigazione dalla semplice ma bella località di Pacific Harbour, il capoluogo della Coral Coast, in quella che viene definita la “green side of the island”… definizione in effetti azzeccata perché la zona è verdissima e ricoperta dalla foresta pluviale. D’altronde i venti freschi e carichi di umidità si fermano sulle montagne e scaricano acqua, anche durante la stagione secca, favorendo la natura lussureggiante.
Il tempo così è estremamente variabile, con il cielo azzurro cupo che spesso si copre e regala uno scroscio d’acqua improvviso, per poi cambiare ancora repentinamente; spero che si sistemi in fretta perché sono in viaggio di nozze e non vorrei che mia moglie, non subacquea, mi mordesse al mio ritorno… insomma fra sopra e sotto l’acqua sono messo uguale! E non so quali ragazze temere di più…
Le due barche stanno ora ormeggiando nel canale fra L’isola principale e Beqa, dove si trova il Fiji Shark Corridor, la zona diventata protetta per gli squali nel 2004 per l’ingegno dello Svizzero Mike Neumann e grazie alla collaborazione con la popolazione locale ed il governo figiano; in questa zona vivono ora stanziali squali di 8 specie diverse: Leuca o Zambesi (i bullshark per le persone di lingua inglese), pinna bianca, pinna nera, grigi, nutrice ed anche, meno frequenti, squali limone dell’Indo-Pacifico, albimarginatus e tigre.
Quella che sto per fare, e che ripeterò con piccole varianti nei giorni successivi, è un’esperienza incredibile che non ho mai vissuto prima nei miei vent’anni di subacquea: saranno onde di adrenalina pura fissate in immagini indelebili nella memoria, ma allo stesso tempo vissute con una sensazione di sicurezza totale.
Le immersioni si svolgono infatti in modo assolutamente organizzato, “svizzero”, con tempi e modalità precise per garantire lo show ma anche la totale protezione dei subacquei; oggi saremo 10 turisti con 9 guide sub e Mike impegnato a dirigere e filmare.
I ragazzi figiani sono incredibili: bravissimi, sempre pieni di sicurezza e sorrisi e costantemente attenti a chi scende insieme a loro; sono “armati”, se così si può dire, con dei bastoni di alluminio ricurvi a formare un’ansa sulla punta, in modo da spingere via gli animali più curiosi (o affamati…) senza fare loro del male.
Ho conosciuto Mike in barca, quando con mia sorpresa si è messo a chiacchierare con me in italiano: è di Ascona, in Svizzera italiana ed era dirigente di banca prima di scegliere un’altra vita. Dice che italiani ce ne sono pochissimi a fare immersioni: i circa 20.000 km non aiutano certo, ma è costante la presenza di francesi, inglesi o tedeschi, paesi in cui forse le Fiji sono più reclamizzate anche per la subacquea e non solo per i viaggi di nozze.
A parte qualche europeo, la maggior parte dei sub provengono in buona parte dall’Australia (Sidney è a 5 ore di aereo), poi dagli Stati Uniti e dall’estremo Oriente (oggi anche un fotografo professionista Thailandese con la moglie, Nu Parnupong); in ogni caso le immersioni sono talmente richieste che ho trovato 2 giorni esauriti prenotando 8 mesi prima (!).
“Ma ci saranno squali oggi?” Gli chiedo in barca
Sorride sornione “Tranquillo, non rimarrai deluso dalle mie ragazze”.
Dopo un accurato briefing ed un breve check si parte per l’avventura: ad un paio di minuti dalla superficie ci sistemiamo in ginocchio a 30 metri di profondità davanti ad un piccolo muretto di coralli morti ed il fondo di sabbia che rimane poco sotto di noi.
Qui 3 guide si mettono intorno ad una cassa di metallo che contiene teste di tonno: la prima si occuperà di dare da mangiare ai Leuca, le altre due fungeranno da protezione per il “feeder”; Mike con la sua enorme telecamera 4K scende sulla sinistra e le altre guide si pongono dietro di noi per la nostra protezione.
Subito arrivano i Bullshark: oggi sono una quarantina di esemplari, di cui 3/4 sono maschi e le altre femmine, molte delle quali gravide; la guida apre la cassa e comincia ad estrarre le teste di tonno che avidamente vengono mangiate dagli squali. Al settimo minuto i 3 protagonisti chiudono la cassa e vengono dietro di noi: è il momento in cui gli squali cominciano a danzare tutto intorno a noi, alla ricerca del cibo. In più un’altra guida muove un cassone di plastica sospeso sopra di noi che contiene altre teste ed i Bullshark nuotano, passano, danzano, ti sfiorano, a volte ti colpiscono con una pinna.
