Autore: Ivan Lucherini
Il relitto di Mandrague de Giens
Nel 1967 arrivarono al DRASM (Département des recherches archéologiques subaquatiques et sous-marines), il celebre istituto francese, nato per le esigenze legate all’ archeologia subacquea, alcune segnalazioni, di una forte concentrazione di frammenti di anfore, nelle vicinanze del porto di Mandrague, sulla costa nordoccidentale di Giens. Nel 1969 furono effettuate delle prospezioni magnetiche che permisero di definire con precisione la localizzazione e delimitare i contorni del sito, stimandone la lunghezza e la larghezza rispettivamente in 37 e 12 metri. Si trattava di una grande oneraria romana, che fu indagata a partire dal 1972, quando iniziarono gli scavi subacquei, alla profondità di 18 metri circa.
Le prime attività di scavo, permisero il recupero di una piccola porzione del carico, corrispondente a circa 600 anfore Dressel 1B, impilate su tre strati, parte di quel carico che poi, si stimò in circa 10.000 anfore, provenienti, con una ragionevole certezza, da un porto del Lazio. Tale deduzione fu possibile, grazie al raffronto dei timbri di fabbrica della figlina (vd nota 1) di tale P. Veveius P.f. Papus che la bibliografia epigrafica attesta appunto, nella penisola Italiana e più precisamente nella zona di Terracina. Anche in questo scavo subacqueo si utilizzò il metodo della stereofotogrammetria, per la restituzione grafica del relitto, già sperimentato con successo, negli scavi diretti da George Bass, dell’ Università della Pennsylvania, sui relitti di Yassi Ada. Il carico, come accennato in precedenza, era composto prevalentemente da anfore vinarie Dressel 1B e da ceramica campana, ma erano presenti anche altri importanti reperti, quali ad esempio, due elmi in bronzo, a testimoniare la presenza di armati, sulle navi da carico di fine periodo repubblicano (vd nota 2), e altri oggetti appartenuti all’equipaggio come lucerne, vasellame vario e alcune monete, fra le quali la più recente, un denario in argento del Farsuleius Mensor databile al 75 a.C. Inoltre erano a bordo alcuni lingotti in piombo, per le riparazioni dello scafo, oltre che bozzelli e anelli in piombo utilizzati per le manovre. La combinazione di questi dati consentì di supporre che il naufragio fosse avvenuto fra il 75 a.C. e il 60 a.C.
Gli archeologi, dopo le indagini condotte negli anni compresi fra il 1980 e il 1982, stimarono la lunghezza della nave in circa 40 metri per una larghezza di circa 9. Una altezza di costruzione di circa 4,5 metri e un tonnellaggio di circa 400 t. completarono le valutazioni dell’epoca. I resti dello scafo fecero ipotizzare una costruzione molto robusta, costituita da un doppio fasciame, rivestito in lamina di piombo. Ad inframmezzare il doppio fasciame, un riempimento di lana, impregnata di una sorta di mastice, con la doppia funzione di impermeabilizzare la struttura e mantenere più saldo tutto l’insieme.
Durante lo scavo subacqueo, gli operatori ritrovarono, nei pressi del relitto, numerose pietre e notarono che una buona parte del carico, era stato recuperato in epoca antica, prima della costituzione, sui resti del naufragio, delle matte di posidonia Oceanica, che avevano creato, per secoli, una naturale protezione del sito. Tutto ciò dimostrava inequivocabilmente, che nel periodo immediatamente successivo all’affondamento dell’oneraria romana, erano stati impiegati subacquei esperti in recuperi, costituiti a Roma in una corporazione, quella degli Urinatores, che utilizzavano grosse pietre, per affondare più velocemente, verso la loro meta sul fondo, quel relitto colato a picco, ma ancora ricco del suo prezioso carico
Le Dressel 1B
L’anfora romana per eccellenza è la forma Dressel 1 classificata in tre sottogruppi: 1A;1B e 1C. Nel relitto di Mandrague de Giens furono recuperate numerose Dressel 1B che si distinguono dal tipo A e C per le dimensioni (sono più grandi) e per l’orlo molto pronunciato e svasato verso l’alto. Queste anfore sono di produzione italica e più precisamente del centro della penisola ed erano adibite al trasporto del vino. Si presentano con un corpo ovoidale affusolato, collo allungato e cilindrico, puntale pieno, anse a bastone schiacciato saldate sotto l’orlo e sulla pancia, L’impasto è di solito di colore rosso/ rosso-bruno con grossi inclusi. Una altezza di circa 100/120 cm
Nota 1: si definisce “figlina” la antica fabbrica di ceramica che produceva, di solito vicino alle zone di produzione dei prodotti trasportati, i contenitori degli stessi, ovvero le anfore
Nota 2: Primo secolo avanti Cristo
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