Paura? Non saprei… prima dell’immersione sicuramente, perché non sapevo cosa aspettarmi. Poi la consueta eccitazione che si ripete da sempre ad ogni tuffo, finché mi sono inginocchiato ed ho percepito il movimento davanti, tutt’intorno a me… poi ho visto arrivare i primi squali ed ho iniziato a filmare, tutto contento… ma quando attraverso lo schermo ho visto un Leuca puntare dritto verso di me sempre più vicino, ho alzato lo sguardo verso quell’occhio vitreo ed improvvisamente ho percepito una mano stringermi sotto la bocca dello stomaco ed una voce ancestrale sussurrarmi nella testa con urgenza viaviavia mentre ti pare di sentire che nella sua un’altra voce stia dicendo con la stessa urgenza famefamefame e poi senti la tua (vera) voce che nell’erogatore sta dicendo cose che in questo articolo non puoi ripetere e poi vedi solo un pezzo di squalo che poi si gira, ti dà una pinnata e prosegue e dietro ce ne sono molti altri, l’acqua ne è piena, tutto intorno…
Ma è a questo punto che guardi dietro di te e vedi i ragazzi, li percepisci intorno a te, e sai che sono lì per proteggere la tua vita; ecco hai forse la sensazione di avere affidato la tua vita a qualcun altro, ma lo guardi e lo senti sicuro, capace, certo di quello che fa, e senza paura: per cui la tua scompare.
E rimane l’incredibile… quello che non credevi possibile… che riesci a fotografare solo pezzi di squalo, anche se usi il grandangolo… che quella che ti ha toccato il braccio non era la pinna di un sub… che vedi 40 teste fameliche girare fra i 50 cm ed i pochi metri di distanza che però allo stesso tempo sembrano i cagnolini di Mike, che si trova a qualche metro da te da solo a filmare senza protezione e che pare il pastore di un branco di lupi… che se volessi, ma ti è stato spiegato e rispiegato di Non farlo, basterebbe allungare la mano per accarezzarli e ne hai una gran voglia…
Perché alla fine hai compreso veramente che sono solo animali, né buoni né cattivi, ma con una funzione precisa ed un posto nel mare che l’evoluzione ed il buon Dio hanno assegnato loro, senza cattiveria, solo la loro natura a guidarli e che l’immagine del killer psicopatico dato loro da Hollywood è solo nella testa degli sceneggiatori.
Al 15* minuto la guida preposta fa il segnale che ci sveglia dal nostro incanto e risaliamo ai 10 metri; qui fino al 30* minuto altre due guide daranno da mangiare a pinna bianca, pinna nera e squali grigi.
Poi lunga sosta di sicurezza a 5 metri: la solita noia? Nooo… a 5 metri c’è “l’autostrada”… oggi ci sono 8 pinna bianca e 15 pinna nera che sfrecciano continuamente avanti ed indietro, tutto intorno a noi.
Risaliti in barca, vedo le espressioni dei miei compagni, che credo riflettano la mia… sono già stato a vedere squali, ma mai nulla paragonabile a quanto vissuto stamattina, ne’ a Cuba dove sono andato apposta per vedere i Leuca, o alle Maldive, o in altri posti…
Nell’intervallo con la seconda immersione, riprendo a chiacchierare con Mike, a cui si aggiunge Manoa Lauvili Yacalevu, una delle guide figiane, biologo marino e ricercatore.
“Quando sono arrivato qua nel 2003” racconta Mike, “c’era già un diving col quale ho fatto una immersione in totale INsicurezza ed ho visto poco pesce e 3 bullshark molto schivi. Il posto però mi piaceva molto e ne intuivo le potenzialità.”
Quindi cosa fa? Rileva il diving e fa un accordo con lo stato figiano ed i villaggi di pescatori; crea lo Shark Corridor nel canale di Beqa, i pescatori si impegnano a non cacciare più gli squali ed in cambio viene messa una tassa di ingresso nel parco di 25 dollari figiani (circa 12€). Questi soldi andranno ai villaggi per 3 scopi: costruzione di strutture per le comunità, scuole e fondi per mandare all’università gli studenti migliori.
Il risultato è oggi tangibile sotto ogni punto di vista: cammini per strada, entri nei negozi, fai benzina ed i figiani, sempre sorridenti e desiderosi di contatto, ti salutano e sempre ti dicono frasi tipo: “Ciao da dove vieni? Dall’Italia, bello, è vicina al Canada, vero? Ma sei qui per gli squali? Li hai già visti? Ti è piaciuto, vero?”
Le guide del diving sono tutti ragazzi che vengono dai villaggi locali, hanno studiato e trovato lavoro grazie agli squali… molti sono laureati; amici e parenti spesso lavorano nelle poche strutture ricettive create nella zona o nelle attività legate all’artigianato. Gli squali hanno portato benefici a tutti…
E loro? Beh, adesso la popolazione stanziale di Bullshark è di circa 80 unità costanti (ne sono stati catalogati 168 esemplari) ed i BAD non hanno avuto nessun incidente in questi anni.
Per cui… più che shark feeding, c’è stata “simbiosi” con essi, tornati sicuri nei luoghi dove un tempo vivevano.
In più non viene pescato alcun pesce per il nutrimento degli squali: le teste di tonno sono lo scarto di lavorazione di una grossa azienda figiana che lo cuoce e lo mette in scatola.
Ma c’è ancora una parte molto importante: lo Shark Corridor è diventato nel novembre 2014 Shark Reef Marine Reserve, il primo parco marino delle isole Fiji; le guide del BAD sono tutte “marine rangers” con il compito e l’autorità di fermare ed eventualmente arrestare i pescatori di frodo (ho assistito infatti al fermo di una barca sospetta).
Ma soprattutto, il parco marino è diventato un centro di studi sugli squali famoso in tutto il mondo: gli esemplari vengono monitorati continuamente dai biologi dello staff, spesso coadiuvati ed in relazione interattiva con varie università del nostro pianeta (per esempio durante la mia presenza c’erano i ricercatori francesi di Tara Expeditions).
Gli animali sono tutti catalogati, nominati ed osservati singolarmente; vengono fatti prelievi di tessuti e di sangue e nei limiti del possibile vengono curati per evidenti problemi o malattie; ad alcuni sono stati inseriti sottopelle dei segnalatori indolori per monitorarne gli spostamenti, di solito per progetti di ricerca dell’USP, l’università del Sud Pacifico o del Marine Studies Institute di quella di Sidney, considerato il top a livello mondiale.
Ma è ormai arrivato il momento di prepararsi per la seconda immersione: questa ci vedrà sdraiati su di una specie di balconata a 15 metri per 30 minuti, sempre in compagnia degli squali Leuca.
“Sempre vicini, Mike?”
“No, questa volta le mie ragazze saranno ancora più vicine Paolo…”
Vabbè…
…Devo dire che Mike ha mantenuto la promessa…
Ho ripetuto altre 2 volte l’esperienza, con delle piccole varianti: a 5 metri mi hanno messo in una buca del corallo con pinna bianca e nera a sfrecciarmi intorno… e l’ultima immersione l’ho fatta sul fondo di sabbia di fronte a Mike con il povero Manoa (San Manoa) a proteggermi da un eventuale Leuca troppo curioso.
Ho fatto altre immersioni con loro, più “normali”: è il regno dei coralli molli, veramente spettacolari, con un’infinità di pesci, ritornati in loco per la riserva marina… ed in più aragoste, tartarughe, barracuda, nudibranchi.
Vorrei concludere con una nota di gossip: a settembre 2016 i Beqa Adventure Divers hanno avuto in immersione un subacqueo d’eccezione, l’attore di Hollywood Jason Statham.
Al termine dell’esperienza ha voluto ringraziare i ragazzi del BAD con queste parole, riportate dal Fiji Times: “Un grande rispetto e ringraziamento a tutti gli shark divers senza paura che ho avuto la fortuna di incontrare in quel posto meraviglioso che sono le Fiji. Hanno nervi d’acciaio per gestire animali lunghi più di tre metri che potrebbero farti a brandelli in un istante. Stare vicino a questi incredibili predatori è un’esperienza che non dimenticherai mai”.
D’accordissimo.
Note di viaggio
Le isole Fiji sono un arcipelago di 322 isole che si trova nel sud dell’Oceano Pacifico ad est dell’Australia; l’isola principale è Viti Levu, sulla quale si trovano la capitale Suva e l’aeroporto nazionale di Nadi.
Il viaggio aereo è molto lungo: sono circa 20.000km con scalo ad Hong Kong ed 11 ore di fuso; occorre il passaporto, ma non è richiesto alcun visto. La moneta delle isole è il Dollaro delle Fiji, che equivale a 0,45€.
La località da cui partono le immersioni per gli squali è Pacific Harbour, sita nella Coral Coast, che si trova nella parte meridionale di Viti Levu, a circa 3 ore dall’aeroporto internazionale di Nadi.
A Pacific Harbour ci sono diverse sistemazioni, per tasche diverse: si parte dal bellissimo Nanuku Resort a 5 stelle, al Pearl (un grande hotel a 4 stelle), per arrivare a soluzioni più semplici; noi abbiamo scelto l’ottimo Uprising Beach Resort (3 stelle +) alloggiando in una beach Villa di circa 60 mq. L’hotel è gestito da personale dotato della squisita e tipica gentilezza degli abitanti delle isole e dispone di un ristorante in cui si possono degustare i piatti tipici figiani.
Il piatto nazionale si chiama Kokoda ed è fatto con pesce cotto nel latte di cocco, unito a verdure ed a strisce di Cassava fritte nell’olio.